Norcia, 23 March, 2017 / 10:00 AM
Partiranno domattina in pullmino dal loro hotel nei pressi della stazione Termini, situato in un edificio che fu costruito nell’Ottocento per nascondere alla vista la chiesa del Sacro Cuore di via Marsala, l’ultima opera di don Bosco; e da lì giungeranno a Norcia, per una breve visita alle rovine della Basilica di San Benedetto, distrutta dal sisma. Così, la conferenza dei Presidenti dell’Unione Europea renderà omaggio alle radici dell’Europa, nel sessantesimo del Trattato di Roma.
La scelta simbolica è fortissima. Quando si parlava di Costituzione Europea, le radici cristiane dell’Europa furono un tema sospinto a più riprese, con un impegno straordinario di San Giovanni Paolo II. Non ebbe successo. E Benedetto XVI prese il nome di Benedetto, anche in memoria di quel monaco straordinario che fondò le radici europe, e con l’impegno di ripartire dal quaerere Deum, la ricerca di Dio, che si era sviluppata nei monasteri. Oggi, quella “paternità” europea è in qualche modo riconosciuta.
Lo è, però, a causa di un terremoto, e della distruzione di una basilica. Lo è, insomma, per un obiettivo politico. Il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una recente intervista ha fatto notare che, se tutti si lamentano della burocratizzazione dell’Europa, allora questo dovrebbe fare interrogare i leader europei. E ha aggiunto che le radici cristiane sono la linfa vitale dell’Europa.
Subito, dopo la distruzione della basilica di Norcia, Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ha fatto sapere che la commissione si sarebbe impegnat per la ricostruzione. Lo ha ribadito in una lettera scritta a Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto – Norcia.
“Sono profondamente convinto – ha detto Juncker - che la ricostruzione della basilica di San Benedetto sia non solo un segno doveroso di solidarietà da parte dell’Unione nei confronti della comunità di Norcia e dell’intera Regione Umbria, ma anche un’azione emblematica della necessità di ricostruire il patrimonio culturale, sociale e storico del territorio come premessa per la piena ripresa della attività economica nelle zone colpite dal terremoto”.
E il vescovo Boccardo, che il 21 marzo ha riaccolto la fiaccola del santo tra le macerie della Basilica da ricostruire, non ha mancato di indicare San Benedetto come un esempio per la vita comunitaria.
Insomma, intorno alla Basilica da ricostruire si stringono da una parte le necessità politiche di creare una Europa più unita dopo la “Brexit” e dall’altra la speranza cristiana di vedere finalmente riconosciute le radici che sono alla base della costruzione della comunità europea. In fondo, nelle crisi, si guarda al sentimento religioso, nonostante il progetto di un ordine mondiale senza Dio.
Non è un caso che il Patriarca Bartolomeo, recentemente in visita in Puglia, abbia chiesto all’Europa di guardare ad Est, verso quella tradizione cristiana che è allo stesso europea e peculiare, chiedendo al Mediterraneo di essere un luogo di dialogo. E non è nemmeno un caso che il viaggio a Lesbos di Papa Francesco, il patriarca Bartolomeo e il Patriarca ortodosso greco Ieronymos abbia potuto rappresentare un monito per l’Europa. D’altronde, fu, negli anni Ottanta e Novanta, proprio il patriarca greco ortodosso Serafeim – ricorda Dimitrios Keramidas nel suo libro “Ortodossia greca ed Europa” – ad augurarsi un potenziamento dei rapporti tra le Chiese cristiane sul continente, e a rammaricarsi della mancanza di riconoscimento del “ grande apporto della civiltà greca antica, nonché di quella bizantina all’Europa e alla formazione della cultura europea in generale, poiché quest’ultima (= bizantina) fu la continuazione della prima (= antica)”.
Ma cosa fa la Chiesa cattolica in questo sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma? Le iniziative di movimenti e congregazioni sono molte. Da seguire, “Insieme per l’Europa”, sigla che include oltre 300 movimenti cristiani diffusi su tutto il continente, e che – oltre alla veglia di preghiera ecumenica per l’Europa – organizza incontri di dialogo, con l’obiettivo di creare “spazi di condivisione”: il prossimo è previsto a Vienna, dal 9 all’11 novembre.
E poi, da segnalare il progetto dei salesiani, dedicato ai “Giovani Europei a rischio”, che coinvolge le istituzioni sociali dei salesiani di Germania, Belgio, Slovenia, Spagna, Irlanda e Polonia, e che prevede vari incontri per creare una rete in modo da aiutare i giovani a rischio.
Risponde, questo, all’esigenza concreta di superare la crisi dell’Europa, che Papa Francesco – per la prima volta nella visita alle istituzioni europee del 25 novembre 2014, e poi a più riprese – ha definito una Europa “nonna”, vale a dire senza ricambio generazionale. Lo ha fatto in quella Strasburgo la cui cattedrale ha compiuto mille anni, e nella cui cattedrale è stato pensato il progetto europeo.
Si tratta, in fondo, di una Europa in grado di portare unità al mondo, come ha detto Papa Francesco nel suo incontro riservato con i membri dei “Poisson Rose”, i socialisti cristiani francesi che lo erano andati a trovare il 1 marzo dello scorso anno.
Così, di fronte alla crisi dei valori europei, mentre Benedetto XVI si chiede se “esiste ancora una Europa” e al tema è stato dedicato l’ultimo incontro annuale del Ratzinger Schuelerkreis, si torna a Norcia per vedere se si può ricostruire l’Europa dalle macerie. E magari basterebbe leggere i segni. Per esempio, il ritrovamento ancora intatto della statua in bronzo di San Benedetto all’interno della Basilica crollata nel terremoto, che si trovava nella cripta. È successo il giorno di San Benedetto.
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