Città della Pieve, 14 December, 2023 / 6:00 PM
Suor Chiara Antonella ha una storia molto speciale. Cieca dalla nascita, ha saputo mettere a frutto con amore questa sua diversità e non si è mai arresa davanti a questa difficoltà. Suor Chiara Antonella ha 57 anni e dal 1988 vive nel bellissimo Monastero di Città della Pieve in Umbria. Diplomata in pianoforte nel 1987 presso il Conservatorio di Bergamo, ha studiato come privatista con un'insegnante, anche lei non vedente. Del suo talento musicale a trarne profitto sono soprattutto le sue sorelle clarisse. Infatti Suor Chiara Antonella compone musiche e partiture per le celebrazioni in Monastero. ACI Stampa racconta la storia di questa clarissa, che ama suonare, comporre e non dimentica mai il suo compito più grande, pregare.
Suor Chiara Antonella qual è la sua storia?
Non è mai facile raccontare la propria storia, tutte le volte che mi succede di dover raccontare la mia storia aggiungo dei particolari di cui io stessa poi mi sorprendo. Perché il Signore ci dà una comprensione anche della nostra storia anche a seconda del periodo spirituale che viviamo, però posso dire sostanzialmente che ho 57 anni e sono originaria di Bergamo, sono nata cieca, sono nata non vedente, ma ho avuto grazie a Dio la possibilità di avere tante persone intorno, la mia famiglia in primis che mi ha cresciuto con tanto amore, questo dettaglio è importante. Perchè all’epoca non c’era l’integrazione con le scuole con le persone non vedenti, ma la mia famiglia supportata da associazioni di Bergamo, mi hanno dato la possibilità di avere relazioni serene con i miei compagni e nel mio contesto. Fin da piccolissima mi avevano regalato una pianola e io mi ricordo che ad un certo punto ho suonato una delle canzoni che mia mamma mi cantava, ho riprodotto esattamente quel suono. Quindi lei cantava e io suonavo. Il mio rapporto con la musica è iniziato molto presto. A 7 anni già ho imparato a suonare il pianoforte e mi sono diplomata al conservatorio di Bergamo.
E poi è arrivata la vocazione.
Si, poi si è inserito il Signore. Lui è riuscito a fare breccia. Il rapporto con Dio è stato sempre fondamentale, mi piacerebbe essere del Signore, dicevo sempre. Per me la presenza del Signore è stata costante. E ad un certo punto, come capita per tutti, mi sono fatta delle domande. Cosa sarà della mia vita? Nella ricerca della mia strada si è inserito quello che avrei voluto fare, a me non bastava la musica, non volevo avere una vita che prendesse solo una piega. Avevo anche il desiderio di studiare psicologia. Nel frattempo però c’era un grande disagio, una ricerca, un senso di qualcosa che mi mancava. Facevo volontariato, ma pur riempiendo le mie giornate, arrivavo alla sera e sentivo un senso di vuoto. Cosa devo fare? Dicevo al Signore. Poi sono stata ad Assisi, nel 1985. Ho incontrato delle clarisse a Perugia. Ho avuto delle sensazioni strane, mi sentivo come nel posto giusto e c’erano diverse giovani clarisse. Ci trovavamo nel parlatorio e una suora mi ha folgorato con una frase. Io so che voi state cercando la volontà di Dio sulla vostra vita, vi confido un piccolo segreto, Dio vuole persone felici e piene. Quando voi vi mettete in preghiera, chiedete una gioia che dura, questa è la volontà di Dio su di voi.
Ed è stato lì che hai capito questa chiamata?
Io ascoltandole capivo che loro stavano vivendo esattamente quello che io stavo cercando. Uscita da quell’incontro ho pensato che il Signore mi stava chiedendo questo. Più ci pensavo più mi immaginavo lì. Sapevo che tutto quello avrebbe riempito il mio cuore. Per la clausura era impegnativo, mi sembrava una vita chiusa. Ma durante una Messa ho percepito il pensiero del Signore, come ho salvato io il mondo? Ho fatto tante cose, ma il mondo l’ho salvato quando sono stato in croce senza fare niente. E da lì è iniziato il mio cammino…
Qual è la storia del monastero di Città della Pieve dove vive oggi?
