Roma, 07 April, 2017 / 6:00 PM
Quando si parla di impegno morale si fa generalmente riferimento ad un qualcosa di esterno alla volontà dell’uomo che tocca le corde del dovere e non dell’essere.
Se leggiamo la grande tradizione filosofica della seconda metà dell’ottocento in essa troveremo sempre richiamata la distinzione netta, come la lama di un rasoio, fra gli attributi di una coscienza e l’impegno che ne è il prodotto.
Certamente, questa separazione viene dal pensiero di Kant che fa del dover essere spesso un interrogativo, pungente ed essenzialmente pratico.
Ma dietro a ciò vi è tanto di più in quanto quando si parla di impegno morale e dover essere ci si riferisce sempre a una regola senanche non giuridica però che in qualche modo obbliga ad un comportamento. Nella Filosofia del diritto del Novecento, molti filosofi da Santi Romano a Norberto Bobbio si sono scontrati sul valore della coercibilità della norma ma in quasi tutti i casi essa è sempre risultata quale prodotto di un Ordinamento preposto con delle regole. I giusnaturalisti, della seconda metà del millesettecento, invece al contrario, la facevano rientrare nelle condizioni intrinseche alla natura umana.
In tutte e due queste correnti però il dovere si rappresenta come teleologicamente orientato al Vero ed al Giusto e quindi anche il rispetto alle regole poste in essere da uno Stato-apparato.
Una buona posizione, senz’altro, ma per il Vangelo si parte da qui per arrivare oltre. Per il Vangelo non vi sono leggi da rispettare con obblighi giuridici o morali bensì una sola parola guardare. Guardare all’altro come Dio Padre guarda all’uomo.
Per il Cristo, il Bene non è solo strumento di buone disposizioni bensì è “adventus coelorum regna” oppure è il “granello di senape che fermenta tutta la pasta”.
E la pasta qui è la società ed il granellino di senape è l’impegno morale dell’uomo.
Se leggiamo i documenti del Magistero della Chiesa ed in particolare la Caritas in veritate, il Santo Padre Benedetto XVI fornisce a questa connotazione umana qualcosa che va al di là del concetto di doveroso bensì ne dà una connotazione interna alle volizioni ed alle facoltà dell’uomo. In tale documento ben si legge che: “la vocazione è un appello che richiede una risposta libera e responsabile. Lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli: nessuna struttura può garantire tale sviluppo al di fuori e al di sopra della responsabilità umana. I messianismi carichi di promesse, ma fabbricatori di illusioni fondano sempre le proprie proposte sulla negazione della dimensione trascendente dello sviluppo, nella sicurezza di averlo tutto a propria disposizione. Questa falsa sicurezza si tramuta in debolezza, perché comporta l'asservimento dell'uomo ridotto a mezzo per lo sviluppo, mentre l'umiltà di chi accoglie una vocazione si trasforma in vera autonomia, perché rende libera la persona. Paolo VI non ha dubbi che ostacoli e condizionamenti frenino lo sviluppo, ma è anche certo che ciascuno rimane, qualunque siano le influenze che si esercitano su di lui, l'artefice della sua riuscita o del suo fallimento. Questa libertà riguarda lo sviluppo che abbiamo davanti a noi ma, contemporaneamente, riguarda anche le situazioni di sottosviluppo, che non sono frutto del caso o di una necessità storica, ma dipendono dalla responsabilità umana. È per questo che i popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. Anche questo è vocazione, un appello rivolto da uomini liberi a uomini liberi per una comune assunzione di responsabilità”.
Appare chiaro adesso calare il senso di impegno morale nella vita di tutti i giorni: esso è vocazione. Non solo intesa in una scelta di uno specifico stile di vita ma soprattutto come forma volontaria di cooperazione al Regno dei Cieli. Ciò si evidenzia in modo speciale nell’impegno sui grandi temi che toccano la nostra esistenza quali la medicina, il diritto, la cultura ma anche in settori del tutto sconosciuti che però rendono vivo e vero il concetto cosi delineato.
In questo modo e solo in questo, il Messia girando per la Terra Santa ha saputo influenzare tanti uomini che sono passati da un impegno sociale ad uno morale con il semplice “vieni e seguimi” e queste due parole il Signore le rivolge anche agli uomini di oggi.
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