Roma, 27 January, 2016 / 5:30 PM
Il volto di Manoppello è tornato in Abruzzo dopo alcune giornate di esposizione nella chiesa di Santo Spirito in Sassia. A celebrare la messa del congedo è stato l’arcivescovo Edmondo Farath, ex nunzio che oggi vive a due passi dal Vaticano.
La sua riflessione dal racconto delle nozze di Cana ha portato i fedeli al volto di Cristo: “ la festa si è trasformata in un’occasione unica. Fu l’occasione del primo segno della sua manifestazione, della manifestazione della sua divinità. Fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù perché i suoi credono in lui” e così “Cana fu in assoluto il primo segno dell’autorità divina di Gesù, quest’autorità che andrà sviluppandosi durante la sua missione fino a trasparire nella passione e una vera icona, viva, nelle mani di Veronica”. Quindi, ha detto Farath, “Cana fu il primo segno visibile della divinità di Gesù. E’ un segno provocante adesso, l’icona di Manoppello che è un segno definitivo. Cana fu il primo, e il volto del sudario è un segno definitivo. E’ un segno provocante e insignificante, discreto e silenzioso ma quanto mai eloquente, sempre vecchio e sempre nuovo. Discusso e venerato, guarda esso con i suoi occhi, accompagna, segue e guida lo sguardo, è un segno concreto ma non è fatto da un altro uomo, è creato ma nessuno conosce la sua origine, la sua formazione”.
Un volto che interroga, che “sembra dire: “Guardatemi, voi che siete stanchi. Venite con me e troverete riposo.” Non hanno visto, non devono subire umiliazioni, gli uomini del nostro tempo. Come non dovevano subire umiliazioni gli amici di Maria a Cana. Doveva fare un gesto”.
Ed è il volto della misericordia, dice l’ arcivescovo, “ci parla e ci fa segno, è buono, è misericordioso, perciò noi l’abbiamo portato da Manopello fino a qui, perché la sua espressione irradi più largamente bontà e misericordia in questo anno di grazia nel quale Dio si rivela con il nome di misericordia, come ci insegna il Santo Padre Francesco. Perciò noi lo esponiamo nella chiesa dello Spirito Santo perché lo Spirito parla al cuore, suggerisce propositi di saggezza e di speranza. Perciò noi lo mettiamo nella chiesa custodita da Santa Faustina perché lei ha saputo percepire le dimensioni del suo volto”.
Momento privilegiato quindi quello in cui si guarda il volto, lo sguardo di misericordia dice l’arcivescovo: “Fissiamo noi lo sguardo sul sacro volto e saremo trasfigurati dalla misericordia di Dio. Il segno non è un fine a se stesso, il segno è un indice sulla via del ritorno, il ritorno al Padre”.
Ed ha concluso: “Noi da questa città eterna, città di santi, di Faustina, città di Giovanni Paolo II, di Paolo VI, di Giovanni XXIII, dei pontefici e dei santi volgiamo il nostro pensiero alla Gerusalemme di Gesù, alla Gerusalemme di Maria e chiediamo pace per Gerusalemme, pace a tutti i popoli della Palestina e di Gerusalemme, del Medio Oriente e del Mediterraneo. C’è posto per tutti, la misericordia non ha limiti. Eterna è la misericordia di Dio, perché è buono, è grande, il suo volto ci guidi, ci accompagni e non saremo perduti”.
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