Roma, 29 April, 2015 / 3:00 PM
Una rete contro il traffico degli esseri umani. Si chiama COATNET (Christian Organizaations Against Humn Trafficking NETwork), la promuove Caritas Internationalis, e mette insieme tutte le realtà che al momento si occupano di traffico di esseri umani. Un progetto spinto dal particolare interesse di Papa Francesco sul tema, che ha fatto della tratta degli esseri umani uno dei centri dell’attività diplomatica del suo pontificato. Ma soprattutto un progetto che si basa sulle molteplici attività che la Chiesa già fa sul campo per combattere la tratta degli esseri umani.
Dalle reti dei pescatori che Gesù chiamò ad essere suoi discepoli fino alla rete internazionale per combattere il traffico di esseri umani, il passo è breve. Lo spiega – nella conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa – suor Gabriella Bottani, coordinatrice di Talitha Kum, una rete internazionale di religiose che combatte contro la tratta degli esseri umani. “La rete non ha un centro, e non ha una periferia. Ognuna delle nostre organizzazioni territoriali è il centro quando si trova sul territorio e pone in atto iniziative sul territorio,” racconta Suor Bottani. Sono circa 1000 le religiose che sono impegnate nella rete Talitha Kum, in tutto il mondo, ma a loro si stanno unendo religiosi uomini e laici.
Lavorare sul territorio a volte è difficile. Ci sono posti completamente chiusi all’apporto dei religiosi, come quelli del Medio Oriente. Eppure è lì si deve guardare. In Qatar, già si preventivano 4 mila morti sul lavoro per portare a termine le strutture dei Mondiali di calcio del 2020, e sono quasi tutti lavoratori sfruttati, emigrati dai Paesi asiatici in cerca di fortuna.
E poi c’è la terribile situazione dei pescatori, schiavizzati proprio nel Sud Est Asiatico. Si incarica di fare un po’ di luce sugli schiavi della pesca padre Bruno Ciceri, del Pontificio Consiglio dei Migranti e degli Itineranti, che spiega come in moltissimi tra i pescatori sono tenuti a lavorare in mare, nei pescherecci, a condizioni disumane, pagati circa 20 dollari al mese e sempre con il rischio di essere buttati in mare, perché, quando la costa non è vicina, “è il capitano che ha il potere di vita e di morte su di te.”
Ci sono anche le buone pratiche. Come “Presidio,” messa in atto da Caritas Italiana. Un progetto finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, con l’obiettivo di garantire una presenza costante sui territori che vivono stagionalmente l’arrivo di lavoratori dall’estero. In pratica, ci sono un centinaio di operatori Caritas, che girano per le campagne con dei furgoni e dei camper riconoscibili, e possono seguire tramite una banca dati gli spostamenti dei lavoratori, garantendo assistenza in ogni luogo dove c’è un Presidio Caritas.
“Perché – spiega Michelle Hough, di Caritas Internationalis – quando si parla di tratta degli schiavi, sarebbe più appropriato parlare di schiavitù… e la schiavitù c’è quando un lavoratore viene sfruttato, si trova anche dietro un pomodoro che puoi pagare poco al mercato,” afferma.
Con Caritas Internationalis e con il finanziamento dell’Ambasciata USA presso la Santa Sede, Michelle Hough ha cercato di filmare, fotografare e raccogliere le testimonianza degli schiavi moderni, e il tutto è contenuto in un breve video di sensibilizzazione di 2 minuti sulla tratta.
Una tratta che ha complessivamente fatto 20 milioni di vittime (e si parla solo delle vittime conosciute) e della quale sono soggette oggi circa 2,4 milioni di persone, secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, per un profitto di 32 miliardi di dollari l’anno.
La rete Coatnet si propone allora di mettere in rete l’impegno della Chiesa, quattro obiettivi: migliorare la prevenzione e la sensibilizzazione al problema; fornire assistenza alle persone trafficate; fare pressioni a livello politico/legale, mirando a garantire che la legislazione risulti appropriata e venga adeguatamente applicata a livello internazionale e internazionale; e infine, appunto, fare rete. I membri di Coatnet al momento sono reti o organizzazioni nazionali provenienti da 33 Paesi nel mondom, e membro osservatore dell’organizzazione è il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti.
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