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Letture, il silenzio della montagna come lode a Dio nelle parole di Benedetto XVI

L’orizzonte che si apre sul cerchio imponente delle cime, i boschi a perdita d’occhio, lo scrosciare lontano di acque che sgorgano da sorgenti nascoste …in questo scenario lo sguardo si perde e nello stesso si ritrova, l’anima si dilata in un senso d’infinito che da’ pace e dona una felicità senza limiti. Ed è davanti a questo paesaggio che prende vita   “Il segreto del silenzio che si fa lode”, che è appunto  è il titolo del volume del giornalista Ezio Bérard, edito dalla Tipografia Duc, in cui si raccontano i giorni passati da papa Benedetto XVI in Valle d’Aosta , i tre soggiorni estivi che tanto lo hanno legato a questa terra e che tanto hanno segnato questi luoghi.

anche proponendo i testi degli interventi pubblici, si ritrovano le attività compiute dal Pontefice nelle sue tre permanenze estive nella nostra regione.

Un omaggio a Benedetto XVI, nel primo anniversario della sua scomparsa (avvenuta il 31 dicembre 2022), e la volontà di raccogliere in un’unica pubblicazione tutti gli interventi del pontefice Ratzinger durante i suoi tre soggiorni estivi in Valle d’Aosta, nella villetta a Les Combes di Introd, presentando anche una concreta testimonianza sulle attività di cui erano intessuti quei giorni di riposo, di studio, di meditazione, insieme alle ore fitte di incontri, di dialoghi, colloqui e catechesi, corredata da una significativa galleria fotografica.

Il vescovo di Aosta, monsignor Franco Lovignana, nella sua prefazione al volume,  sottolinea come in questa opera si possa attingere a “due capolavori del Papa, teologo e intellettuale divenuto pastore o forse meglio rimasto sempre profondamente pastore”. Il riferimento è alle parole pronunciate dal Pontefice durante gli incontri occasioni in cui ha incontrato,  nel luglio 2005 (alla “prima volta” in Valle), il clero della Diocesi di Aosta nella chiesa di Introd e poi, quattro anni dopo (nel terzo ed ultimo soggiorno), l’omelia ai vespri nella cattedrale di Aosta.

Durante il primo incontro, il Papa  “rispose per più di due ore, a braccio, alle domande liberamente poste dai sacerdoti e rispose con una profondità e precisione che impressionò i presenti”.

Nel secondo appuntamento Ratzinger, dopo l’abbraccio con la popolazione in attesa lungo tutto il percorso dall’arco d’Augusto alla cattedrale ad Aosta, ha proposto “una lettura del mistero della storia, segnata dal male e dal peccato dell’uomo”. “In Cristo – aggiunge il vescovo – essa si apre alla redenzione che, nella sua attuazione progressiva, la trasforma in storia santa di salvezza e di vita”. Del resto, come sottolinea ancora monsignor Lovignana, si tratta dell’ennesima testimonianza di un “raffinato teologo” che “poteva porgere in maniera sicura la risposta del Signore traendola dal tesoro della Parola e della Tradizione della Chiesa, l’una e l’altra ascoltate, accolte e trasmesse come realtà vive dell’oggi”.

Bisogna sottolineare che l’autore ha alle spalle cinquant’anni di professione giornalistica, molti dei quali dedicati a seguire i soggiorni papali in Valle, che prima di Ratzinger furono quelli di Giovanni Paolo II.

Ed è proprio nell’introduzione che Ezio Bérard mette in luce le differenze tra la permanenza, fra le nostre montagne, di Wojtyla e di Benedetto XVI. Più incline alle escursioni, alle ore trascorse all’aria aperta, papa Giovanni Paolo II, mentre papa Benedetto XVI  amava particolarmente l’atmosfera rilassata ma anche propizia alla riflessione e alla scrittura, che però non trascurava le passeggiate e, come si diceva, l’incontro con la gente.

Del resto, per papa Benedetto la montagna rappresenta qualcosa di speciale, un luogo privilegiato in cui ritrovare non solo una dimensione più serena e umana, che il modo di vivere contemporaneo sta disperdendo, ma dove emerge più facilmente anche la vera dimensione del nostro spirito e della nostra coscienza: l’essere creature, a cui necessita il rapporto con il Creatore.  “La montagna è un ambiente speciale, dove torniamo a sentirci delle “creature”. Queste le parole da lui rivolte  ad una delegazione di  maestri di sci italiani, ricevuti in  Vaticano nel 2010. Un luogo che “ci  sentire piccoli , rendendoci capaci di interrogarci sul senso del creato, di guardare in alto, di aprirci al Creatore e ci rende consapevoli al nostro compito di essere custodi del mondo. L’atteggiamento giusto da assumere? Quello di un profondo sentimento di gratitudine e riconoscenza, ma anche di responsabilità nel conservare e coltivare l’opera di Dio”.

Ma oggi ci dicono che per essere veramente liberi e felici dobbiamo non essere  definiti, che non dobbiamo lasciarci imbrigliare dalla opprimente idea di un Creatore. E che il suo Volto non bisogna più cercarlo. Così il nostro mondo è sempre più smarrito e non sappiamo più quale sia il nostro vero volto.

 

Ezio Berard, Il segreto del silenzio che si fa lode, Edizioni Tipografia Duc

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