Santa Chiara inizia nel 1211 a San Damiano. Nel frattempo tante comunità sentono parlare di questa nuova forma di vita, i giovani sono entusiasti, seguono, e chiedono di passare a questa nuova struttura. Tra queste, la comunità di Città della Pieve, una comunità benedettina. Santa Chiara così mandava delle sue figlie in missione e pare che una delle sue sorelle sia venuta qui. Nel 1252 abbiamo ricevuto l’approvazione della forma di vita, la vediamo tutti i giorni rappresentata in questa bolla, il monastero è cresciuto, ci sono sempre state sorelle. C’è anche un altro episodio bello, inizialmente vivevano la regola di Urbano, ma loro volevano vivere la regola di Santa Chiara, la povertà…le sorelle di prima hanno ottenuto anche questo. E quindi dal 1931 hanno ripreso la regola di Santa Chiara. Non ci sono state vocazioni poi, soprattutto nella guerra. Una nostra sorella che era di nobili origini, aveva un fratello che aveva studiato con Don Orione, lui che era il santo delle vocazioni, decise di fare la questua vocazionale. Voi scrivete a tutti i parroci d’Italia, diceva, scrivete ai parroci se hanno delle ragazze che potrebbero essere avviate alla vita religiosa e voi pregate. E così è successo. E da lì hanno iniziato ad arrivare sorelle. Il monastero andava ristrutturato, in quel periodo con il Concilio la clausura anche aveva subito delle modifiche. Tante di noi sono nate negli anni 60. È stato un periodo difficile per la ristrutturazione. Ma ora il monastero è uno dei più belli dell’Umbria. Abbiamo riempito il monastero. Ne è rimasta solo una delle sorelle che ci hanno accolte. Pensate che una aveva 108 anni e un’altra è arrivata a 105 anni. Abbiamo trovato una comunità accogliente, ma ci sono stati cambiamenti vertiginosi. Loro avevano davvero una forma di obbedienza forte. Noi siamo arrivate e abbiamo prospettato un tipo diverso di clausura. E adesso siamo 23 sorelle. Dai 73 anni ai 35 anni circa. Siamo di tutta Italia e alcune anche dalla Polonia.
Lei ha una disabilità, se così si può chiamare, che è quella della cecità...come riesce a convivere con tutto questo?
Io sono sempre stata abituata a stare in mezzo alle persone vedenti. Per una persona non vedente la clausura può facilitare la vita, gli ambienti sono sempre quelli. Io ho sempre avuto un buon senso dell’orientamento, non ho mai avuto difficoltà di relazione, e io sono anche una persona che affronta tutto questo con un certo senso dell’umorismo. Le racconto questa, mi è successo che a volte abbiamo una lavagna dove ci sono scritti gli avvisi, io non la sapevo questa cosa. È vero che sono stata 5 volte a Lourdes, però ancora non ho avuto quel miracolo! Dico scherzando alle mie sorelle. Ho avuto anche io le mie piccole difficoltà, ma guardo la vita come non un percorso compiuto, ma come un pellegrinaggio in divenire. Di fronte alle nuove sfide sono pronta. L’importante è l’umorismo. Ho capito che dobbiamo essere educatrici nei confronti degli altri. Provare a pensare che chi non vede sei tu. Anche con tutta l’empatia che vuoi, sei tu che lo devi aiutare. È una carità che fai all’altro. Bisogna aiutarsi. Se tu riesci a viverla così diventa quasi una marcia in più. Quando mi descrivono un paesaggio io aggiungo cose. L’udito, gli odori, un suono lontano che non è bloccato… Io ti posso offrire un altro modo, come gli odori. Adesso c’è il muschio per esempio. Aiutiamoci con umorismo e senza paura. Mi piace essere autonoma, ma devo chiedere.
Suor Chiara Antonella è molto bello questo punto di vista…
Tu hai mai provato a chiedere? L’amore aiuta sempre. L’amore donato e ricevuto. A me è successo che a scuola anche i miei compagni erano curiosi dei miei strumenti. Sono arrivata qua e non ho visto questa curiosità e questo mi creava domande su di loro. Perché loro le mie sorelle non entravano nel mio mondo? Poi un giorno arriva questa sorella un bigliettino scritto in braille… mi sono commossa…. C’era scritto dimmi di cosa tu hai bisogno. Mi sento accolta ora. MI dicevano poverina, soprattutto da giovane. Qui no, ed è bellissimo. E ora ho anche un tablet con la quale connettermi e poter leggere e tenermi in contatto con il mondo.
Suor Chiara Antonella lei compone musiche bellissime e come comunità le utilizzate anche per le celebrazioni in monastero.
Si ho un programma che mi permette di scrivere la musica. All’inizio dettavo le note alle mie sorelle, ma non potevo controllare. Non è facile dettare la musica, ora ho la possibilità di scrivere le partiture per le mie sorelle. Mi diverto a scrivere queste composizioni. Una volta, quasi per scherzo, ho provato a metter giù un canto e mi piaceva farlo. Ho scritto anche una messa per un evento. E poi ancora diversi canti, come per l’onomastico della Badessa, mi piace…è il mio modo per esprimere il mio modo interiore e quello che sento e vivo. Io non ho studiato composizione, però le note mi escono dal cuore. Quando ero appena entrata ho musicato il cantico delle creature, dopo più di 20 anni di monastero si è realizzato questo desiderio. E ora ho una musica per questo cantico. Alle sorelle piacciono tantissimo. Io suono l’organo per le Messe, poi utilizzo la cetra da qualche anno.
