Le parole di Papa Francesco all'Angelus domenicale
Forse è destino che il giorno che segna il ritorno di Papa Francesco a San Giovanni in Laterano per la celebrazione del Corpus Domini e la processione su via Merulana fino a Santa Maria Maggiore sia bagnato dalla pioggia. Era dal 2017 che Papa Francesco non tornava a celebrare il Corpus Domini nella sua cattedrale di Roma, primo ed ultimo anno che aveva comunque deciso di spostare la festa alla domenica, e non tenerla tradizionalmente il giovedì. Ma la pioggia non scoraggia i pellegrini arrivati in Piazza San Pietro per ascoltare Papa Francesco spiegare il senso dell’Eucarestia.
Nel Vangelo del giorno, si vede Gesù che scaccia i mercanti dal tempio. E Papa Francesco lo vede come un monito, come la necessità di non rendere la casa di Dio mercato, perché al mercato “si gioca sul prezzo” o “si cercano i propri interessi”, mentre “a casa si dà gratuitamente”. “Oggi – nota Papa Francesco – Gesù è duro perché non accetta che il tempio mercato si sostituisca al tempio casa, che la relazione con Dio sia distante e commerciale anziché vicina e fiduciosa”.
Di fronte al lebbroso che chiede aiuto, Gesù “non indugia in discorsi o interrogatori, tanto meno in pietismi e sentimentalismi. Dimostra piuttosto il pudore delicato di chi ascolta attentamente e agisce con sollecitudine, preferibilmente senza dare nell’occhio”. Papa Francesco descrive il “modo meraviglioso di amare” di Gesù prima della preghiera dell’Angelus, dopo la Messa di canonizzazione di Mama Antula, la prima santa argentina. Dopo l’Angelus, il Papa, in una giornata in cui si celebra anche la Giornata Mondiale del Malato, afferma che è “intollerabile” che ci son tante persone cui è negato il diritto alle cure e il diritto alla vita.
La fede in Gesù Cristo non è una teoria, ma un incontro, e per questo i primi discepoli, che già seguivano Giovanni Battista, andarono prima di tutto a trovare Gesù a casa. Da quell’incontro “nasce il dinamismo dell’evangelizzazione”. Nel giorno in cui la liturgia ci ricorda dei primi chiamati, Papa Francesco si chiede se sappiamo ancora fare memoria del primo incontro con il Signore e se siamo ancora discepoli innamorati. E, dopo l’Angelus, tiene un lungo appello per la pace, sottolineando come “la guerra è un crimine contro l’umanità”. E chiede di pregare “che quanti hanno potere su questi conflitti riflettano che guerra non è la via per risolverli, perché semina morte tra i civili e distrugge città e infrastrutture”.
Maria era una ragazza semplice, ha accolto i grandi doni di Dio nelle cose quotidiane. Ed è questo che siamo chiamati a fare anche noi, dice Papa Francesco, perché per i grandi doni di Dio si devono sempre accogliere quelli semplici.
Nel giorno di Ognissanti, Papa Francesco rispolvera il concetto da lui molto amato dei “santi della porta accanto”, e ricorda che i santi “non sono eroi irraggiungibili o lontani, ma persone come noi, nostri amici, il cui punto di partenza è lo stesso dono che abbiamo ricevuto noi”.
Siamo chiamati a riflettere l’amore di Dio nel mondo, facendo il primo passo come lui fa con noi “senza aspettare che si muovano gli altri, senza attendere che il mondo, la società e la Chiesa cambino, senza attendere o pretendere riconoscimenti”. Papa Francesco dà l’immagine di un Dio che sempre ci precede, a lui molto cara, nel commento al Vangelo che precede la preghiera dell’Angelus, e che in qualche modo ricalca anche l’omelia che ha tenuto nella Messa a conclusione del Sinodo 2023.
Un uomo ha una vigna e due figli e a entrambi chiede di andare a lavorare nel campo. Il primo dice no, ma poi ci ripensa, il secondo dice sì, ma non ci va. È il Vangelo di oggi, che è anche l’occasione, per Papa Francesco, di spiegare la differenza tra corrotto e peccatore, una differenza che il Papa si porta dietro dal fondatore dei gesuiti, Sant’Ignazio di Loyola. Il primo non ha speranza, mentre il secondo sì. Dopo l’Angelus, il Papa annuncia che il 6 novembre incontrerà bambini di tutto il mondo, che il 15 ottobre sarà pubblicata una esortazione su Santa Teresa di Lisieux e prega per il dramma umanitario in Nagorno Karabakh.
