Città del Vaticano , 08 February, 2024 / 10:00 AM
Per un caso che sa di provvidenza, nel 2025, Anno Santo, la Pasqua secondo il calendario gregoriano e la Pasqua secondo il calendario giuliano coincideranno. E così, nell’anno in cui si celebra anche il 1700esimo anniversario del primo Concilio Ecumenico, il Concilio di Nicea, i cristiani di tutto il mondo celebreranno la Pasqua insieme, come se la Chiesa fosse ancora indivisa.
Non è così, eppure i progressi nel dialogo ecumenico compiuti nel corso degli ultimi anni, con la spinta decisiva data dal Concilio Vaticano II, fanno sperare in un cammino di unità meno accidentato. Come di consueto, durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, gli officiali del dicastero ecumenico vaticano - a partire dal Cardinale Kurt Koch, prefetto – hanno pubblicato una serie di articoli che fanno il punto sul dialogo ecumenico in tutte le sue sfaccettature. Ne viene fuori un anno pieno di anniversari, e una serie di sfide da affrontare in vista di Nicea.
Perché l’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora a Gerusalemme avvenne il 7 gennaio 1964, sessanta anni fa, me il 7 dicembre 1965 i massimi rappresentanti della Chiesa Cattolica e del Patriarcato di Costantinopoli si riunirono nella chiesa patriarcale di San Giorgio al Fanar a Costantinopoli e nella Basilica di San Pietro per cancellare le scomuniche reciproche del 1054 (è quest’anno il 970esimo anniversario di quelle scomuniche” e di togliere gli anatemi “dalla memoria e dal mezzo della Chiesa”, affinché non potessero più rappresentare “un ostacolo al riavvicinamento nell’amore”.
Il Cardinale Koch ha ricordato che Joseph Ratzinger, da teologo, commentò questo fatto sottolineando che "il simbolo della divisione” venne sostituito dal “simbolo della carità”.
Ma Koch va oltre, e – in un ragionamento che sembra preparare ai dialoghi su Nicea – si chiede se “si possa davvero parlare di divisione della Chiesa tra Oriente e Occidente”, perché la data del 1054 è “più simbolica che storica”, tanto più che “non ci fu uno scisma nel vero senso della parola tra Oriente e Occidente della Chiesa”.
Insomma, fu un processo di allontanamento storico, in cui le questioni teologiche entrarono, ma non furono decisive. Questo però richiede che il dialogo della carità sia affiancato dal dialogo della verità che, dice il prefetto del dicastero ecumenico vaticano, “è la seria elaborazione teologica delle differenze teologiche che sono tuttora fonte di divisione, al fine di rendere possibile la comunione ecclesiale ed eucaristica”.
Il grande tema è “la diversa comprensione del ministero del Vescovo di Roma”, ma anche lì si può partire da una base comune, e cioè il fatto che Roma fosse considerata prima sede sin dalle origini.
Ci si aspetta, dunque, uno sviluppo ulteriore a partire dai documenti su Primato e Sinodalità nel Secondo Millennio e nel Primo Millennio, entrambi licenziati dalla Commissione Teologica Congiunta Cattolico Ortodossa.
Il cammino verso Nicea si sviluppa sulla base di tanti temi comuni. Uno di questi è la difesa della vita umana, che fu anche al centro della dichiarazione congiunta di Papa Francesco e del Patriarca di Mosca Kirill nel 2016. Ma è un tema che tocca anche il dialogo con gli Ebrei, inserito, con una scelta profetica, come parte del dialogo ecumenico e non come parte del dialogo interreligioso. Perché, in fondo, si riconosce la derivazione diretta del cristianesimo dell’ebraismo.
Padre Norbert Hofmann, segretario della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, sottolinea in un suo articolo questo campo di dialogo comune, sottolineando come per Ebrei e Cattolici la vita umana debba “essere rispettata e tutelata in ogni forma e in ogni condizione. Non deve essere manipolata dall’uomo a suo piacimento, perché semplicemente non gli appartiene. Se l’essere umano si impadronisce della vita, finisce col mettersi al posto di Dio, eccede il limite che gli spetta e si erge a giudice della vita e della morte”.
Padre Hyacinthe Destivelle ha invece guardato a uno dei dialoghi più ecumenici più promettenti, quello con le Chiese Ortodosse Orientali, iniziato venti anni fa. Le Chiese Ortodosse Orientali riconoscono solo i primi tre concili ecumenici, e sono dette perciò pre-calcedonesi, ma sono quelle più vicine alla Chiesa cattolica in termini teologici. E infatti, gli incontri, inizialmente promossi dalla Fondazione Pro Oriente e Tenutisi a Vienna tra il 1971 e il 1978 hanno posto le basi per questo dialogo, delineando la “Formula di Vienna”, ovvero l’accordo cristologico raggiunto dai teologi durante la prima consultazione del 1971, che portato al superamento della controversia sorta intorno al Concilio di Calcedonia.
Padre Destivelle ricorda che “il dialogo ha finora adottato tre importanti documenti di natura ecclesiologica, che riflettono la ricchezza delle tradizioni cristiane rappresentate nella Commissione (copta, siriaca, armena, malankarese, etiopica, eritrea e latina)”. I documenti sono: Natura, costituzione e missione della Chiesa del 2009; L’Esercizio della Comunione nella vita della Chiesa primitiva e le sue ripercussioni sulla nostra ricerca di comunione oggi nel 2015; e I Sacramenti nella vita della Chiesa del 2022.
