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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco: “Inaccettabile che i più deboli paghino per il conflitto in Siria”

Papa Francesco durante un Angelus domenicale

“E’ inaccettabile che tante persone inermi – anche tanti bambini – debbano pagare il prezzo del conflitto”. Al termine dell’Angelus domenicale, Papa Francesco fa l’ennesimo appello per la Siria. Lo fa in una settimana drammatica: nella sola battaglia di Aleppo, nell’ultima settimana, ci sono stati almeno 500 morti, secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani.

Papa Francesco segue da vicino la situazione, sin dall’inizio del Pontificato. Non a caso, la sua prima iniziativa diplomatica riguardò proprio la giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria, nel settembre 2013. Da allora, la situazione siriana è stata spesso oggetto di attenzione degli appelli di Papa Francesco, così come tutta la situazione in Medio Oriente.

“Purtroppo – dice il Papa – dalla Siria continuano ad arrivare notizie di vittime civili della guerra, in particolare da Aleppo. È inaccettabile che tante persone inermi – anche tanti bambini – debbano pagare il prezzo del conflitto e la mancanza di volontà di pace dei potenti”.

È il culmine del primo Angelus del mese di agosto, in una Roma assolata e svuotata per le vacanze. Nel Vangelo, Gesù parla di come prepararsi all’incontro con il Padre, e – dice Papa Francesco –“spiega come l’attesa di questo incontro deve spingere ad una vita ricca di opere buone”.

Il Papa ricorda che Gesù dice di “vendere ciò che possedete e datelo in elemosina”, e sottolinea che questo “è un invito a dare valore all’elemosina come opera di misericordia, a non riporre la fiducia nei beni effimeri, a usare le cose senza attaccamento ed egoismo, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione agli altri, la logica dell’amore”. Aggiunge il Papa a braccio: "Possiamo avere tante cose, possiamo essere tanto attaccati al denaro, averne tanto, ma poi alla fine non possiamo portarlo con noi. Ricordatevi che il sudario non ha tasche.

Sempre nel Vangelo, ci sono tre brevi parabole sul tema della vigilanza. La parabola dei servi che aspettano nella notte il ritorno del padrone, che è “la beatitudine dell’attendere con fede il Signore, del tenersi pronti, in atteggiamento di servizio”, perché “egli si fa presente ogni giorno, bussa alla porta del nostro cuore. E sarà beato chi gli aprirà, perché avrà una grande ricompensa: infatti il Signore stesso si farà servo dei suoi servi”.

Quindi, per poter accedere alla “giorno luminoso dell’eternità” si deve “essere pronti” e vivere la vita “come una veglia in attesa”, dunque svegli e impegnati al servizio degli altri, nella consolante prospettiva che, ‘di là’, non saremo più noi a servire Dio, ma Lui stesso ci accoglierà alla sua mensa”. Ma questo – aggiunge il Papa – “accade già oggi ogni volta che incontriamo il Signore nella preghiera, oppure nel servire i poveri, e soprattutto nell’Eucaristia, dove Egli prepara un banchetto per nutrirci della sua Parola e del suo Corpo”.

Quindi la seconda parabola, con la venuta “imprevedibile del ladro” che “esige una vigilanza”, perché “il discepolo è colui che attende il Signore e il suo Regno”. E infine, la terza parabola, che riguarda l’amministrazione di una casa dopo la partenza del padrone.

C’è l’amministratore che esegue i suoi compiti e riceve la ricompensa, e quello che abusa del suo potere e percuote i servi, per cui verrà punito. “Questa scena – afferma Papa Francesco - descrive una situazione frequente anche ai nostri giorni: tante ingiustizie, violenze e cattiverie quotidiane nascono dall’idea di comportarci come padroni della vita degli altri”.

Ricorda Papa Francesco: "Abbiamo un padrone che non gli piace di chiamarsi padrone. Gli piace che lo chiamiamo padre. Ma noi siamo servi, peccatori, figli. Ma lui è l’unico padre".

Insomma, “l’attesa della beatitudine eterna non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo. Anzi, proprio questa nostra speranza di possedere il Regno nell’eternità ci spinge a operare per migliorare le condizioni della vita terrena, specialmente dei fratelli più deboli”.

 

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