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Un servizio di EWTN News

La Chiesa in Asia, il Vietnam e il sogno di Giovanni XXIV

Hanoi, la cattedrale cattolica di San Giuseppe

Papa Francesco sarebbe probabilmente voluto passare in Vietnam, durante questo lungo viaggio in Asia che lo ha porterà in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore. Ma questa tappa aggiuntiva non è stata possibile, per due ragioni. La prima, sostanziale: non ci sono ancora piene relazioni diplomatiche tra Hanoi e la Santa Sede e dunque un viaggio nel Paese avrebbe avuto delle difficoltà organizzative, oltre a creare un precedente che avrebbe aperto le porte alla Cina, dove invece la Santa Sede vuole regolarizzare tutto con accordi ben precisi. La seconda: che la situazione politica nel Paese è precipitata negli ultimi giorni, il Partito Comunista è vittima di una campagna anticorruzione che sta mietendo vittime illustri ed è anche porto il segretario generale del partito, Nguyen Phu Trong. Così forse in Vietnam ci andrà Giovanni XXIV, secondo una battuta che lo stesso Papa Francesco fece tornando dalla Mongolia.

La morte di Phu Trong è così importante che il telegramma di condoglianze del Papa include anche una menzione sul suo ruolo nel riavvicinamento tra Santa Sede ed Hanoi, in quella che il teologo Massimo Faggioli ha definito come “la nuova Ostpolitik vaticana”. Perché fu Phu Trong a lanciare la politica del bambù, che è resistente ed elastico, che significava che il Vietnam poteva aprirsi al mondo rimanendo se stessi.

La partita per la successione di Phu Trong è aperta, e un viaggio del Cardinale Pietro Parolin nel Paese è anche sospeso, e sarà definito solo quando la situazione politica ad Hanoi sarà definita. Nel periodo della “fornace ardente”, come è stata chiamata la campagna anti-corruzione, è emersa la figura di To Lam, ex ministro della pubblica sicurezza, che ha visto uno ad uno autoeliminarsi tutti i possibili candidati alla guida del partito, anche il presidente Vo Van Thuong, considerato vicino al segretario e futuro leader designato, che si è dimesso all’improvviso. Van Thuong è colui che ha incontrato Papa Francesco nel giorno in cui venne definito lo statuto per un rappresentante pontificio residente ad Hanoi.

Rappresentante poi nominato nella persona dell’arcivescovo Marek Zalewski, al termine di un lungo cammino aperto nel 2009 con l’istituzione del gruppo di lavoro misto tra la Hanoi e la Santa Sede - è stato un momento fondamentale del percorso che ha portato l’anno scorso alla storica intesa in forza della quale oggi esiste un rappresentante permanente del Vaticano residente in Vietnam, l’arcivescovo Marek Zalewsky.

Nel dicembre scorso, poi, l’allora presidente Vo Van Thuong ha anche invitato ufficialmente papa Francesco a recarsi nel Paese. In primavera ad Hanoi ha già fatto visita il segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Paul Richard Gallagher e si parla da tempo del ristabilimento di relazioni diplomatiche piene tra il Vietnam e la Santa Sede. Tutti passaggi che ora andranno verificati nella nuova fase politica che questa morte apre ufficialmente ad Hanoi.

È interessante notare come la Santa Sede mantenga comunque una sua autorità e autorevolezza, dovuta anche al suo grande lavoro sul territorio e al peso specifico della popolazione cattolica, comunque minoritaria in Vietnam.

In attesa di Giovanni XXIV, il Vietnam allora si prepara. Con la speranza di mostrarsi davvero una “figlia della Chiesa”.

 

(3-continua)

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