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Un servizio di EWTN News

Quando Pio XI lottava per la Chiesa Cattolica in Russia

Pio XI l’ Unione sovietica la conosceva bene. Era stato lui ad essere inviato da Papa Benedetto XV a tentare un primo rapporto diretto con il governo di Mosca a giugno del 1918 per “regolare al meglio la posizione della Chiesa cattolica in Russia,nel timore che nuovi mutamenti politici creassero situazioni di fatto sfavorevoli”.

E fu lui a decidere nel 1925, da Papa, di creare la Commissione pro Russia.

Di questo e di tutto il rapporto tra Santa Sede e URSS si legge nel saggio di Rita Tolomeo inserito nel libro “ La Chiesa cattolica in Unione Sovietica, dalla rivoluzione del 1917 alla Perestrojka” curato dal professor Jan Mikrut.

E’ il resoconto dell’inizio dei rapporti “politici” tra Santa Sede e URSS prima ancora che esistesse lo Stato della Città del Vaticano.

Pio XI seguì la vicenda come il suo predecessore su due piani. Quello umanitario per cui si lavorò per combattere la carestia del post rivoluzione che fece milioni di vittime, e quello più politico per salvare la presenza della Chiesa in una parte del mondo vastissima e che coinvolgeva molte nazioni.

La Commissione pro Russia voleva provvedere alla cura pastorale di quanti risiedevano in patria o di coloro che erano fuggiti da essa. Ma non solo.

Negli anni tra i 20 e i 30 Pio XI fu attentissimo alle cose orientali e alla questione della persecuzione religiosa sotto il comunismo.

Dopo i primi tentavi alla ricerca di una conciliazione, con conferenze ed incontri, si arrivò a rapporti tesissimi. Da parte sovietica ci furono uccisioni, espulsioni e accuse e addirittura la firma dei Patti Lateranensi divenne motivo di rancore verso il Papato come se rinascesse una potenza politica da cui difendersi.

La Commissione pro Russia vede la sua storia legata al suo primo responsabile Michel-Joseph Bourguignon d'Herbigny, gesuita francese, consacrato vescovo in segreto e primo a cercare di ricostruire una gerarchia cattolica autonoma in Russia.

La sua storia è complicata e finisce con un sospetto di spionaggio, ma la Commissione visse fino al 1993 quando Giovanni Paolo II, mutati i tempi, la chiuse e la sostituì con la Commissione Interdicasteriale Permanente per la Chiesa in Europa Orientale.

Nel 1932 ormai la situazione era tragicamente chiara e in una “Nota sulla propaganda comunista” inviata dalla Segreteria di Stato ai nunzi interessati l’indicazione era di raccogliere soprattutto informazioni su come agivano i persecutori.

Tra il 1930 e il 1937, si legge nel saggio della Tolomeo, Pio XI fece ben 24 interventi sul tema. Un numero enorme per il periodo, e 11 anticipavano la condanna al comunismo della enciclica Divini Redemptoris del 1937.

Lascia stupiti la modernità di un discorso pronunciato nel Concistoro segreto del 13 marzo 1933 dal Papa che metteva in luce come gli effetti della crisi economica colpisse i più deboli c’era chi ne “traeva vantaggio”  veri e propri “nemici di ogni ordine politico, sociale, religioso. Guerra al civile consorzio ed alla religione, a Dio stesso è il loro noto programma”.

E cita per prima la Russia, che definisce infelicissima, ma anche Messico e Spagna.

E si rammarica che tutti gli stati ormai abbiamo riconosciuto l’ URSS, ma la cura del Papa per i cattolici e i cristiani rimase attiva attraverso ordinazioni segrete.

Arrivavano intanto altre dittature, nel 1933 aveva preso il potere Hitler. Pio XI doveva combattere su più fronti, ma certo l’ URSS vedeva in lui un nemico da ignorare per poterlo combattere. La sua morte il 10 febbraio del 1939 fu annunciata dalla Pravda solo due giorni dopo.

Eppure accanto alla via diplomatica il Papa  era convinto aveva tentato anche altre strade come la Commissione pro Russia, che aveva un cuore miltante e attivo e uno spirito che lavorava sui tempi lunghi per preparare un clero adatto al dopo. Profezia di un Pontefice.

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