La fede è concreta, non è un’etichetta, parte dal rapporto personale con il Signore. Papa Francesco lo sottolinea nel commento al Vangelo che precede l’Angelus di oggi, ribandendo ancora una volta la necessità di accettare il cambiamento, proprio come ha fatto Gesù.
La resurrezione di Lazzaro ha in sé un messaggio chiaro: che “Gesù ci dà la vita anche quando sembra non esserci più speranza”. Lo sottolinea Papa Francesco, nella catechesi precede la preghiera dell’Angelus domenicale. E ricorda, dopo l’Angelus, che ieri, festa dell’annunciazione, si è rinnovato l’atto di consacrazione al Cuore di Maria che il Papa aveva fatto l’anno scorso per pregare per la pace, ricordando la martoriata ucraina, le vittime del terremoto in Turchia per i quali oggi c’è una colletta straordinaria lanciata dalla CEI, e chiede di pregare per il Perù
Con l’invito a porgere l’altra guancia, e persino ad amare i propri nemici, Gesù “ci chiede di aprirci allo straordinario di un amore gratuito, mentre noi tentiamo sempre di pareggiare i conti”. Eppure, se non fosse stato così anche per Gesù, questi “non sarebbe venuto a cercarci mentre eravamo perduti e lontani, non ci avrebbe amato fino alla fine, non avrebbe abbracciato la croce per noi”.
Per seguire Gesù ci vuole il coraggio di lasciare. Di lasciare gli egoismi, i calcoli, ma anche di lasciare il quieto vivere, per abbandonarsi a Gesù. Papa Francesco ripercorre il passo del Vangelo in cui Gesù chiama i primi discepoli, che lasciano le reti e lo seguono. E ribadisce che la necessità di lasciare è la prima caratteristica di un buon discepolo.
San Giuseppe vede i propri sogni infranti, eppure non esita ad aprirsi alle sorprese di Dio. Ed è, per noi, un esempio, perché invece di cedere “a rabbia e chiusure”, anche noi dobbiamo essere aperti alle sorprese di Dio. Prima della preghiera dell’Angelus, Papa Francesco commenta il Vangelo del giorno, che presenta un San Giuseppe dubbioso dopo aver saputo della gravidanza di Maria.
Il “compito a casa” che Papa Francesco dà al termine del commento al Vangelo che precede la preghiera dell’Angelus è: come va la mia perseveranza? È una domanda che scaturisce direttamente dal Vangelo del giorno, da Gesù che chiede di concentrarsi sulle cose che restano, e non sulla bellezza del tempio, e che profetizza i molti falsi messia cui non credere, rimanendo ancorati alle cose di Dio.
Un Vangelo caratterizzato da due verbi, il salire e lo scendere. Ma il secondo è quello che permette il primo, perché si deve scendere con umiltà e vederci senza finzioni per poter davvero andare verso Dio. Nel giorno in cui Papa Francesco si iscrive ufficialmente alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona 2023, e si celebra la Giornata Missionaria Mondiale, il Vangelo è quello del pubblicano e del peccatore.
Gesù chiede di passare dalla porta stretta non perché questa sia una porta per pochi, ma perché il suo metro di misura è il Vangelo, e seguire Gesù è impegnare la vita nell’amore, nel servizio e nel dono di sé, anche a costo di passare dalla porta stretta della croce. Nel commento al Vangelo domenicale, Papa Francesco ribadisce l’importanza di vivere una vita secondo l’impegno cristiano, al di là di ogni egoismo e fondata sull’amore.
Di fronte all’indaffararsi di Marta, che Gesù comunque apprezza, c’è un “ordine di priorità nuovo”, una “parte migliore” che Maria intuisce e cui va dato il primo posto. Papa Francesco commenta il Vangelo del giorno prima della preghiera dell’Angelus domenicale.
L’Eucarestia appaga due fondamentali necessità dell’uomo: mangiare ed essere saziati. Lo sottolinea Papa Francesco, nell’Angelus di oggi, che riflette sulla solennità del Corpus Domini, in Italia sposata dal giovedì alla domenica successiva.
Con un appello che per la prima volta risponde alla narrativa russa sulla guerra in corso in Ucraina, Papa Francesco “implora” l’apertura di corridoi umanitari, sottolinea che non si tratta di una operazione militare, ma di “guerra, che semina morte, distruzione e miseria”, ringrazia i giornalisti, in quella che sembra una risposta alla legge russa che punisce fino a 15 giorni con l’arresto chi riporta in maniera diversa sulla guerra, annuncia che due cardinali, Czerny e Krajewski, sono andati in Ucraina e sono lì a portare la vicinanza del Papa, mette la Santa Sede a disposizione per una mediazione.