Città del Vaticano , 28 March, 2017 / 2:00 PM
È con un seminario incentrato sull’educazione, e varie presentazioni concentrate sulla realtà latino-americana, con puntate in Italia e Australia, che la Pontificia Commissione per la Protezione va oltre le polemiche che si sono succedute all’addio di Marie Collins, ex vittima e tra i membri fondatori della commissione.
Il seminario si è tenuto lo scorso 23 marzo presso la Pontificia Università Gregoriana, che è stata poi il centro da cui è cominciato il lavoro di risposta alla pedofilia, a partire dal seminario “Verso la Cura e il Rinnovamento” che ha poi portato ad un centro anti-abusi con sede prima a Monaco e poi a Roma, e infine persino ad un master per superare il tema della pedofilia
Un tema cruciale oggi, e che non riguarda solo la Chiesa. Anzi.
Lo si nota dal Rapporto Annuale di Meter, l’associazione fondata da Don Fortunato Di Noto che da sempre si schiera al fianco delle vittime, scandaglia i siti web e ora il famigerato “deep web”, segnala alle autorità reti di pedofili che in generale sono persone insospettate e insospettabili. Il fatto che se ne parli poco, dà l’idea di quanto il fenomeno sia diffuso ad alti livelli (la rete dei trafficanti dei pedofili si è ben inserita all’interno delle nostre élites, nota il rapporto) . Il fatto che tutti i riflettori siano concentrati sugli abusi dei sacerdoti, testimoniano in qualche modo la necessità di enfatizzare un dettaglio per far perdere il quadro del tutto.
Perché è vero che una vittima provocata dalla Chiesa è sempre troppo, ma è anche vero che il fenomeno va compreso globalmente, e non solo focalizzandosi sulla Chiesa. Anche perché – spiega Meter nel suo rapporto –“nel 99,9 per cento dei casi” le condotte pedofile “sono lucide e quindi perseguibili penalmente” e da questo ne consegue che “la pedofilia non è una malattia, ma un crimine”, come ha affermato anche la Corte di Cassazione nel 2003.
Le cifre di questa “nuova forma di schiavitù che ha legami con il traffico di esseri umani, la sottrazione e l’orrore dello sfruttamento sessuale del minore” sono imponenti, e si deve comunque fare una distinzione tra gli abusi sui minori (tra i 13 e i 17 anni) e la pedofilia vera e propria, in cui le vittime hanno una età fino a 12 anni, fino all’orrore dell’infantofilia.
Le violenze sono diventate più raffinate. Meter ha trovato milioni di immagini (ne abbiamo contati quasi 2, per la precisione 1.946.898 contro il milione e poco più del 2015) e tonnellate di gigabyte, sono state monitorati e segnalati 9.379 siti web, mentre i riferimenti italiani nel deep web sono invece aumentati: 95 contro 70. I dati confermano che ormai la pedofilia si sa nascondere, non usa più i social network: usa forme più raffinate. E il maggior numero di segnalazioni viene dall’Oceania, e in particolare dall’Isola di Tonga. Non perché quello sia il posto dove avvengono più abusi, ma perché quello è il posto dove si riesce a muoversi meglio sul web.
Le vittime sono sempre più piccole, perché aumentano le violenze sui bambini da 0 a 3 anni. È un fenomeno in crescita, che si deve considerare. Stupisce che sia stato un sacerdote il primo a lavorarci, e l’unica voce sul tema che racconta di un mondo che va oltre il ristretto ambito della Chiesa.
C’è poi lo scottante tema degli abusi su minori dei membri del clero, bolle di scandalo scoppiate nel 2001 e poi nel 2010, arginate con vari provvedimenti, e persino con una lettera di Benedetto XVI a vescovi, sacerdoti e fedeli di Irlanda, in cui c’erano le scuse per gli abusi della Chiesa e anche alcune possibili terapie.
Su queste basi si è innestato il lavoro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, che pure ha perso nel corso dei mesi due dei fondatori ed ex vittime, Saunders e Collins appunto. Uno dei temi messi sul tavolo da Marie Collins è quello della necessità di una risposta rapida alle vittime.
E così, nell’incontro del 24-26 marzo della Commissione, ci è concentrati – scrive una nota della stessa Commissione – “sull’importanza di rispondere direttamente e in maniera compassionevole alle vittime quando scrivono agli uffici della Santa Sede”, perché questo è parte del miglioramento della “trasparenza e della guarigione” e che è un tema “sensibile data la mole e la natura della corrispondenza che richiede risorse chiare e specifiche”.
La commissione ha anche sottolineato come si debbano trovare nuove modalità per cui il lavoro della commissione sia definito e formato attraverso il contributo delle vittime. Di certo, alcuni dei temi proposti sul tavolo hanno avuto bisogno di una ulteriore discussione. Il tribunale speciale per i vescovi negligenti era in qualche modo inapplicabile, sia perché la negligenza è già presente nel codice di diritto canonico, sia perché non si fanno tribunali speciali: la legge deve fare il suo corso regolarmente.
Di certo, il contributo più grande la Commissione lo può dare nella formazione di una coscienza del rischio, e da qui viene il “modello per le linee guida” per rispondere ai casi abuso nelle diocesi e nelle congregazioni religiose, nonché il seminario del 23 marzo intitolato “Salvaguardare scuole e case: imparare dall’esperienza nel mondo”.
Tra i presenti, molti capi dicastero vaticani. Il Cardinale Sean O’Malley, presidente della Commissione, ha sottolineato l’importanza di questo lavoro, perché – ha detto – “ci sono 60 milioni di bambini di cui abbiamo cura nelle nostre scuole cattoliche”.
L’educazione, dunque, è cruciale. Ha detto padre Hans Zollner, gesuita, membro della Commissione, che la Commissione è stata invitata dai dicasteri vaticani per insegnare e per informare tutti gli altri membri, dai cardinali ai “minutanti”, su quanto concerne la protezione dei bambini. Questo è già avvenuto in tre dicasteri e c’è la prospettiva di collaborare con altri due verso la fine di quest’anno. Lo scorso settembre, siamo stati invitati per la prima volta a partecipare al corso annuale vaticano per i nuovi vescovi al quale erano presenti circa 250 vescovi da tutto il mondo”.
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