Carpi, 13 August, 2017 / 10:00 AM
Per questa ragione il Signore: Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Gesù cerca la comunione con il Padre nella solitudine, nel silenzio, lontano dal frastuono che distrae ed impedisce la riflessione e la preghiera. Operando questa scelta, Cristo ci dà l’esempio perché anche noi facciamo come Lui. Il silenzio non è una ricerca egoistica di evasione dalla realtà, ma una necessità che facilita l’ascolto della Parola di Dio, l’incontro con il Signore, l’equilibrio personale, il recupero delle energie fisiche, l’esercizio della carità fraterna.
Mentre Gesù vive questa esperienza di beatitudine e di serenità, gli apostoli si trovano, invece, ad affrontare una situazione di fatica e di turbamento, di fragilità e di paura. La barca con la quale stanno attraversando il lago di Tiberiade, a causa di una tempesta, corre il rischio di affondare. Improvvisamente in questa situazione di precarietà e di grande pericolo si rende presente il Signore che, camminando sulle acque, invita al coraggio: Sono io non abbiate timore.
Pietro chiede di raggiungere Gesù, camminando, lui pure, sulle acque. Gli viene concesso, ma poco dopo inizia ad affondare perché impaurito dalla violenza della tempesta. Il significato di questo episodio è ben spiegato da un antico autore cristiano, Cromazio di Aquileia: Il Signore, per mostrare la potenza della sua natura e dimostrare che tutto è possibile a chi crede, concesse ciò che chiedeva il suo discepolo che lo pregava con fede. Quando egli però lasciò andare il timone della fede, sconvolto dalla paura umana, allora subito cominciò a essere sommerso dai flutti.
Pietro, in altre parole, incominciò ad affondare, non a causa della violenza dei fenomeni naturali quanto per la mancanza di fiducia in Cristo. Infatti, l’Apostolo può camminare sulle acque come il Signore non per potenza propria. La possibilità gli viene data unicamente dalla parola del Signore, Vieni!. La sua forza sta nella sua fede. Quando essa viene meno Pietro incomincia ad inabissarsi e soccombe alla tempesta perché si affida alle sue sole forze e così torna ad essere preda del male. E’ la fede, infatti, che rende partecipi della signoria di Gesù.
Questo episodio costituisce un invito a riconoscere nelle tempeste della nostra vita e della Chiesa stessa la presenza del Signore che ripete: Io ci sono! Abbiate fede! Non abbiate paura!. Con Cristo al nostro fianco rinasce la fiducia e si vincono tutte le battaglie. L’importante è pregare come Pietro: Signore, salvami!. Egli è la roccia sulla quale edificarci nei momenti di debolezza e stanchezza personali e di inquietudine per le sorti della Chiesa e del mondo.
Tuttavia, quanto detto fin ad ora non costituisce ancora il centro dell’episodio, che si concentra nel dialogo tra Cristo e Pietro e nella professione di fede dell’Apostolo: Tu sei veramente il Figlio di Dio. Proprio perché Gesù è il Figlio di Dio può camminare sulle acque e mettere a tacere la tempesta, qualunque forma essa assuma. Se Gesù non è Dio la fede in Lui non ha alcuna ragion d’essere. Infatti, l’itinerario che ci fa compiere il Vangelo non è finalizzato a farci scoprire l’umanità di Cristo, che appare evidente, ma la sua divinità. Se Gesù non fosse Dio non potrebbe salvarci né dall’abisso del peccato nè dalla morte. Gesù è sulla barca della Chiesa e della nostra vita con la forza onnipotente della sua divinità. Una presenza non eclatante, ma certa ed efficace.
Scrive san Giovanni Crisostomo: Egli mi ha garantito la sua protezione, non è nelle mie forze che mi appoggio. Ho in mano la sua parola scritta. E’ questo il mio sostegno. Questa è la mia sicurezza, questo il mio porto tranquillo. Anche se si sconvolge il mondo intero, io leggo la parola scritta che porto con me, perché essa è il mio muro e la mia difesa. Che cosa mi dice? ‘Io sarò sempre con voi fino alla fine del mondo’. Cristo con me, che posso temere? Mi assalgano pure le onde del mare e l’ira di potenti, tutto ciò non ha più peso di una ragnatela (Omelia prima dell’esilio).
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