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Papa Francesco: “Adorando Dio, ci riscopriamo liberi noi”

Messa di conclusione del Sinodo, Basilica di San Pietro, 29 ottobre 2023

Non le strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo. Il centro di tutto, punto di partenza è “amare Dio e il prossimo”. E per farlo si deve “adorare e servire”, perché “adorando Lui ci riscopriamo liberi noi”, e perché “non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo”. Papa Francesco indica questa strada nella messa che conclude questa prima tappa del Sinodo su Comunione, Missione e Partecipazione. E chiede che l’adorazione sia centrale, per i pastori e per le comunità, per ripartire davvero da Gesù Cristo.

Alla fine, è stato licenziato un testo di sintesi, 42 pagine fortemente emendate, al termine di una discussione finale lunghissima e come corollario di un dibattito che si è giocato molto sui media, non solo nell’aula sinodale. Al termine di questo percorso, Papa Francesco cerca di rimettere l’amore per Dio e per il prossimo al centro della vita della Chiesa, in una omelia un po’ più lunga degli standard, in una Basilica di San Pietro colma di padri sinodali ma anche di cardinali e vescovi di Curia.

Amare Dio, dunque, con uno slancio di amore che significa “adorare e servire”.

Prima di tutto, adorare, perché “l’adorazione è la prima risposta che possiamo offrire all’amore gratuito e sorprendente di Dio”, significa “riconoscere nelle fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della Chiesa, le sorti della storia. Lui è il senso del vivere: il fondamento della nostra gioia, la ragione della nostra speranza, il garante della nostra libertà”.

Papa Francesco sottolinea che adorando Dio “ci riscopriamo liberi noi”, e infatti nella Scrittura l’amore per Dio è “associato alla lotta contro ogni idolatria”, perché “mentre dio libera, gli idoli rendono schiavi”, e “ci ingannano e non realizzano mai ciò che promettono”.

Insomma – dice Papa Francesco, riprendendo il Cardinale Martini – “la Scrittura è severa contro l’idolatria perché gli idoli sono opera dell’uomo e da lui sono manipolati, mentre Dio è sempre il Vivente”

Il Papa mette in guardia dal rischio di voler “controllare Dio” e di “rinchiudere il suo amore nei nostri schemi”, mentre “il suo agire è sempre imprevedibile e perciò domanda stupore e adorazione”.

Papa Francesco ribadisce che dobbiamo “sempre lottare contro le idolatrie: quelle mondane, che spesso derivano dalla vanagloria personale, come la brama del successo, l’affermazione di sé ad ogni costo, l’avidità di denaro, il fascino del carrierismo; ma anche quelle idolatrie camuffate di spiritualità: le mie idee religiose, la mia bravura pastorale...”

Il Papa chiede dunque di vigilare perché “non ci succeda di mettere al centro noi invece che lui”, e questo si raggiunge attraverso la adorazione. Allora Papa Francesco chiede che l’adorazione “sia centrale per noi pastori”, che “la Chiesa sia adoratrice” e invita ad adorare il Signore “in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità”, perché “solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a Lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito. Fratelli e sorelle, adoriamo il Signore Gesù!”

Quindi, Papa Francesco spiega il senso del verbo “servire”. Per il Papa, “non esiste una vera esperienza religiosa che sia sorda al grido del mondo. Non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo, altrimenti si rischia il fariseismo”. E aggiunge: “Magari abbiamo davvero tante belle idee per riformare la Chiesa, ma ricordiamo: adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma”.

Il mandato di Papa Francesco è dunque quello di essere “Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli e degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri”.

Infine, Papa Francesco rivolge un pensiero “a quanti sono vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce. E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle. È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società”.

Ma i discepoli di Gesù sono chiamati a “portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo”, ponendo “Dio al primo posto e insieme a Lui coloro che Egli predilige, i poveri e i deboli”. Il Papa delinea il sogno di una Chiesa “serva di tutti, serva degli ultimi”, che “non esige mai una pagella di buona condotta, ma accoglie, serve, ama”, che sia “porto di misericordia”.

Riferendosi all’assemblea sinodale, Papa Francesco spiega: “Oggi non vediamo il frutto completo di questo processo, ma con lungimiranza possiamo guardare all’orizzonte che si apre davanti a noi: il Signore ci guiderà e ci aiuterà ad essere Chiesa più sinodale e missionaria, che adora Dio e serve le donne e gli uomini del nostro tempo, uscendo a portare a tutti la consolante gioia del Vangelo”.

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