Per la seconda volta, due vescovi cinesi hanno potuto prendere parte al Sinodo dei vescovi a Roma. Dopo la presenza di due vescovi nel 2019, anche nella prima parte del Sinodo su “Comunione, Missione e Partecipazione” ci sono stati dei vescovi provenienti dalla Cina continentale. Uno di loro, Giuseppe Yang Yongquiang, è stato poi nominato lo scorso 12 giugno vescovo di Hangzhou da Papa Francesco, ed è una delle nomine episcopali maturate nell’ambito dell’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi. Ha raccontato la sua esperienza al Sinodo accogliendo la delegazione della diocesi di Nanchang, nella provincia di Sichuan, in quello che sembra essere ormai una prassi regolare di scambio di esperienze tra le diocesi. L’incontro è avvenuto nella seconda metà di luglio.
La relazione di sintesi pubblicata al termine della prima sessione della XVI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi elenca decine e decine di proposte e questioni da affrontare in vista della seconda sessione, che si terrà in Vaticano nell’ottobre 2024. Alcune di queste vanno a toccare specificatamente il Codice di Diritto Canonico e il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali per i quali si chiede esplicitamente una revisione (parte I capitolo 1 lettera q-r).
Alla fine della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, diverse parole o espressioni sono state al centro di queste quattro settimane di lavori assembleari. Vediamo nel dettaglio – anche alla luce della relazione di sintesi – quali sono state le parole o le espressioni che hanno caratterizzato i lavori.
Non le strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo. Il centro di tutto, punto di partenza è “amare Dio e il prossimo”. E per farlo si deve “adorare e servire”, perché “adorando Lui ci riscopriamo liberi noi”, e perché “non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo”. Papa Francesco indica questa strada nella messa che conclude questa prima tappa del Sinodo su Comunione, Missione e Partecipazione. E chiede che l’adorazione sia centrale, per i pastori e per le comunità, per ripartire davvero da Gesù Cristo.
La riforma del C9 in un Consiglio Sinodale. La richiesta di istituire un Consiglio di Patriarchi e arcivescovi maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche presso il Santo Padre. Le proposte di approfondire vari cammini, da quelli del diaconato femminile a quelli riguardanti l’identità di genere, e persino la poligamia in Africa (ma è un punto su cui c’è stata vasta contrarietà). E la consapevolezza che “la Parola di Dio viene prima della parola della Chiesa”. Si presenta in 42 pagine, 3 parti (Il volto della Chiesa sinodale”, “Tutti discepoli, tutti missionari”, “Tessere legami, costruire comunità”) e ogni paragrafo diviso in convergenze, questioni da affrontare e proposte il testo di sintesi del Sinodo sulla sinodalità, o per meglio dire su comunione, missione e partecipazione.
L’ultimo briefing di questa prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi è stata l’occasione per fare il punto in vista della pubblicazione della relazione di sintesi che sarà votata domani pomeriggio dall’assemblea sinodale.
Quaranta pagine, tre parti, venti paragrafi e una conclusione: si presenta così il documento di sintesi del Sinodo 2023, nella sua bozza ancora non emendata. Alcuni paragrafi saranno cambiati, altri avranno una nuova formulazione, ma la struttura e le parti della bozza resteranno essenzialmente quelle già delineate. Resta aperta, invece, la questione della road map da portare avanti nell’anno che porterà alla seconda tappa del Sinodo, mentre tra le proposte è quella di istituire un sinodo permanente di vescovi eletti dalle conferenze episcopali a sostegno del ministero petrino.
Le pressioni per l'ordinazione delle donne, la fine del celibato sacerdotale e un cambiamento nella morale sessuale cattolica per accettare l'omosessualità sono venute alla luce all'inizio della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi che per la prima volta riunisce non solo i vescovi, ma anche i laici con diritto di voto.
“Mi piace pensare alla Chiesa come al popolo fedele di Dio, santo e peccatore. Mi piace pensare alla Chiesa come popolo semplice, umile che cammina alla presenza del Signore. E’ ancora più bello parlare del santo popolo fedele di Dio. Dico popolo fedele per evitare di cadere nei tanti approcci e schemi ideologici con cui viene ridotta la realtà del popolo di Dio”. Sono le parole di Papa Francesco, pronunciate nel corso della 18/ma Congregazione Generale del Sinodo che si è svolta nel pomeriggio in Vaticano.
Siamo ormai alle battute finali di questa prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata alla sinodalità. Dopo tre settimane di lavori - oggi è stato invece un giorno di vacanza - ci si prepara al documento di sintesi che sarà elaborato entro sabato. Sarà l'occasione per il fare punto su quanto discusso in quello che in ambito calcistico potrebbe essere chiamato il primo tempo, o per dirla con il Cardinale Cristobal Lopez Romero solo la fase di riscaldamento.
“Un primo elemento che mi ha colpito e che condivido volentieri è il fatto che molti vescovi presenti conoscono Milano e non pochi di loro sono stati nella nostra diocesi a esercitare il ministero e quindi molti hanno questa grande riconoscenza e ammirazione per la nostra chiesa”. Lo ha detto l’Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, nel video pubblicato sul sito dell’Arcidiocesi Ambrosiana in occasione del secondo “report” dell’Arcivescovo sulla sua esperienza al Sinodo.
