Roma, 27 September, 2023 / 2:00 PM
“Cooperatores veritatis” era il motto scelto da Benedetto XVI, come vescovo prima e come Papa poi. È il motto che sintetizza l’attività di una vita, perché per il professor Ratzinger la verità non era qualcosa che si possedeva, ma qualcosa che veniva verso di te, come era appunto la Verità suprema, quella di Cristo, che nasce da un incontro. Ora che Ratzinger / Benedetto XVI non c’è più, spetta a coloro che hanno studiato con lui e che dopo di lui hanno cominciato a studiarne il pensiero ad essere “Cooperatori della verità”. In effetti, è stato questo il tema della riunione del Ratzinger Schuelerkreis dello scorso 23 settembre, il primo da quando il Maestro non c’è più.
L’evento ha visto anche il ritorno a Roma dell’arcivescovo Georg Gaenswein, per anni segretario particolare di Benedetto XVI, che ha chiuso l’incontro di ex allievi con un dialogo con il sacerdote greco-ortodosso Stefanos Athanasiou, che fu uno dei relatori dell’incontro dello scorso anno.
Parlando di Benedetto XVI, Gaenswein ha raccontato di come il Papa emerito avesse conquistato grazie alla gentilezza e all’intelletto, alle sue risposte chiare “anche quando la domanda non era chiara”. Segno di questa conquista silenziosa è stata la presenza delle persone ai funerali, “più di quello che si potesse aspettare.
Gaesnwein ha detto di aver apprezzato da studente i libri del professor Ratzinger, e di averlo poi potuto ammirare ancora di più quando lo ha assistito come officiale della Congregazione della Dottrina della Fede e come segretario del cardinale, del Papa regnante e del Papa emerito.
L’intervento di Gaenswein – che insieme al Cardinale Kurt Koch ha celebrato anche una Messa sulla tomba di Benedetto XVI per gli allievi dello Schuelerkreis.
Una panoramica degli interventi: dopo la breve introduzione del professor Christoph Ohly (Università di Teologia Cattolica di Colonia), il cardinale Kurt Koch ha illustrato i principi fondamentali del pensiero teologico di Joseph Ratzinger.
Il professor Ralph Weimann ha poi approfondito il pensiero di Ratzinger sulla rivelazione e sulla fede in un Dio parlante.
Padre Sven Leo Conrad, di Wigratzbad ha sottolineato nel suo intervento l'importanza della liturgia, mentre l'abate di Heiligenkreuz, Maximilian Heim, ha parlato della “comunità di fede”. Il prelato Markus Graulich ha sottolineato l'importanza della fede cristiana per la società.
In particolare, l’abate Heim ha notato come il principio di “Popolo di Dio” ricevuto dalla ecclesiologia cattolica “aveva uno straordinario dinamismo, ma si è spesso ridotto nel dopo Concilio ad un contesto puramente sociologico”, andando a trascurare il significato “storirco di salvezza inteso nell’Antico e nel Nuovo Testamento”.
Heim ha analizzato anche il modo in cui il professor Ratzinger affrontava il problema, a partire dalla sua definizione di Chiesa del 1956, mutuata da San Paolo, che descriveva la Chiesa come “quella comunità che esiste nel visibile e l’assemblea di culto ordinata conferma la sua natura invisibile come Corpo di Cristo”.
Così, Benedetto XVI si riferiva essenzialmente a Gesù Cristo “venuto a redimere tutti i popoli”. Da qui, la straordinaria importanza data da Benedetto XVI proprio alla vita e alla storia di Gesù, e al ruolo essenziale che ha la liturgia.
Il professor Weinmann ha invece sottolineato che l’obiettivo della vita di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI era quello di essere “servitore della verità”, e per verità si intende “la verità di fede, la sua rivelazione e la accettazione stessa della fede”.
Il Cardinale Koch si è piuttosto soffermato proprio sulla liturgia, a partire da quello che Benedetto XVI ha scritto nella sua autobiografia “La mia vita”: “Come ho imparato a comprendere il Nuovo Testamento come l’anima di tutta la teologia, così ho compreso la liturgia come la sua ragione di vita, senza il quale deve appassire”. I due ambiti che qui menziona e che per lui sono indissolubilmente legati, cioè l'esegesi del Nuovo Testamento e la celebrazione della liturgia, furono sempre al centro della sua attività teologica di professore, vescovo, cardinale e papa”.
