Bruxelles , 29 September, 2024 / 10:54 AM
Il Vangelo del giorno è quello in cui Gesù dice che sarebbe meglio che chi scandalizza uno dei piccoli metta una macina da mulino al collo e sia gettato in mare, ed è l’occasione per Papa Francesco di ricordare che “scandalizzare” significa “ostacolare il cammino dei piccoli” – e sono parole che non possono cadere nel vuoto in un Belgio scosso dallo scandalo degli abusi. Ma Papa Francesco conclude parlando di testimonianza, guardando ad un esempio silenzioso, Anna di Gesù, mistica carmelitana che per sua scelta non ha lasciato niente di scritto e che Papa Francesco ha beatificato oggi. Il Papa chiede di riprendere in mano il Vangelo della misericordia per costruire un futuro degno. Ma soprattutto, Papa Francesco ribadisce il no alla copertura degli abusi, e chiede che tutto venga portato alla luce, e tutti vegano giudicati, siano laici, preti o vescovi. Un appello, questo, che cade in un Belgio toccato dagli abusi, dove il Papa ha incontrato 17 vittime, e dove il tema è risuonato sin dal primo discorso del Papa nell’incontro con le autorità.
Così, l’ultimo giorno del viaggio in Belgio si conclude con l’ingresso di una mistica alla gloria degli altari. È stato un viaggio delle sorprese e dei fuori programma, con vari incontri non annunciati e poi avvenuti, come la visita del Papa ai circa 6 mila giovani radunati per il Festival della Gioventù Hope alle periferie di Bruxelles la sera del 28 settembre. Il Papa ci è andato dopo il consueto incontro con i gesuiti, a coronamento di una giornata che lo ha visto a Koekelberg, in omaggio di fronte alla tomba di Re Baldovino, ma anche insieme a migranti e rifugiati.
Alla Messa allo stadio Re Baldovino, il tristemente noto stadio Heysel, si trovano circa 30 mila persone. Il sessanta per cento dei posti è stato destinato a membri dei movimenti cattolici, ma i restanti posti sono stati venduti a tempo di record, in due ore. È il segno di un Belgio dove la Chiesa cattolica non è più maggioranza, tanto che la vita è continuata a scorrere nonostante la presenza del Papa, e dove allo stesso tempo c’è voglia di vedere il Papa.
Papa Francesco, dunque, conclude con una beatificazione il suo soggiorno a Bruxelles e centra la sua omelia su tre parole chiave: apertura, comunione e testimonianza.
L’apertura è quella di Mosè che riempie del dono della profezia non solo gli anziani, ma anche due uomini rimasti nell’accampamento, e quella di Gesù, che ferma i discepoli che vogliono a loro volta fermare un uomo scaccia i demoni in suo nome, e sottolinea: “Chi non è contro di noi, è con noi”.
Sono due scene che “riguardano anche noi e la nostra vita cristiana”, perché “tutti infatti, con il Battesimo, abbiamo ricevuto una missione nella Chiesa”, ma questa missione “è un dono, non di un titolo di vanto”, anzi “la Comunità dei credenti non è una cerchia di privilegiati, è una famiglia di salvati, e noi non siamo inviati a portare il Vangelo nel mondo per i nostri meriti, ma per grazia di Dio, per la sua misericordia e per la fiducia che, al di là di tutti i nostri limiti e peccati, Egli continua a riporre in noi con amore di Padre”.
Si tratta, allora, di “svolgere la nostra missione con umiltà, gratitudine e gioia” per “non essere di scandalo, di ostacolo a nessuno con la nostra presunzione e rigidità”, rallegrandoci se “anche altri possono fare quello che facciamo noi, perché cresca il regno di Dio”.
La seconda parola è comunione. L’unica via della vita, afferma Papa Francesco, “è quella del dono, dell’amore che unisce nella condivisione”, mentre “la via dell’egoismo genera solo chiusure, muri e ostacoli – ‘scandali’, appunto – incatenandoci alle cose e allontanandoci da Dio e dai fratelli”.
Papa Francesco definisce l’egoismo e tutto ciò che impedisce la carità come “scandaloso”, perché “schiaccia i piccoli, umiliando la dignità delle persone e soffocando il grido dei poveri”. Succede quando “si pongono alla base della vita dei singoli e delle comunità i soli principi dell’interesse e le sole logiche di mercato”, creando “un mondo in cui non c’è più spazio per chi è in difficoltà, né c’è misericordia per chi sbaglia, né compassione per chi soffre e non ce la fa”.
Aggiunge a braccio Papa Francesco di aver incontrato alcune di queste persone che soffrono. Le “ho incontrate l’altro ieri – dice Papa Francesco - e ho sentito la loro sofferenza di abusati, e lo ripeto qui: Nella Chiesa c’è posto per tutti, tutti, tutti, ma tutti saremo giudicati e non c’è posto per l’abuso, non c’è posto per la copertura degli abusi. Chiedo a tutti: non coprite gli abusi. Chiedo ai vescovi: non coprite gli abusi. Condannate gli abusatori e aiutateli a guarire da questa malattia degli abusi. Il male non si nasconde. Il male va portato allo scoperto. Come hanno fatto alcuni, gli abusati, con coraggio. Che si sappia. Che sia giudicato l'accusato, sia laica, laico, prete o vescovo, che sia giudicato”.
Continua poi Papa Francesco che la parola di Dio dice che non si può ignorare il grido dei poveri come “nota stonata nel concerto perfetto del mondo del benessere”, né attutire “con qualche forma di assistenzialismo di facciata”, perché anzi la loro presenza ci ricorda che “siamo tutti poveri peccatori” e ci chiamano a convertirci, e dunque non dobbiamo “silenziare la voce profetica”.
Papa Francesco provoca: “Ascoltiamo quello che dice Gesù nel Vangelo: lontano da noi l’occhio scandaloso, che vede l’indigente e si volta dall’altra parte! Lontano da noi la mano scandalosa, che si chiude a pugno per nascondere i suoi tesori e si ritira avida nelle tasche! E quati casi di abuso abbiamo nella nostra società. Lontano da noi il piede scandaloso, che corre veloce non per farsi vicino a chi soffre, ma per “passare oltre” e stare a distanza! Via tutto questo: lontano da noi! Niente di buono e solido si costruisce così!”
Papa Francesco invita a rimettere alla base delle scelte “il Vangelo della misericordia”, perlomeno se “vogliamo seminare per il futuro, anche a livello sociale ed economico”, altrimenti “i monumenti della nostra opulenza saranno sempre colossi dai piedi di argilla”, perché “senza amore niente dura, tutto svanisce, si sfalda, e ci lascia prigionieri di una vita sfuggente, vuota e senza senso, di un mondo inconsistente che, al di là delle facciate, ha perso ogni credibilità, perché ha scandalizzato i piccoli”.
Ed è qui che si inserisce il tema della testimonianza, e l’esempio è Anna di Gesù, la suora spagnola morta in Belgio che viveva alla scuola di Teresa d’Avila e che di Teresa d’Avila diffuse gli ideali in Spagna, in Francia e anche a Bruxelles.
“In un tempo segnato da scandali dolorosi, dentro e fuori la comunità cristiana – ricorda Papa Francesco - lei e le sue compagne, con la loro vita semplice e povera, fatta di preghiera, di lavoro e di carità, hanno saputo riportare alla fede tante persone, al punto che qualcuno ha definito la loro fondazione in questa città come una ‘calamita spirituale’.”
Anna di Gesù non ha lasciato scritti per scelta, ma ha messo in pratica ciò che aveva imparato. Ed è questa la testimonianza, per Papa Francesco.
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