Roma, 12 April, 2024 / 6:00 PM
La nebbia si stende ai piedi del viaggiatore, come un mare che lambisce lentamente le cime di una catena montuosa. L’uomo non lo vediamo se non di spalle, potrebbe essere chiunque, in un tempo imprecisato e sospeso. Impossibile non rimanere ipnotizzati dinanzi a quello che è probabilmente uno dei dipinti più conosciuti "Il viandante sul mare di nebbia", un olio su tela del 1818 e conservato alla Hamburger Kunsthalle di Amburgo. È il dipinto forse più rappresentativo del Romanticismo e non solo. In realtà si tratta di un’opera che ha attraversato i secoli e che parla a noi contemporanei in modo particolare. Tanto è conosciuto da oscurare, in un certo senso, persino il nome dell’artista che lo ha dipinto e tantomeno la sua vita.
Si tratta del tedesco Caspar David Friedrich, nato nel 1774 e morto nel 1840. Un pittore romantico, simbolo di un’epoca, capace di trasmettere il senso di una profonda spiritualità cristiana. E torniamo al Viandante: quella coltre di nebbia, su cui vaga, immaginiamo, lo sguardo del viaggiatore, è attraversata dalle rocce e dal profilo della cima del Rosenberg. E’ quest’altura della Svizzera boema, nell’immaginario di Friedrich, a rappresentare Dio, una presenza forte e rassicurante che non abbandona nel cammino di una vita, fatta di prove e incertezze, ma anche illuminata, per chi vi si abbandona, dalla consolazione della fede.
“Il pittore non deve soltanto dipingere ciò che vede davanti a sé, ma anche ciò che vede in sé”, ha scritto l’artista. Nell’unione fra la visione esterna e la visione interna Friedrich indicava dunque l segreto per riuscire a dipingere un quadro autentico e sincero. “L’unica vera sorgente dell’arte è il nostro cuore, il linguaggio di un animo infallibilmente puro. Un’opera che non sia sgorgata da questa sorgente può essere soltanto artificio. Ogni autentica opera d’arte viene concepita in un’ora santa e partorita in un’ora felice, spesso senza che l’artista ne sia conscio, per impulso interiore del cuore.” E pensare che lui con le parole scritte non ci sapeva molto fare, scrivere spesso lo faceva sentire come in procinto di affondare in mezzo ad un guado.
Anche questo aspetto si riesce a conoscere grazie ad un saggio dello studioso e critico Florian Illies, dal titolo “La magia del silenzio”, pubblicato da Marsilio Edizioni. Che poi esce in occasione del 250 anniversario della nascita del pittore. Un’occasione per conoscere meglio questo straordinario artista e insieme intraprendere un viaggio nel tempo e nell’arte, nel racconto, soprattutto per immagini e suggestioni, dell’esperienza umana e artistica di Friedrich, dal rapporto con la moglie Line, molto più giovane e pragmatica di lui, i suoi viaggi, le sue passioni, il suo modo di guardare al mondo. Molteplici esistenze tra le più diverse si intrecciano nel nome di un artista amato da Hitler e disprezzato da Stalin, fonte di ispirazione per scrittori come Samuel Beckett e di un genio eclettico come Walt Disney. Scrive infatti Florian Illies, "ogni epoca cerca e trova Caspar David Friedrich alla sua maniera. E ogni epoca – incredibile, ma vero – approda sempre a due o più ragioni per amarlo o per odiarlo". La vita di Friedrich non è certo stata immune da sofferenze, lutti, malattie e angoscia, difficoltà di ogni genere, eppure il suo sguardo rimane profondamente religioso e sicuro che il senso della storia, come di quello di ogni individuo, risiede nella centralità di Cristo. Ama la natura, ma dipinge nel silenzio – silenzio valore assoluto, a chi riesce a dare corpo, sostanza, colore - del suo studio, non come Turner che si getta, quasi, a capofitto nel mare o nelle spiagge assolate, dipinte in un turbinio di colori, preannuncio dell’arte en plein air di impressionisti e post. Solitario, amante delle camminate in montagna e appassionato disegnatore ispirato da quel che lo circonda, amico di grandi intellettuali e artisti (in particolare il pittore norvegese Johan Christian Claussen Dahl, amico di un’intera vita ) Friedrich vuole cogliere il Bello che gli parlava della presenza di Dio e della morte, interpretata con un mistero da attraversare, un passaggio obbligato verso la vita eterna. “Devo concedermi totalmente a ciò che mi circonda, unirmi alle mie nuvole e alle rocce, per riuscire ad essere quello che sono. La Natura – scriveva Friedrich - mi serve per comunicare con la Natura, e con Dio”.
Il libro di Illies presenta affascinanti connessioni che, come si diceva, ruotano intorno a Friedrick e alle infinite suggestioni che la sua pittura ha sempre offerto. Walt Disney si innamora della storia di Felix Salten su Bambi nella Germania nazista, una storia di uno scrittore ebreo i cui libri vennero bruciati nei roghi folli del regime, mentre trova l’immortalità nel film di Disney i cui scenari sono ispirati ai quadri di Friedrich.
Alla fine della propria esistenza forse il pittore si vedeva proprio come quel Viandante assorto nella contemplazione dell’Infinito, meta e destino suo e di tutti gli uomini che non vogliono vivere con gli occhi chiusi, ma spalancati sull’avventura dell’esistenza.
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