Come trascorrete le vostre giornate?
Ecco ora vi presento una giornata tipo. C’è un’alternanza tra lavoro e preghiera. Sveglia alle 5.15 tutti i giorni o 5.45 la domenica. Poi abbiamo le Lodi subito insieme, sempre insieme, poi meditazione di 30 minuti. Poi abbiamo l’ufficio delle Letture alle 7. Poi c’è la Santa Messa alle 8, la colazione e fino alle 12 facciamo pulizie, ordine, ognuno ha il suo ufficio, chi sta in cucina, chi in infermeria…Poi abbiamo l’ora sesta. Di seguito pranziamo insieme. C’è un tempo libero, che ognuno può dedicare alle sue cose personali. Poi abbiamo un tempo di silenzio rigoroso. Fino alle 15. Arriva l’ora nona. Poi fino alle 17.30 abbiamo attività di incontri formativi, anche capitoli decisionali, di famiglia. C’è anche una Lettura personale fino alle 18. E ancora i vespri, poi meditazione. Alle 19.30 la cena e la ricreazione comunitaria, di condivisione. Alle 21 abbiamo la compieta, l’ultima preghiera.
Con i social come vi comportate?
È una cosa che dobbiamo ancora definire. In questo momento noi utilizziamo internet per motivi di lavoro. Anche liturgici. Con il permesso della Madre per la lettura dei quotidiani. Anche la posta elettronica, noi facciamo delle catechesi per le persone della parrocchia. I social li utilizziamo per motivi di informazione.
E incontrate la vostra famiglia?
Per le visite personali, i nostri famigliari li vediamo due o tre volte all’anno. Siamo tutte lontane. Possono stare anche qualche giorno. Tutti gli altri dobbiamo concordare le visite con la Madre. Gli amici una volta all’anno. Se c’è una persona che ha bisogno si fa venire di più. Abbiamo due periodi durante l’anno in cui non riceviamo proprio, la Quaresima maggiore, di Pasqua, e la Quaresima di San Martino dal 2 novembre fino all’Avvento. In questi tempi non riceviamo telefonate. Cerchiamo di limitarci. È la nostra Regola. Sono i nostri tempi di raccoglimento.
Come possono le suore in un monastero "essere utili" alla società e alla Chiesa ?
Ti rispondo con una cosa banale, la preghiera. C’è questo prendersi a cuore. C’è un aspetto della maternità che per noi è molto forte, ogni realtà, situazione noi la portiamo come se fosse nostra. Siamo un utero per generare. Una madre si prende a cuore le situazioni, le persone. Io porto tutti nella preghiera, sei parte delle viscere. Partorire Cristo al mondo. Partorire un’umanità nuova. Tutto per noi è figlio. Prego per te ha un significato assoluto, tu sei consegnata a Cristo con la mia preghiera. Un altro aspetto è mettersi nel mezzo. La nostra preghiera non è solo indicare una situazione al Signore, ma noi ci mettiamo nel mezzo tra Dio e l’umanità. Noi siamo qui per intercedere. Siamo il tramite dove l’umanità incontra Dio attraverso noi che stiamo sul monte. E Dio incontra l’umanità tramite noi. Sembra una cosa poco concreta, ma non è così. Questo offrire cade a beneficio del mondo intero. La nostra vita è una costante offerta. Se ci pensi siamo sempre in comunione con tutta la Chiesa. Per un misterioso disegno che noi non capiamo, ma va a beneficio di tutto il mondo. Portiamo le angosce di tutti. Quello che Dio vede misteriosamente arriva anche a te. Tanta gente si avvicina a noi attirata da questi canti, dalla musica, poi sono colpiti perché trovano ascolto. È arrivata una persona disperata ed è rimasta colpita dalla nostra attenzione sui suoi drammi. L’ascolto è tutto.
Un augurio per Natale...
(La storia continua sotto)
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Io quest’anno nella posta sto augurando a tutti la pace. Sembra banale anche questo. Ma la pace è ritrovare la bellezza di rapporti sani e belli. Abbiamo cose belle da darsi e dirsi. La pace che include tante cose. Non è solo l’assenza di guerre. La pace è lo stupore. Un augurio è riscoprire la bellezza del corpo, della carne, dell’incarnazione, delle realtà create. Sapere chiedere al Signore di comprendere la bellezza del Creato. Io dico impariamo a capire perché ti sto facendo un regalo, è saper gioire. Riscoprire pace, stupore, gioia.
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