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Una cattedra dedicata a Benedetto XVI. In Libano

Benedetto XVI firma l'esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, Basilica di San Paolo, Harissa, Libano, 14 settembre 2012

Una cattedra dedicata a Benedetto XVI è stata istituita dalla Notre Dame University di Louaize, in Libano, con lo scopo di approfondire l’identità cattolica dell’università e di celebrare l’identità intellettuale del Papa emerito.

Istituita nel 2015, la cattedra nasce– spiega ad ACI Stampa il professore Edward J. Alam, titolare della cattedra – dalla passione e l’interesse nati dopo la visita di Benedetto XVI in Libano.

 

“Il Libano – racconta il professore Alam – è stata l’ultima nazione che Benedetto XVI ha visitato da Papa. Dopo la visita, il nunzio apostolico ha chiesto ai libanesi di riflettere su questa visita. Lo abbiamo fatto. Abbiamo riletto le parole di Benedetto XVI. Abbiamo notato che questa era la sua ultima visita da Papa in un Paese, e ci ha colpito in modo particolare. Più le leggevamo, più le sue parole in Libano ci spingevano a fare qualcosa. E così gli abbiamo dedicato una cattedra”.

 

Quale è la principale eredità intellettuale lasciata da Benedetto XVI?

Il Papa aveva una grande lealtà da parte dei suoi studenti. Lo si nota dal suo Circolo di ex studenti, lo Schuelerkreis, da cui tra l’altro è nato anche il gruppo del giovane Schuelerkreis. Per sua attitudine, il Papa emerito non ama che questi studenti vengano definiti come suoi discepoli, ma lo accetta. La più grande eredità intellettuale di Benedetto XVI è, secondo me, data proprio dalla lealtà degli studenti. Perché il Papa emerito non è solo un tipo brillante che scrive e insegna. Si preoccupa degli studenti in maniera molto spirituale, li segue personalmente.

C’è un tema particolare dei suoi studi da tenere in considerazione?

La cattedra si focalizza sulle encicliche, ma cerchiamo anche di studiare la sua intera eredità intellettuale. Grande interesse destano in noi i suoi commenti sulle Scritture. E in particolare, abbiamo messo in luce il contributo dato da Benedetto XVI nel dialogo interreligioso. Tutti sanno che il Papa emerito era molto interessato nel dialogo con il mondo ebraico, ma in pochi considerano il suo particolare interesse per il dialogo con il mondo islamico, tra l’altro cruciale in Libano.

Perché, secondo lei?

Tutto deriva da un pregiudizio nato con la lezione di Ratisbona. La lezione aveva un riferimento all’Islam e uno alla violenza, che in realtà era la citazione di una citazione. In realtà, il discorso di Ratisbona era altro. Si trattava di un appello all’Occidente per integrare fede e ragione. E conteneva anche una critica all’università, che aveva perso di vista il tema della fede. Si trattava, insomma, di una critica all’Occidente, molto più di quanto fosse una critica contro l’Islam.

Ma come vengono superati questi pregiudizi?

C’è un percorso da fare, che è quello che ha fatto Benedetto. Perché dopo Ratisbona, ci fu il viaggio in Turchia, e quello è significativo. Benedetto XVI andò ad Haghia Sophia, la ex chiesa convertita in moschea e ora museo, e lì fece un tour. Poi andò dall’altra parte della strada, e guardando verso la Mecca si soffermò nella Moschea Blu. Non è importante se abbia pregato o meno, è importante il fatto che si fermò e mostrò rispetto. Era una decisione voluta, e con quel gesto è andato oltre qualunque altro tentativo di dialogo.

Quanto è importante questa eredità di Benedetto XVI nel dialogo islamo-cristiano in Libano?

San Giovanni Paolo II disse che il Libano non è una nazione, è una missione. Benedetto XVI ha continuato su quella scia, e in un certo senso lo ha dimostrato facendo del Libano l’ultima nazione che ha visitato. Per quello abbiamo formato una cattedra dedicata a lui: per rafforzare la tradizione cattolica della nazione.

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