Kiev, 20 July, 2024 / 4:00 PM
Comincia oggi e dura fino al 24 luglio il viaggio del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, in Ucraina. È la prima volta che il Segretario di Stato torna nel Paese dall’inizio del conflitto. Per ora, non ci sono incontri confermati, ma si pensa che il Segretario di Stato sarà ricevuto dal presidente ucraino Volodymir Zelensky, che tra l’altro ha ringraziato la Santa Sede per il lavoro di mediazione per lo scambio di prigionieri, e probabilmente anche Andriy Yermak, capo dell’ufficio di presidenza, che è stato in Vaticano nella settimana che ha preceduto la partecipazione del Cardinale Parolin al Summit per la pace in Ucraina in Svizzera lo scorso giugno.
Per quanto riguarda l’Ucraina, si deve anche notare che l’eventuale vicepresidenza USA a J.D. Vance, in caso di vittoria elettorale di Donald Trump, potrebbe avere anche un impatto su alcune questioni religiose del conflitto in Ucraina.
A Timor Est, un incontro tra il presidente e l’arcivescovo di Dili ha portato avanti i preparativi per il prossimo viaggio del Papa.
FOCUS UCRAINA
Il programma del Cardinale Parolin in Ucraina
Il primo scopo è quello della preghiera, perché il Cardinale Parolin è stato inviato dal Papa come suo legato per presiedere la messa nel santuario mariano di Berdychiv per la celebrazione conclusiva del pellegrinaggio dei cattolici ucraini di rito latino. L’invito era stato inviato direttamente a Papa Francesco, che però ha da tempo posto come condizione di un suo eventuale viaggio in Ucraina la possibilità di andare anche in Russia.
La visita del cardinale Parolin in Ucraina è cominciata il 19 luglio, quando si è fermato all’Episcopio del Metropolita di Lviv dei Latini e ha poi visitato la città di Odessa il 20 luglio. Il 21 luglio, il cardinale presiederà la Messa a Berdychiv per le celebrazioni conclusive del pellegrinaggio dei cattolici di rito latino nel santuario. Negli ultimi due anni, è stata chiesta insistentemente l’intercessione di Maria per la Pace.
Nel programma è prevista anche una visita alla cattedrale greco cattolica di Kyiv, dove il cardinale incontrerà Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Il programma non fa menzione specifica di altri incontri, parlando vagamenti di incontri con le autorità civili e religiose del Paese, e questo è perché una agenda non è ancora stata dettagliata.
Parolin in Ucraina, la lettera del Papa
Lo scorso 14 luglio, è stata pubblicata la lettera ufficiale, in latino, con cui Papa Francesco ha nominato il cardinale Pietro Parolin suo legato per le celebrazioni del pellegrinaggio di Berdychiv, in Ucraina. La lettera suggella l’incarico, annunciato già lo scorso maggio, che il Papa ha conferito al cardinale Parolin, il quale rientrerà in Ucraina per la prima volta dall’inizio della guerra. L’ultima breve visita del segretario di Stato vaticano in Ucraina aveva avuto luogo nell’agosto 2021, in occasione del trentennale dello Stato ucraino.
Nella sua lettera, Papa Francesco ricorda che il santuario di Berdychiv, retto dai Carmelitani Scalzi, è santuario nazionale dal 2011. Tuttavia, sono secoli che il luogo è meta di pellegrinaggi. La tradizione risale alla prima metà del XVII secolo.
Nel 1630, infatti, Yanush Tyshkevych, voivoda di Kyiv, fondò lì un monastero in segno di gratitudine per la liberazione dai tartari donandovi una icona della Madre di Dio Snizhna, una Madonna della Neve, del XVI secolo. Questa venerazione si diffuse ben presto in tutto il Paese.
Nella sua lettera di incarico, Papa Francesco chiede al cardinale Parolin di “esortare tutti i partecipanti a questo evento a implorare incessantemente la Regina della Pace affinché ponga fine alla guerra in Ucraina e in ogni parte del mondo, proponendosi come esempio di benedizione tra le donne da imitare, perché Ella è gradita a Dio che abbassa i superbi e innalza gli umili”.
