Città del Vaticano , 02 July, 2024 / 2:00 PM
Per la prima settimana sociale del Terzo Millennio, svoltasi a Bologna nell'ottobre 2004, Giovanni Paolo II non volle far mancare la sua voce, inviando una lettera al Cardinale Camillo Ruini, allora Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Il tema scelto è quello della democrazia.
"Alla luce della dottrina sociale della Chiesa - ricordava il Papa - la democrazia è strettamente congiunta con lo stato di diritto e con una concezione globale della persona. In Italia, la democrazia e la libertà politica appaiono ormai felicemente consolidate e penetrate nella coscienza collettiva, grazie in particolare al loro tenace e prolungato esercizio realizzatosi a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, con il contributo determinante dei cattolici".
"A nessuno sfuggono però - metteva in guardia Giovanni Paolo II - i rischi e le minacce che, per un autentico assetto democratico, possono derivare da certe correnti filosofiche, visioni antropologiche o concezioni politiche non esenti da preconcetti ideologici. Permane la tendenza a ritenere che il relativismo sia l’atteggiamento di pensiero meglio rispondente alle forme politiche democratiche, come se la conoscenza della verità e l’adesione ad essa costituissero un impedimento. In realtà, spesso si ha paura della verità perché non la si conosce. La verità così come Cristo l’ha rivelata è garanzia per la persona umana di autentica e piena libertà".
"Se l’azione politica - aggiungeva - non si confronta con una superiore istanza etica, illuminata a sua volta da una visione integrale dell’uomo e della società, finisce per essere asservita a fini inadeguati, se non illeciti. La verità, invece, è il migliore antidoto contro i fanatismi ideologici, in ambito scientifico, politico, o anche religioso".
"I cattolici - concludeva il Pontefice - sono perciò invitati non soltanto a impegnarsi per rendere viva e dinamica la società civile, opponendosi a indebiti limiti e condizionamenti frapposti dal potere politico o economico; essi devono anche riconsiderare l’importanza dell’impegno nei ruoli pubblici e istituzionali, in quegli ambienti in cui si formano decisioni collettive significative e in quello della politica, intesa nel senso alto del termine, come oggi è auspicato da molti. Non si può infatti dimenticare che sono proprie della vocazione del fedele laico la conoscenza e la messa in pratica della dottrina sociale della Chiesa e, quindi, anche la partecipazione alla vita politica del Paese, secondo i metodi e gli strumenti del sistema democratico. Alcuni poi sono chiamati a uno speciale servizio alla comunità civile, assumendo direttamente ruoli istituzionali in campo politico".
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