Barcellona, 06 April, 2017 / 9:00 AM
L’impegno a non vivere come se Dio non ci fosse: è quello delineato dal Cardinale Angelo Bagnasco, parlando con ACI Stampa a Barcellona, dove dal 28 al 31 marzo si è tenuto un simposio dedicato all’accompagnamento dei giovani. Il suo sguardo, però, va oltre: alla missione europea, al ruolo della fede, e alla necessità per i giovani di andare oltre il nichilismo pratico che porta persino i credenti a “vivere come se Dio non ci fosse”.
Un simposio sui giovani in vista del Sinodo. Ma quali sono i problemi più grandi che devono affrontare i giovani europei?
Il secolarismo, decisamente. Perché vivere come se Dio non ci fosse può toccare anche un credente, uno che dice di credere in Dio, ma in realtà vive senza Dio. Questa è la cosa peggiore: la separazione già detta da Paolo VI tra fede e vita. Questa è la cosa più grave, la sfida più grave da cui tutti siamo insidiati. Nella misura in cui i giovani e tutti noi con loro fanno sintesi tra fede e vita e portano Dio nella propria esistenza, lo riconoscono in un rapporto di amicizia, di presenza, di impegno, allora in questo senso la gioventù potrà essere e sarà un grande lievito.
Durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia, lei ha invitato i giovani ad essere dissidenti. Perché i giovani devono essere dissidenti?
Per essere liberi. Liberi rispetto ad una cultura dominante che il Santo Padre Francesco chiama pensiero unico: la colonizzazione ideologica. L’invito è ancora ad andare controcorrente, a pensare controcorrente. Il cristiano deve andare controcorrente - se la corrente non è buona, evidentemente. Quindi per essere liberi. Perché solamente così con una dissidenza pacifica e culturale possono portare un grande contributo, essere un grande stimolo per il ripensamento e il miglioramento dell’Europa.
Da questo simposio al Sinodo per i giovani: quali sono i passi da fare? Cosa spera dal Sinodo che arriverà?
Il Sinodo sarà sicuramente un successo. E questo è certo, perché i giovani sono coinvolti in tutto il mondo, secondo le modalità che conosciamo. È uno stimolo bello, importante, perché i giovani pensino e perché siano in qualche misura, in qualche modo strappati alla distrazione, che impedisce di rientrare in noi stessi e ascoltare le voci profonde, le domande profonde. Io penso che un primo sicuro frutto del Sinodo sarà quello della preparazione dei giovani al Sinodo attraverso lo strumento di lavoro e la capacità, da soli o insieme, di pensare alle cose più serie.
C’è il rischio di una scomparsa del cristianesimo in Europa? Ormai il cristianesimo sembra insignificante nel dibattito pubblico…
Secondo me, e non sono un profeta, no! È impossibile!
Al di là di tutto, perché oggi si deve evangelizzare?
Per incontrare nuovamente il Signore Gesù, che non è sparito dal mondo. Anzi: è molto presente! È molto presente! Siamo noi che a volte, che spesso non lo vediamo, non lo riconosciamo perché siamo distratti. Il tema della distrazione è un tema molto urgente. Rifletterci è molto urgente. Renderci conto che viviamo in una cultura che vuole distrarre le persone perché non pensino.
Un bilancio dei suoi 10 anni alla guida della CEI. Ormai ha un mandato europeo, ha terminato la vocazione italiana per prendere una vocazione più grande. Quale sarà il futuro dell’Italia e cosa è stato fatto fino ad ora?
Difficile rispondere a questa domanda. Non mi piace molto fare bilanci. Ma posso dire sicuramente che abbiamo vissuto dieci anni, per me è stata una grande grazia e un grande impegno poter servire i miei confratelli e avere la fiducia prima di Papa Benedetto e poi di Papa Francesco. Devo ringraziare molto i miei confratelli perché in questi dieci anni – questo lo vediamo tutti noi vescovi italiani – è cresciuta tra noi la fraternità, la stima, la benevolenza. Nei miei confronti l’ho sentita molto crescere, e di questo sono molto grato ai miei confratelli, perché mi ha molto aiutato in tutte le vicende che abbiamo condiviso insieme. Li ho sentiti sempre più vicini.
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