Ad accompagnare il segretario di Stato nella sua veste di legato pontificio saranno due sacerdoti, don Ruslan Mykhalkiv, rettore del Seminario della diocesi di Kyiv-Zhytomir, e don Andriy Lehovich, segretario dell’arcivescovo metropolita di Lviv dei Latini.
Come le elezioni USA possono cambiare le leggi sulla religione in Ucraina
La scelta di J.D. Vance come vicepresidente di Donald Trump in caso questi vinca la corsa per le presidenziali USA potrebbe avere un impatto anche sull’Ucraina, e non solo perché Vance si era pronunciato contro gli aiuti militari all’Ucrainva.
Vance, infatti, che si è convertito al cattolicesimo nel 2019, è anche un oppositore della legge 8371 in discussione alla Rada, il Parlamento ucraino. La legge, che ha lo scopo di proteggere la legge e la sicurezza nazionale, bandisce le attività di “organizzazioni religiose che sono affiliate con i centri di influenza di una organizzazione religiosa o il cui centro di governo sia localizzato fuori dell’Ucraina, in uno Stato che compie una aggressione armata contro l’Ucraina”.
La legge sembra “tagliata” apposta per la Chiesa Ortodossa legata al Patriarcato di Mosca, ed ha suscitato vari dubbi anche a livello internazionale.
Il 23 aprile 2024, parlando al Senato USA, Vance ha messo in luce che è vero che alcune Chiese in Ucraina possano essere troppo vicine alla Russia, ma allo stesso tempo ha affermato che “non si priva una intera comunità religiosa della loro libertà religiosa perché alcuni aderenti non sono d’accordo con te sul conflitto rilevante del giorno”.
La legge è ancora in discussione. Il 16 luglio, Petro Poroshenko, ex presidente e leader del partito “Solidarietà Europea”, ha sostenuto la legge alla Rada in un discorso in cui raccontava di essere stato alla Lavra Pechersk di Kyiv – tra l’altro, la cui gestione è stata proprio revocata alla Chiesa Ortodossa Russa – e ha messo in luce come gli Ucraini sono “straordinari, perché l’esercito, il linguaggio e la fede sono importanti per loro”.
La legge deve passare in seconda lettura, ma questa lettura potrebbe anche essere influenzata dalla possibile vittoria di Vance. Vedremo.
FOCUS NUNZIATURE
Papa Francesco nomina il nunzio in Nigeria
È l’arcivescovo Michael Francis Crotty il nuovo nunzio in Nigeria. Papa Francesco lo ha nominato lo scorso 15 luglio, trasferendolo dalla sede di Burkina Faso e Niger. L’arcivescovo Crotty prende il posto lasciato vacante dall’arcivescovo Luigi Filipazzi, che è stato nominato nunzio in Polonia.
(La storia continua sotto)
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Irlandese, classe 1970, l’arcivescovo Crotty è sacerdote dal 1994, e dal 2001 è nel servizio diplomatico della Santa Sede. Ha servito prima come segretario della nunziatura in Kenya, cui aggiungeva la posizione di vice capo missione della Missione Permanente della Santa Sede all’UNEP e UN-HABITAT. Dal 2004 al 2007 è stato segretario della nunziatura in Canada, dal 2009 al 2017 ha lavorato nella Seconda Sezione della Segreteria di Stato e dal 2017 al 2020 è stato primo consigliere della nunziatura apostolica in Spagna.
Nel 2020, Papa Francesco lo ha nominato nunzio in Burkina Faso e Niger, e in questi quattro anni è stato in prima linea a gestire una difficile situazione, con la crescita del terrorismo islamico specialmente in Burkina Faso.
Un nuovo nunzio in Namibia ed Eswatini
Il 19 luglio, Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Namibia ed eSwatini l’arcivescovo
Mieczysław Jagodziński.