Il Cardinale Koch ha ricordato che “in tutta la sua riflessione teologica, Joseph Ratzinger parte dalla Parola di Dio così come è esposta nella Sacra Scrittura. Perché la Bibbia è la testimonianza più chiara della lotta di Dio con le persone e della lotta delle persone con Dio che si possa vedere nella storia”.
Per Joseph Ratzinger – spiega il cardiale – “l'Antico e il Nuovo Testamento non possono quindi essere letti come due libri diversi, ma solo nella loro unità”.
Il cardinale Koch ha sottolineato che il secondo focus del lavoro teologico di Joseph Ratzinger è stato proprio la “liturgia della Chiesa” perché “l'interpretazione e l'annuncio della Parola di Dio sono affidati alla preoccupazione fondamentale che la Sacra Scrittura non sia percepita semplicemente come parola del passato, ma anche e soprattutto come parola viva e attuale”.
Secondo Benedetto XVI, “la liturgia non è semplicemente una rappresentazione isolata nella Chiesa e non semplicemente una manifestazione della vita della Chiesa tra le altre, ma piuttosto la sua rappresentazione elementare e fondamentale, nel senso che la Chiesa non solo celebra la liturgia, ma la liturgia costruisce anche la Chiesa. e lo mantiene in vita, lo riceve. La liturgia è, per così dire, il cuore della Chiesa, da cui sgorga il sangue della fede nella vita ecclesiale quotidiana, dove viene consumarsi per raccogliersi nuovamente nel cuore ed essere purificati”.
Continua il Cardinale Koch: per Joseph Ratzinger “la celebrazione dell'Eucaristia è l'atto più elementare e più profondo del culto della Chiesa e manifesta l'essenza più intima della Chiesa, che essa sempre scaturisce attraverso l'Eucaristia”.
Ma questa concentrazione sulla Parola di Dio e sull’interpretazione della Scrittura verrebbe “fraintesa se il cristianesimo fosse percepito come una religione del libro, come l'ebraismo e, in misura più severa, come L'Islam vede se stesso. Per Joseph Ratzinger, invece, è evidente che il cristianesimo ha la Sacra Scrittura, ma non è una religione libresca, bensì è più e più profondo della Sacra Scrittura. Il cristianesimo, nella sua essenza più intima, è piuttosto l'incontro e la confessione con una persona nella quale si è concretamente mostrata e rivelata la fonte divina di ogni realtà”.
Da qui, quello che Benedetto XVI considera “il significato e la missione della teologia cristiana”, la quale “nel suo nucleo più intimo, è teologia della rivelazione e quindi la riflessione disciplinata di ciò che Dio ha precedentemente pensato e detto a noi esseri umani. Parte da una risposta che non ha trovato da sola e che in linea di principio non può inventare da sola, ma che è molto più grande del suo stesso pensiero e con la quale deve misurarsi costantemente”.
La teologia cristiana, secondo Benedetto XVI, è “innanzitutto obbligata a interrogarsi sulla verità di ciò che Dio ci ha rivelato su se stesso”. E “il principio guida di voler essere collaboratore della verità costituisce il filo conduttore nella vita e nell'opera di Joseph Ratzinger e testimonia una continuità profonda e interiore nella sua biografia: da un lato, Joseph Ratzinger vede sempre e principalmente i suoi sforzi teologici come co -pensatori di tutta la Chiesa e in questo senso elementare inteso come servizio della Chiesa alla verità della fede data oggettivamente”.
Insomma, spiega il Cardinale Koch, la preoccupazione centrale di Benedetto XVI “è espressa proprio con la parola chiave ‘verità’. Il suo pensiero teologico ruota attorno alla predeterminabilità e riconoscibilità della verità, motivo per cui vede l'uomo non solo come creatura capace di verità, ma anche bisognosa di verità, la cui aspirazione più profonda è rivolta alla conoscenza della verità.” E “ciò che Joseph Ratzinger dice delle persone in generale vale ancora di più per i credenti. Perché fa parte dell'essenza della fede cristiana il fatto che essa cerchi la propria ragione e in essa la ragionevolezza di tutto ciò che è reale e della ragione stessa e quindi pretenda di essere vera”.
Il Cardinale Koch fa un discorso molto denso, va anche a fondo sul rapporto tra fede e ragione, e sull’identificazione della verità nell’amore di Dio. Quello che viene fuori è un quadro particolarmente interessante.
Perché il pensiero di Benedetto XVI è, in fondo, un freno alla deriva sociologica nella Chiesa. Di fronte alla sociologia della religione e la sociologizzazione della fede, la teologia di Benedetto XVI chiede di rimettere Gesù Cristo al centro.
(La storia continua sotto)
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