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Papa Francesco ai disabili: "Disabili e ammalati non siano scartati"

Papa Francesco durante l'omelia del Giubileo dei Disabili, piazza San Pietro 12 giugno 2016

Sono venuti da tutte le parti di Italia e anche del mondo, si preparano alla Messa con testimonianze e un rosario nonostante la pioggia che è arrivata a bagnare Roma dopo molte giornate di sole: il Giubileo dei Disabili e degli ammalati mostra persone che vivono la loro differenza, ma non per questo non vivono. Anzi. E Papa Francesco, celebrando Messa per loro, dopo aver chiesto al convegno della CEI dell’11 giugno che nessuno sia escluso e che si pratichi una pastorale dell’orecchio, sottolinea loro: “La vera sfida è quella di chi ama di più”. E condanna ancora una volta l’aborto e l’eutanasia. Perché – sottolinea il Papa – di fronte alle persone disabili “si sostiene che è meglio sbarazzarsene quanto prima”. Una frase che porta immediatamente il pensiero ai bambini che vengono abortiti perché scoperti portatori di sindrome di Down o a quanti vengono incoraggiati a praticare l’eutanasia quando vivono gli ultimi anni della vita con disabilità fisiche o mentali.

L’omelia del Papa prende le mosse dalla lettera di Paolo letta nella liturgia. Paolo sottolinea che “sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me”, ed è una condizione di rinascita- dice il Papa – che “coinvolge l’intera esistenza in ogni suo aspetto”, anche nella “malattia, la sofferenza e la morte”, le quali “sono inserite in Cristo e trovano in lui il suo senso ultimo.

La condizione di fragilità, spiega Papa Francesco, è una costante della vita umana: tutti siamo chiamati a confrontarci “con le fragilità e le malattie nostre ed altrui”. Esperienze che “pongono l’interrogativo sul senso dell’esistenza”, con il rischio di diventare cinici, “come se tutto si potesse risolvere subendo o contando tutto sulle proprie forze”, oppure “ponendo tutta la fiducia nelle scoperte della scienza”.

E' la “realtà del limite” che la realtà umana è chiamata vivere, dice Papa Francesco. Il quale poi ricorda “l’obiezione che, soprattutto in questi tempi, viene mossa davanti a un’esistenza segnata da forti limitazioni fisiche” .

L’idea – afferma il Papa – è che “una persona malata o disabile non possa essere felice, perché incapace di realizzare lo stile di vita imposto dalla cultura del piacere e del divertimento”. Insomma, “nell’epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante”.

E allora la scelta – denuncia il Papa – è di tenere “queste persone separate, in qualche recinto – magari dorato – o nelle riserve del pietismo e dell’assistenzialismo, perché non intralcino il ritmo del falso benessere”. Non solo: “In alcuni casi, addirittura, si sostiene che è meglio sbarazzarsene quanto prima, perché diventano un peso economico insostenibile in un tempo di crisi”.

È l’illusione dell’uomo di oggi, che “chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità” e “non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite.” Perché “il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente ‘perfette’, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto”.

Il Papa si riferisce poi al Vangelo di oggi, alla donna che lo unge e asciuga il suo corpo con i suoi capelli, la donna che “ha molto amato”, dice Gesù. La tenerezza di quella donna – afferma il Papa – “è segno dell’amore che Dio riserva per coloro che soffrono e sono esclusi”.

Ammonisce il Papa: “Non esiste solo la sofferenza fisica; oggi, una delle patologie più frequenti è anche quella che tocca lo spirito. E’ una sofferenza che coinvolge l’animo e lo rende triste perché privo di amore. Quando si fa esperienza della delusione o del tradimento nelle relazioni importanti, allora ci si scopre vulnerabili, deboli e senza difese”. E “la tentazione di rinchiudersi in sé stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto”.

Papa Francesco afferma dunque che “la felicità che ognuno desidera, d’altronde, può esprimersi in tanti modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di amare. E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più”.

Esclama il Papa: “Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! Allora la fragilità stessa può diventare conforto e sostegno alla nostra solitudine”.

In questa logica, le nostre sofferenze sono caricate sul Gesù Crocifisso, spiega il Papa, perché “che cosa potremmo rimproverare a Dio per le nostre infermità e sofferenze che non sia già impresso sul volto del suo Figlio crocifisso? Al suo dolore fisico si aggiungono la derisione, l’emarginazione e il compatimento, mentre Egli risponde con la misericordia che tutti accoglie e tutti perdona”

Per questo “il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire. Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate” .L'invito del Papa è quello di non abbandonarci alle tribolazioni. Perché anche le piaghe di Gesù "sono piaghe trasfigurate per sempre dall'amore". 

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