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Il Cardinale Stepinac beato. Accadeva 25 anni fa

Giovanni Paolo II e il Cardinale Bozanic il giorno della beatificazione del Cardinale Stepinac

Una Messa nel santuario di Santa Marija Bistrica, dove una pioggia di petali di rose è stata diffusa in suo onore su iniziativa della rivista cattolica Glas Koncila, che celebra anche i sessanta anni dalla sua fondazione. E una Messa a Zagabria, la città di cui fu arcivescovo, e dove fu processato in maniera ingiuriosa. Il 3 ottobre 1998, 25 anni fa, il Cardinale Alojzije Stepinac veniva beatificato da San Giovanni Paolo II. Le celebrazioni in Croazia, dove non ci sono dubbi sulla sua santità, non potevano che essere grandi e importanti.

Così importante che il Cardinale Bozanic, che nel 1998 aveva appena assunto l’incarico di arcivescovo di Zagabria, ha rinunciato a partecipare al Concistoro per essere presente alle celebrazioni. Fu lui a salutare San Giovanni Paolo II all’inizio della Messa di beatificazione. E sempre lui ha portato in questi anni avanti la causa di canonizzazione del Beato Stepinac, raccogliendo documenti, cercando di rompere l’interpretazione dei serbi ortodossi che lo consideravano vicino agli Ustascia nazisti e dunque non degno di essere beatificato, e che hanno fatto una pressione tale che il Papa ha deciso di stabilire una commissione storica congiunta cattolico-ortodossa. Commissione che, nemmeno a dirlo, non ha raggiunto un risultato unanime, e così la canonizzazione, con tanto di miracolo già riconosciuto e processo ormai terminato, non va avanti.

In una intervista a Glas Koncila a margine delle celebrazioni nel santuario di Marija Bistrica, il cardinale Bozanic ha definito la beatificazione del Cardinale Stepinac come “necessaria per noi come Chiesa e come nazione”, diventando “bussola per le nostre azioni”.

Il Cardinale Bozanic ricorda il momento della beatificazione come “un dono” che ha segnato anche il suo ministero episcopale, ricorda la “travolgente esperienza di gioia del popolo riunito”, sottolinea che il Cardinale Stepinac “portò nel suo cuore l’intera nazione sia nel servizio attivo che durante la prigionia”.

L’arcivescovo emerito di Zagabria ha detto che il Cardinale Stepinac è “forza e sostegno, perché testimone di speranza” per la nazione croata, che – diceva il Cardinale Tauran – non è vista di buon occhio da molti perché è “una società a maggioranza cattolica”.

Ma chie era il beato Alojzije Stepinac? È – spiega il cardinale Bozanic – “innanzitutto un uomo di Chiesa: credente, cristiano, vescovo, arcivescovo di Zagabria. Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto da quella posizione. Il beato Stepinac non dovrebbe essere collocato in nessun'altra cornice. È vero che aveva influenza; che il suo agire ha avuto un riflesso anche in ambito sociale, ma lo ha sempre fatto come uomo di Chiesa e come arcivescovo. Sono sicuro che chiunque studierà la vita del beato Luigi da questa prospettiva farà scoperte benefiche. Partiamo innanzitutto dal fatto che il beato Stepinac è ​​un maestro della coscienza formata dal Vangelo. Ci chiama a coltivare la nostra coscienza di cristiani e a vivere secondo tale coscienza. È un testimone di speranza. Se seguendo la nostra coscienza dobbiamo soffrire per questo, resta la speranza che vince. Lo testimonia il beato Luigi.

In occasione della celebrazione sull’area della chiesa all’aperto del Beato Alojzije Stepinac,  avvenuta una pioggia di diecimila rose, un atto di voto della “santa delle rose”, Santa Teresa di Gesù Bambino, lanciate da un elicottero. L’iniziativa è stata organizzata dalla fondazione “Santa Maravillas di Gesù” e del settimanale cattolico croato Glas Koncila, il quale con questo atto ha ricordato i sei decenni della sua continua pubblicazione.

 Anche a Zagabria si è tenuta una Messa per ricordare il 25esimo della beatificazione. L’arcivescovo Kutlesa, nella sua omelia, ha detto che “Stepinac è un dono, il dono di Dio al popolo croato in uno dei momenti più importanti della sua storia”., e fu così “libero da ogni giudizio umano e da ogni opinione inventata dall'ideologia dominante sulla sua colpevolezza, lasciò alla provvidenza di Dio il compito di difenderlo. Perché i martiri non sono schiavi di ideologie, tendenze e influenze, ma persone libere la cui unica direzione è Gesù Cristo e il suo Vangelo”.

Cosa rende grande il beato Stepinac? Prima di tutto “la fede in Dio”, dice l’arcivescovo Kutlesa. E poi, continua, “il beato Alojzije Stepinac era un uomo dallo spirito penetrante e profetico, che prevedeva che un giorno sarebbe avvenuta l'unificazione dell'Europa. 

Eppure “già più di ottant’anni fa il beato Alojzije mise a nudo la più grande debolezza dell’Europa contemporanea: la perdita della sua identità cristiana, delle sue radici spirituali, del suo patrimonio, dei suoi costumi, della verità storica e dei simboli cristiani nello spazio pubblico. L'Europa cerca di vivere un umanesimo senza Dio, dimenticando che le virtù sociali, la giustizia sociale e la solidarietà, la cura del prossimo, la cura della natura e dell'ecologia sono valori profondamente cristiani.

La seconda caratteristica del Cardinale Stepinac è l’amore per ogni persona, indipendentemente dalla religione e dall'origine, come oltre a perdonare gli odiatori, rende Stepinac davvero eccezionale, al punto da partecipare al salvataggio di “persone di ogni nazionalità e religione, compresi gli stessi comunisti”. 

L’arcivescovo Kutle ricorda che Winston Churchill si espose a favore del Cardinale Stepinac durante il processo, e anche Louis Breier, presidente degli Ebrei americani, che il 13 ottobre 1946 negò con forza che fosse amico e dei nazisti, e che anzi a partire dal 1934 egli “fu un vero amico degli Ebrei, che in quei giorni gemevano sotto le persecuzioni di Hitler e dei suoi servitori”, divenendo “una della poche persone in Europa che si è opposta alla tirannia nazista in un momento in cui era pericolosa, esprimendosi senza timore e apertamente contro le leggi razziali di Norimberga”.

E non solo. Il Beato Stepinac, continua Kutlesa, si preoccupava “degli orfani di guerra nei monasteri, nei collegi, negli orfanotrofi”, anche se la sua più grande preoccupazione era per “le anime che si perdono nell’empietà”.  L’arcivescovo di Zagabria ricorda che “i comunisti che lo condannarono sapevano che era stato condannato ingiustamente per necessità politica”.

Infine, l’ultima sua caratteristica era “l’amore al Papato e alla Chiesa Cattolica”, in un periodo “particolarmente difficile” segnato da “una generazione di vescovi, preti e monaci pronti a morire per non tradire Cristo”, e il Beato Stepinac divenne “vero pastore e modello in quel difficile periodo storico”.

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