Questi era già da aprile 2024 nunzio apostolico in Sudafrica e Lesotho, dopo aver servito come nunzio in Ghana.
Polacco, classe 1969, l’arcivescovo Jagodziński è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 2001, ed ha lavorato nelle rappresentanze pontificie di Belarus, Croazia, India e Bosnia ed Erzegovina, con una parentesi nella seconda sezione della Segreteria di Stato.
Dal 3 maggio 2020 al 16 aprile 2024 è stato nunzio in Ghana, e Papa Francesco lo ha poi destinato alla nunziatura in Sudafrica, che termina così una lunga vacanza.
FOCUS ASIA
Papa Francesco a Timor Est, incontro tra il presidente e l’arcivescovo di Dili
Il 13 luglio, José Manuel Ramos-Horta, presidente della Repubblica di Timor Est, è stato in visita al Cardinale salesiano Virgilio do Carmo da Silva, arcivescovo di Dili, con il quale ha avuto uno scambio di informazioni e valutazioni relative alla preparazione della prossima visita apostolica di Papa Francesco a Timor.
Parlando con Fides, l’agenzia della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, don Bento Pereira, direttore nazionale della Pontificie Opere Missionarie del Timor Est, ha sottolineato che le conversazioni “hanno permesso di verificare a che punto è il processo di preparazione della visita di Papa Francesco”. Il Papa sarà a Timor Est dal 9 all’11 settembre.
Santa Sede e Timor Est hanno un accordo, siglato il 15 agosto 2015 a Dili. L’accordo è stato il primo del genere tra Stato e Santa Sede ad essere stato firmato fuori dal Vaticano. L’Accordo è composto da un Preambolo e 26 articoli e sancisce il riconoscimento della personalità giuridica della Chiesa e delle sue Istituzioni e garantisce alla Chiesa la libertà di svolgere la propria missione in favore della popolazione timorese.
Il concordato era in discussione dal 2006, quando fu creata una commissione mista, necessaria per superare le scaramucce tra Chiesa e governo sul tema dell’istruzione religiosa nelle scuole. Il dibattito riguardava una dichiarazione congiunta che sanciva l’obbligatorietà dell’istruzione religiosa nelle scuole, ma affrontava anche altri temi come la prostituzione e l’aborto. Pratica, quest’ultima, che resterà illegale con il Codice Penale emanato nel 2008, tranne in particolari circostanze in cui è in gioco la salute della madre.
Il testo ribadisce infatti la responsabilità di ognuno nelle loro rispettive competenze, sottolinea che la separazione tra Chiesa e Stato è “chiaramente compresa e rispettata” e basata sui principi del diritto internazionale”, e offre “spazio e opportunità alla Chiesa cattolica di agire nella società in conformità con la sua missione di servizio al popolo in linea con le norme costituzionali e la legislazione locale”.
C’è un motivo storico per cui il cattolicesimo ha questo impatto a Timor Est. Il piccolo Paese di 2 milioni di abitanti ottenne l’indipendenza dal Portogallo il 28 novembre 1975, ma fu subito occupato dall’Indonesia, che la considererà sua provincia per 25 anni.
In quegli anni, la Chiesa diede un grande supporto alla popolazione, e Giovanni Paolo II volle visitarla. Era il 1989, e la visita pose subito un problema non da poco: avrebbe il Papa dovuto baciare la terra, come faceva ogni volta che approdava in uno Stato? Non era un problema banale: chinarsi a baciare la terra avrebbe significato riconoscere l’indipendenza della nazione sopra gli occupanti indonesiani. Alla fine, baciò un crocifisso posto per terra.