La “Lettera al popolo di Dio” dei padri e delle madri sinodali non è una novità. Da sempre, il Sinodo dei vescovi ha inviato, al termine dei suoi lavori, un messaggio al popolo di Dio, o una lettera, o un documento che comunque si riferisse ai fedeli di tutto il mondo. Allo stesso tempo, questa lettera deve avere qualche novità, perlomeno nella stesura. Non può essere uguale al documento di sintesi che sarà invece approvato alla fine del Sinodo. Deve, soprattutto, dare il senso dei lavori del Sinodo.
È la voce dell’Asia, territorio di antica evangelizzazione e dalle molte religioni, quella che il Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, porta al Sinodo dei vescovi, nell’omelia che apre l’ultima settimana della XVI assemblea generale del Sinodo. Il Cardinale Bo parla anche delle sfide della Chiesa in Myanmar, della Chiesa in Asia, dell’impatto ambientale, ma sottolinea anche l’importanza di un cammino sinodale che “non è un’odissea nello spazio preprogrammata”, e che ha l’intenzione di “guarire e riconciliare il mondo in giustizia e pace”.
Terminata la terza settimana di lavori della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, anche oggi è stato fatto il punto della situazione nel consueto briefing con la stampa.
La certezza di questo sinodo è che non c’è niente di certo, nemmeno il programma dei lavori. Così, la Commissione per la Relazione di Sintesi ha deciso nuovi criteri per la redazione del testo, che di fatto vanno a cambiare il calendario stesso dell’assemblea sinodale. È il segno che il processo di ascolto non permette una organizzazione, e che comunque si lavora molto sull’emotività del momento. Ma rappresenta anche un rischio: ci sarà mai qualcosa di davvero definito?
Il Papa che ha cominciato i suoi viaggi apostolici da Lampedusa presiede un momento di preghiera con tutti i padri sinodali davanti la statua “Angel Awareness”, che in piazza San Pietro ricorda il dramma dei migranti e rifugiati di oggi. E, con una riflessione centrata sulla parabola del Buon Samaritano, mette in luce che si deve agire oggi perché i viandanti “non cadano vittime dei briganti”.
“Abbiamo visto vescovi, laici, consacrati e consacrate di tutto il mondo e quindi potremmo dire che qui c'è tutta la Chiesa e qui è rappresentato tutto il mondo: però in più interventi è stato ricordato che non ci sono qui soltanto quelli che sono fisicamente presenti ma potremmo dire che è presente tutta una vicenda di Chiesa che ha percorso gli anni passati come anni di consultazione molto capillare. E’ presente quindi tutta la Chiesa che si è espressa per rispondere alle domande che il sinodo ha posto. E poi una cosa che forse è più importante di altre è che qui abbiamo ricordato che sono presenti i martiri, cioè quelli che per la loro fede hanno pagato con la vita, qui sono presenti i santi, quelli che nelle diverse chiese della terra e nei diversi tempi della storia hanno amato la Chiesa hanno dedicato la vita al Vangelo. Ecco mi piacerebbe che l'immagine che noi conserviamo di questa assemblea sinodale non sia solo quella delle presenze fisiche ma sia una comunione dei santi che desidera guardare a questo tempo, amare questa Chiesa e offrire percorsi promettenti per il Vangelo oggi e nel futuro e tutti noi che cerchiamo di condividere speranze, domande, preoccupazioni e fraternità”. Così l’Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, fa il punto sulla sua esperienza al Sinodo che si sta svolgendo in Vaticano con un lungo video pubblicato sul sito dell’Arcidiocesi Ambrosiana.
Il Sinodo è un organismo consultivo, servono tempo e pazienza. Lo hanno ribadito oggi i partecipanti alla XVI Assemblea Generale Ordinaria intervenuti nel consueto briefing con la stampa.
“Tutto quello che ci unisce è che siamo tutti amati figli di Dio. Se ci sono persone emarginate e sofferenti ci riguarda nel cammino sinodale. Certamente l’insegnamento cattolico è alla base di tutto il Sinodo. La benedizione delle coppie gay non è il tema centrale della conversazione, si è parlato più della formazione, del ministero ordinato, dell’opzione per i poveri, non è il tema del sinodo la benedizione delle coppie omosessuali. Se ne accenna semmai in un altro senso: stiamo parlando del modo in cui la Chiesa è inclusiva, accogliente. Il tema centrale è come la Chiesa riscopre il senso della comunione sulla base del Vangelo e della tradizione”. Lo ha detto aprendo il briefing odierno sui lavori del Sinodo il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini.
L’esperienza dei due vescovi cinesi inviati al Sinodo potrebbe terminare già oggi. Secondo alcune fonti, i due vescovi provenienti dalla Cina che hanno partecipato al Sinodo dovrebbero imbarcarsi già il 16 ottobre per tornare nella madre patria, terminando così una breve e intensa esperienza. La loro presenza al Sinodo ha comunque aperto ad una serie di interrogativi non di poco conto.