Stoccolma, 31 October, 2016 / 2:00 PM
La Chiesa Cattolica in Svezia è composta in gran parte da immigrati di diversi paesi. Molti sono gli italiani, ma ci sono decine di etnie, culture e lingue. A raccontarci questa realtà e come i cattolici svedesi attendono il Papa è monsignor Furio Cesare, vicario giudiziale del Tribunale ecclesiale della diocesi di Stoccolma e pastore della missione italiana.
La Chiesa Cattolica in Svezia è Chiesa di immigrati, cosa significa concretamente?
Prendo come esempio Södertälje, città di 62mila abitanti nella contea di Stoccolma – si è formata per aggregazione la più grande comunità di cristiani caldei fuori dall’Iraq.
Ma il resto dei cattolici svedesi è fatto per la quasi totalità di figli di convertiti o convertiti recenti. Ogni anno registriamo circa un centinaio di conversioni che per la Svezia sono numeri importanti. Eppure notiamo come pure pastori luterani o di altre denominazioni religiose, di ambo il sesso, decidono di entrare in piena comunione con noi. Incluso Ulf Ekman, fondatore della Livets Ord, la megacomunità di Uppsala, che con la moglie si convertì nel marzo 2014, e che suscitò non poche reazioni.
La religione, come esperienza vissuta, è stata a lungo un tema tabù a livello pubblico. Una di quelle cose di cui si parla in una conversazione fra amici solo quando si alza un po’ il gomito, altrimenti è evitata, mette in imbarazzo. Oggi il clima sta cambiando, ma resta l’attitudine di fondo a vivere la religione nella più stretta sfera personale.
Quanti immigrati arrivano ogni anno ?
Lo scorso anno sono arrivate in Svezia circa 160 mila persone e ci sono state difficoltà ad accoglierle, nonostante un grande sostegno da parte della società civile. Questa nuova ondata di rifugiati ha portato molti nuovi cattolici in Svezia, provenienti soprattutto dall’Eritrea e dalla Siria. Lo stesso si può dire per un continuo arrivo dalla Polonia ed altri paesi europei. La Svezia è un Paese ricco e penso che ci siano le condizioni per accogliere tutte queste persone. Allo stesso tempo stanno rapidamente diffondendosi sentimenti xenofobi e anti immigrati.
Qual è il rapporto con il mondo secolarizzato anche per i nostri connazionali abituati ad una cultura più intrisa di religiosità?
La Svezia è una società post-protestante e secolarizzata, ma lo è da così tanto tempo che le persone adesso stanno diventando sempre più interessate alle questioni legate alla religione. Il materialismo e l’edonismo sono molto forti e lo è anche l’atteggiamento individualista che ha generato molta solitudine e depressione.
Credo che in Svezia viviamo una relazione armonica tra le Chiese a livello umano e personale, e spesso a livello di parrocchie locali. Naturalmente, ci sono difficoltà sul piano dogmatico ed etico, ma c’è una buona collaborazione sui temi sociali. Molte differenze le abbiamo superate, ed è più ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci divide. Forse la parte più feconda dell’ecumenismo è quella della spiritualità. Inoltre il Consiglio delle Chiese è molto unito nel suo sforzo in favore dei rifugiati.
La Chiesa cattolica è guardata con un rispetto crescente. A questo riguardo va segnalata la grande simpatia di cui gode papa Francesco, soprattutto per il suo impegno su temi come l’ambiente, la difesa degli oppressi e dei poveri. Verrebbe quasi da dire che forse in questo momento papa Francesco è il leader straniero che gode della più alta reputazione in Svezia.
E quindi l’attesa per la visita del Papa?
C’è tanta simpatia verso il Papa come persona; abbiamo notato come la Messa allo Swedbank Stadion sia molto più sentita che l’incontro ecumenico nella Malmö Arena. Credo in ogni caso, che la sua visita avrà un significato ecumenico rilevante.
Spero anche che la visita del Papa possa irrobustire la fede cristiana di molti in Svezia, a qualunque Chiesa appartengano. Egli viene per tutti, non solo per noi cattolici. Comunque potrà aiutare noi cattolici a crescere nell’unità e a renderci più consapevoli del nostro compito di diffondere il Vangelo con la parola e l’azione.
Che valore ha la presenza del Papa a Lund quindi?
Nessuno può negare che la Riforma abbia creato una divisione all’interno della Cristianità, per la quale ha sofferto molto ed ancora soffre. Proprio per questa ragione, ricordare 500 anni della Riforma non può avvenire all’interno di una celebrazione, nel senso specifico del termine, ma come scrivono i Vescovi della Conferenza Episcopale Nordica nella loro lettera apostolica del 15 ottobre 2016, “dovrebbe essere una commemorazione con uno spirito di pentimento, una commemorazione congiunta al posto di trionfalismi.
Noi cattolici gioiamo e ringraziamo Dio che il Santo Padre, il Papa Francesco venga a Lund per commemorare i 500 anni della Riforma, e rafforzarci nella nostra fede.
(La storia continua sotto)
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