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Le proposte del Sinodo e le possibili modifiche al Codice di Diritto Canonico

La relazione di sintesi pubblicata al termine della prima sessione della XVI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi elenca decine e decine di proposte e questioni da affrontare in vista della seconda sessione, che si terrà in Vaticano nell’ottobre 2024. Alcune di queste vanno a toccare specificatamente il Codice di Diritto Canonico e il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali per i quali si chiede esplicitamente una revisione (parte I capitolo 1 lettera q-r).

L’ultima edizione del Codice di Diritto Canonico è stata promulgata da Giovanni Paolo II nel 1983, al termine di un lavoro di revisione dell’edizione precedente pubblicata nel 1917 da Papa Benedetto XV. Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali risale invece al 1990 sempre per volontà di Giovanni Paolo II. Esso è sostanzialmente il codice comune a tutte le chiese orientali cattoliche sui iuris.

 

Oltre alla revisione dei Codici le proposte giunte dall’assemblea sinodale sono state quelle di istituire un Consiglio dei Patriarchi e Arcivescovi Maggiori delle Chiese orientali cattoliche presso il Santo Padre; l’eventuale convocazione di un Sinodo Speciale dedicato alle Chiese Orientali Cattoliche; un’adeguata rappresentanza di membri delle Chiese orientali cattoliche nei Dicasteri romani.

E qui entra in scena una delle parole-chiavi del Sinodo, ovvero la corresponsabilità. “E’ un termine – ha spiegato ad ACI Stampa il canonista Rosario Vitale, fondatore di Vox Canonica - forse troppo abusato nell’ambito ecclesiale ma che in realtà dice molto, laddove però venga inteso proprio come il Concilio Vaticano II lo intendeva. Nella Apostolicam Actuositatem questo viene spiegato in maniera peculiare. I laici sono i primi collaboratori dei sacri ministri, e ne condividono le responsabilità. I padri e le madri sinodali hanno ben espresso questo concetto a mio avviso, di fatti nella parte seconda del documento finale intitolata: “Tutti discepoli, tutti missionari” leggiamo: “Piuttosto che dire che la Chiesa ha una missione, affermiamo che la Chiesa è missione”. La riflessione di questi anni ci porta a riflettere sempre di più circa il nostro diritto/dovere di evangelizzare, siamo tutti chiamati ad essere missionari della Parola di Dio, ognuno con i suoi doni e carismi e con la medesima “responsabilità”: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21).

Tra le proposte presentate che sarebbero destinate a toccare i codici, vi è quella circa i ministeri istituiti (parte II capitolo 8 lettera n). Qui si è probabilmente tentato di riportare in auge la questione dei viri probati, di cui si è già discusso durante il Sinodo amazzonico. Vitale ricorda che “si parla di ampliare quello del lettore non solo al ruolo svolto nelle liturgie, bensì anche quello della predicazione, dice il documento: “si potrebbe configurare un vero e proprio ministero della Parola di Dio, che in contesti appropriati potrebbe includere anche la predicazione”. Tale compito ad oggi è riservato esclusivamente ai chierici (vd. Cann. 766; 767 §1). In tal senso, se si vuole portare avanti questa riforma, è necessario cambiare un intero paradigma, giacché la capacitas della predicazione non è qualcosa che attiene alla capacità espositiva o alla preparazione teologica, ma si tratta di una funzione che è riservata a colui il quale è consacrato con il Sacramento dellOrdine sacro, per cui neppure il Vescovo è autorizzato a dispensare dalla norma”. “Mi pare utile – nota il canonista - pensare ad un ministero istituito per le coppie sposate, le quali possono aiutare i futuri sposi nella preparazione a detto sacramento”, una sorta di catechisti ad hoc per le coppie che si preparano al matrimonio.

Un altro punto che richiederebbe la modifica delle norme canoniche, riguarda i laici e la potestà di giurisdizione (parte II cap. 9 lettera r). La relazione finale recita “proponiamo che donne adeguatamente formate possano essere giudici in tutti i processi canonici”. “Importante – osserva Rosario Vitale - è questa proposta, poiché ad oggi le donne possono fare da giudici solo in un collegio e non come giudice monocratico. Questo perché se così non fosse, si dovrebbe cambiare un altro paradigma, ovvero quello che si riferisce alla potestà di governo, la quale per istituzione divina può essere esercitata solo da coloro i quali sono insigniti dell’ordine sacro (cfr. Can. 129 - §1). Ad oggi infatti i laici a norma del can. 129 - §2, possono cooperare (cooperari possunt) nellesercizio di questa potestà, che è ben diverso dal poterla effettivamente esercitare motu proprio. Ma ci si potrebbe chiedere; se questa potestà possono esercitarla collegialmente, perché non possono esercitarla anche singolarmente? Questa è la domanda che si sono posti i partecipanti al Sinodo, una questione ancora aperta e che si dibatterà alla prossima sessione. Infatti il documento sinodale continua dicendo: “Va approfondita la questione del rapporto tra sacramento dell’Ordine e giurisdizione, alla luce del magistero conciliare di Lumen gentium e degli insegnamenti più recenti, come la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, per precisare i criteri teologici e canonici che sono alla base del principio di condivisione delle responsabilità del Vescovo e determinare ambiti, forme e implicazioni della corresponsabilità”.

Infine – conclude nel colloquio con ACI Stampa il canonista Vitale – “si propone di rendere obbligatorio codificandolo, il Consiglio Pastorale nelle parrocchie, ad oggi strumento consultivo e facoltativo”. 

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