Giovanni Paolo II era arrivato pochi mesi dopo il referendum promosso dall’ONU con il quale, il 30 agosto 1999, gli abitanti di Timor Est optarono per l’indipendenza. E il 20 maggio 2002, dopo una amministrazione transitoria, nasceva finalmente la Repubblica Democratica di Timor Est. Una repubblica che nasceva anche grazie agli sforzi della Chiesa Cattolica, e in particolare del vescovo Carlos Ximes Belo di Dili, che vinse il Nobel per la Pace nel 2006. Questo portò anche un grande fiorire della Chiesa nella regione: nel 1975, solo il 30 per cento dei timorensi era cattolico, oggi rappresentano il 96 per cento della popolazione.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a New York, verso il Summit per il Futuro
Si era vociferato che anche Papa Francesco volesse partecipare al Summit of the Future delle Nazioni Unite, e che per questo avrebbe rinviato il viaggio in Belgio. Poi, il viaggio in Belgio è stato annunciato, il Papa andrà comunque in Asia ad inizio settembre, e dunque non sembra ci sarà spazio nell’agenda per una visita del Papa alle nazioni Unite.
Tuttavia, i lavori di preparazione al Summit vedono la Santa Sede particolarmente attiva. Il 17 luglio, si è tenuto un Forum Politico di Alto Livello sullo Sviluppo Sostenibile sotto gli auspici del Consiglio Economico e Sociale. Il dibattito generale ha riguardato il tema “Dal Summit per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile al Summit per il Futuro”.
Intervenendo al dibattito, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore della Santa Sede a New York, ha sottolineato la necessità di ricalibrare gli sforzi in vista delle nuove sfide che stanno impedendo il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Caccia ha sottolineato l’importanza di promuovere la dignità umana, cercare il bene comune, aiutare il nostro pianeta, e il bisogno di focalizzarsi nel raggiungere lo sviluppo umano integrale per tutti.
L’arcivescovo Caccia ha chiesto una azione concertata e collaborativa nell’affrontare le diverse sfide di oggi, tra cui la povertà, la fame, il cambiamento climatico e il conflitto. Si deve, ha aggiunto, rafforzare la cooperazione internazionale, rinvigorire il multilateralismo, promuovere partnership in grado di “trascendere confini e ideologie”.
Secondo la Santa Sede, l’obiettivo comune dell’Agenda 2030 deve essere riaffermato con uno spirito di solidarietà e la volontà di sviluppare un futuro prosperoso e sostenibile per tutti.
FOCUS HONDURAS
Pena Parra in Honduras, l’omelia a Supaya
In Honduras la scorsa settimana per la riapertura della nunziatura di Tegucigalpa, l’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato, ha celebrato Messa il 13 luglio nella Basilica di Supaya.
Nell’omelia, il sostituto della Segreteria di Stato ha ricordato i suoi anni al servizio della nunziatura. L’ultima volta che aveva potuto visitare la Basilica di Nostra Signora di Supaya fu nel 2011, e “sin dalla prima volta, mi sono sentito accolto dalla presenza materna di nostra Signora in questa casa”.
Ora, più di dieci anni dopo, “torno in questo Paese che considero come mia casa e in particolare in questo sacro luogo per raccomandare alla amorosa intercessione di Santa Maria la Chiesa, il Papa e il suo ministero di pastore universale, così come la mia persona e l’amato popolo honduregno”.
Pena Parra ha sottolineato che il cammino di Maria è “allo stesso modo il cammino della Chiesa”, e per questo Supaya, come gli altri santuari, sono come “una fermata intermedia nel cammino, un ristoro nella rotta della vita, dove Maria ci aspetta tutti per riconfortare i nostri cuori affaticati e addolorati e alleviare le sofferenze che non mancano mai nel duro cammino dell’esistenza”.
Per questo, ha aggiunto Pena Parra, noi pastori e fedeli della Chiesa preghiamo Maria “che ci mostri il cammino, che è suo figlio Gesù Cristo”.
“Ogni volta che riceviamo Gesù nella Santa Comunione – ha aggiunto il sostituto – Egli si fa carne nella nostra vita e ci chiede di accoglierlo e onorarlo nella carne dei più poveri e abbandonati”.
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