Quest’ultimo, nota padre Destivelle, è il “primo documento di consenso ecumenico sul settenario sacramentale”. Al momento ci si sta concentrando sulla mariologia, e non è da escludere, per le celebrazioni di Nicea, anche qualche evento alla Casa di Maria di Efeso, che fu anche uno dei santuari coinvolto nella maratona di rosari contro la pandemia lanciato da Papa Francesco nel 2021. Ad Efeso, tra l’altro, ci fu un concilio nel 431 che lo definì come la pietra di paragone dell’ortodossia cristiana.
Ma in che modo il dialogo ecumenico si svilupperà anche con le altre Chiese sorelle? C’è un organismo, il Concilio Ecumenico delle Chiese, che ha sede a Ginevra e che ha ricevuto nel corso degli anni le visite di Paolo VI prima e Francesco poi. Il Consiglio rappresenta buona parte delle confessioni cristiane mondiali, e la Chiesa cattolica vi partecipa in qualità di osservatore.
Padre Andrzej Choromanski, che si occupa dei rapporti con il Consiglio, ricorda che il gruppo ha pubblicato nel 2021 un rapporto su “Cosa dicono le Chiese sulla Chiesa? Principali risultati e proposte alla Chiesa: verso una visione comune”.
Padre Choromanski nota che “il rapporto rileva che le risposte sono state ampiamente positive: piuttosto che divergere, le diverse tradizioni cristiane concordano sulla visione della Chiesa, sulla sua natura e sulla sua missione”. C’è comunque da lavorare ancora sul concetto di unità visibile, sulla comprensione di Chiesa come comunione e il significato del concetto di reciproco riconoscimento, nonché il ruolo dei diversi ministeri nella Chiesa, che include anche “l’ordinazione delle donne, l’integrazione dei laici nelle strutture e nei processi decisionali a livello locale e universale, la possibilità di una più stretta collaborazione nella missione e nell’evangelizzazione; le conseguenze pastorali del reciproco riconoscimento del battesimo tra diverse comunità cristiane che vivono nello stesso territorio”.
A questo punto, lo sguardo si punta direttamente ad Est, all’Europa Centro Orientale. Quali sono state le sue iniziative nell’anno della sinodalità? Padre Jaromír Zádrapa ha ricordato in particolare la visita a Roma del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese nel 2023, e l’udienza concessa da Papa Francesco il 13 febbraio 2023 a una delegazione dell’Università Sulkhan-Saba Orbeliani di Tbilisi (Georgia) guidata da S.E. Mons. Giuseppe Pasotto, Amministratore apostolico del Caucaso dei Latini, che ha lo scopo di “di offrire un insegnamento accademico basato sui principi della dignità umana e della libertà per meglio servire la società. Alcuni professori e la maggioranza degli studenti sono ortodossi”.
Quindi, Zádrapa ricorda la visita del Cardinale Koch in Slovacchia dal 28 al 30 marzo 2023, dove ha toccato Košice e Prešov, dove è stato ricevuto “dall'Arcivescovo ortodosso di Prešov e Metropolita delle Terre Ceche e della Slovacchia, Sua Beatitudine Rastislav. Alla fine, a Bratislava, il Cardinale Koch ha incontrato i rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese in Slovacchia”.
Nel corso del 2023, sono stati in visita dal Cardinale Koch il Metropolita Nikolay di Plovdiv, della Chiesa ortodossa bulgara, accompagnato dal Vescovo Sioni, Igumeno del Monastero di Bachkovo. (25 aprile); il Vescovo di Austria, Svizzera, Italia e Malta della Chiesa ortodossa serba, Andrej (Ćilerdžić), insieme all’Arciprete Roman Fischer, responsabile della comunità ortodossa serba di Roma (26 aprile).
Importante la partecipazione all’udienza generale del 3 maggio del Metropolita Antonij di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, specialmente in un momento difficile per il dialogo ecumenico.
Ma di certo l’iniziativa più interessante e nuovo è stato il Forum per il dialogo e la pace nei Balcani dal titolo “Pace a te, Europa! Pace a voi, Balcani!”, incontro organizzato dalla Conferenza episcopale slovena, cui “hanno partecipato una ventina di rappresentanti delle diverse tradizioni cristiane e religioni presenti nella penisola balcanica. Il Forum si è concluso con una dichiarazione finale, firmata da tutti i leader religiosi presenti, tra i quali il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato”. Il 28 novembre si è svolta nei Giardini Vaticani l’inaugurazione della stele con l’icona in mosaico della Madre di Dio della Georgia.
Ma c’è un dato importante che potrebbe avere conseguenze anche nel dialogo ecumenico e nelle celebrazioni di Nicea: il 9 maggio 2022 il Patriarcato di Costantinopoli ha ristabilito la comunione eucaristica con la Chiesa ortodossa della Macedonia del Nord, e il 16 maggio 2022, il Sinodo della Chiesa ortodossa serba ha annunciato il superamento dello scisma che ha contrapposto Belgrado a Skopje; in seguito, esso ha riconosciuto l’autocefalia della stessa Chiesa, ementre nel giugno 2023, il sviluppo di integrazione delle ex diocesi della Chiesa ortodossa serba nel territorio della Macedonia del Nord è stato finalmente completato.
Sono tutte queste le basi che porteranno alle celebrazioni di Nicea, ancora da definire. Senza dimenticare che ci sarà un seguito, perché nel 2026 è prevista la prossima Assemblea Ecumenica Europea, durante la quale si dovrebbe aggiornare della Charta Oecumenica, il documento di dialogo delle Chiese europee.
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