Carpi, 02 July, 2017 / 10:00 AM
Gesù, che ha donato la sua vita per tutti, ci ha insegnato ad amare senza distinzione alcuna. Tuttavia, oggi nel Vangelo ci ricorda che Lui va amato più di tutti. Niente e nessuno può prendere il suo posto nel nostro cuore; neppure i legami familiari possono entrare in concorrenza con l’amore che a Lui si deve. Lui, infatti, è la misura della validità di ogni altro amore”.
Solo alla luce di questa precisazione è possibile comprendere le parole del Signore, che in un’ottica puramente umana appaiono di una durezza incredibile e quasi disumana. In realtà, la sequela di Cristo può provocare l’opposizione di coloro che sono a noi più vicini. E se questo dovesse accadere, Gesù ci chiede di preferirlo. E noi sappiamo bene che oggi, come in passato, tante persone si trovano di fronte a questa alternativa.
Quella di Gesù è una pretesa che è possibile accettare solo se si riconosce in Lui il Figlio di Dio, la piena e perfetta manifestazione della volontà di Dio. Io lo riconosco tale? Nei miei pensieri, nelle mie azioni, anche in quelle più normali, Gesù è il Primo? Oppure lo ritengo una tra le tante possibili scelte della mia vita?
E’ vero che amando gli altri noi amiamo Dio, tuttavia la solidarietà con i fratelli non può divenire un ostacolo a seguire il Signore Gesù, il quale è il Bene assoluto. Egli, infatti, è l’unico Salvatore perché procura i beni della salvezza e della vita divina, e, pertanto, Lui deve “comandare” in tutto quello che io vivo e in tutto quello che io faccio. Le relazioni umane e la preoccupazione per la propria posizione sociale e professionale non possono costituire un ostacolo per seguire Gesù.
Amare i propri familiari in Gesù e per Lui non significa trascurarli. Infatti un’esperienza cristiana vera, frutto della condivisione della vita con il Signore, non impoverisce mai la carità fraterna e non rinchiude mai su se stessi, ma al contrario dona una capacità nuova, una dedizione autentica, un amore rinnovato. Si tratta di un miracolo che accade grazie al sacramento del Battesimo con il quale si viene innestati in Cristo e viene donata una identità divina. Per ogni cristiano, pertanto, diventano vere le parole dell’apostolo Paolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. E’ a partire da Lui che vivo, che capisco chi sono, che leggo la realtà, che imparo ad amare veramente. I Santi in questo ci sono autentici maestri di vita. E’ sufficiente, al riguardo, pensare al Beato Charles de Foucauld, a Santa Teresa di Calcutta, a San Giovanni Paolo II, a Santa Beretta Molla.
Gesù conclude il suo discorso con un invito all’accoglienza reciproca. Il mondo contemporaneo, invece, sempre più frantumato e dominato dall’individualismo, vede nell’altro non una ricchezza, un dono, ma un ostacolo alla propria realizzazione e felicità. Tant’è che ha coniato un’espressione atroce: “L’inferno sono gli altri”. Gesù, invece, propone l’apertura all’altro perché l’altro, chiunque esso sia, è una presenza del Signore. L’accoglienza è la forma sorridente dell’amore che possiamo vivere in qualsiasi ambiente ci troviamo ad operare.
Gesù ricorda tre specie di membri della comunità che vanno accolti: i profeti, i giusti e i bambini. Le prime due categorie erano già onorate nel mondo giudaico. Gesù aggiunge i “piccoli”. Chi sono costoro? Sono coloro che sono deboli nella fede, che fanno fatica a credere e che possono subire scandalo a causa dell’incoerenza dei cosiddetti cristiani adulti. “Dare un bicchiere d’acqua” a uno di questi “piccoli” significa anche aiutarli nel loro cammino di fede per portarli scoprire la bellezza e la fecondità dell’appartenenza piena a Cristo e alla Chiesa.
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