Città del Vaticano , 30 August, 2023 / 2:00 PM
Non c’è ancora una lista ufficiale dei partecipanti all’incontro ecumenico e interreligioso che Papa Francesco presiederà all’Hun Center di Ulanbaatar alle 10 del mattino di domenica 3 settembre. Gli occhi, comunque, sono tutti puntati su quell’incontro, che potrebbe avere, alla fine, un impatto diplomatico superiore a ciò che si pensa. E questo perché il buddhismo praticato in maggioranza dalla popolazione mongola non è un buddismo qualunque, ma il buddhismo tibetano.
E qui si entra in un territorio delicato, che riguarda anche i rapporti con la Cina. Pechino è, infatti, preoccupata che la Santa Sede possa, anche indirettamente, mostrare di sposare la causa del Tibet. E il controllo cinese sul Tibet passa anche attraverso una pretesa politica sulla religione, ovvero quella, per la Repubblica Popolare di Cina, di nominare personalmente quelli che vengono reincarnati.
È stato invece il Dalai Lama a ufficializzare che il decimo Khalkha Jetsun Dhampa Rinpoche, ovvero il capo spirituale della Mongolia, si sarebbe reincarnato in un bambino di 8 anni, di cui non si è definito il nome, ma di cui si sa che è uno dei gemelli dell’importante famiglia mongola Altassar. Una mossa che non è piaciuta alla Cina.
Papa Francesco lo incontrerà? Non è dato sapere. Di certo, all’incontro ci saranno i leader religiosi, a partire da Khamba Lama Gabju Demberel Choijamt, il “numero 3” della gerarchia del buddhismo mongolo, formatosi sotto persecuzione e dominazione sovietica, ma diventato lama due anni dopo l’indipendenza. La sua presenza, anche, potrebbe rappresentare un problema per la Cina, se non altro per la sua volontà di rilanciare il buddhismo, non dando per scontato che in Mongolia ci si trovi in una società a tradizione buddhista.
La questione interreligiosa, così, sarà cruciale anche per comprendere quali ricadute potrebbe avere il viaggio di Papa Francesco. Di certo, il rapporto con il buddhismo tibetano vuole prudenza. E il Papa, in questo, ha sempre mantenuto una sana prudenza, evitando anche di incontrare il Dalai Lama.
Il primo esponente cattolico del dialogo con il buddhismo in Mongolia è il Cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbatar. Papa Francesco è rimasto affascinato dal Cardinale Marengo e dal suo racconto di come si vive la missione in Mongolia. Per Papa Francesco, la Mongolia è una “terra di mezzo”, che tocca i due posti dove più di tutti vorrebbe andare: la Cina e la Russia.
Nel 2022, in occasione dei 30 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Mongolia, una delegazione buddhista dalla Mongolia ha avuto una intensa attività di incontri in Vaticano, accompagnata proprio da Marengo, che al tempo Papa Francesco non aveva ancora creato cardinale.
Si trattava di una delle prime visite ufficiali di una delegazione buddista mongola, perché precedentemente c’erano state visite private, ma in forma non ufficiale.
È evidente che il dialogo interreligioso è una chiave di lettura fondamentale per comprendere la visita del Papa. Questo dialogo si svolge tramite il Dicastero per il Dialogo Interreligioso (DID), la Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (FABC), il Dialogue Interreligieux Monastique-Monastic Interreligious Dialogue (DIM-MID). In particolare, il lavoro del dialogo è portato avanti sulla base di una “cultura della compassione”.
Uomo chiave di questo dialogo, in Vaticano, è il segretario del dicastero, monsignor Indunil Janakaratne Kodithuwakku. Lavora lì dal 2012, è noto perché da professore della Pontificia Università Urbaniana portava i suoi studenti ad incontrare i monaci buddhisti.
I partner nel dialogo sono tutti particolarmente istituzionali. A novembre, a Bangkok, si terrà il settimo colloquio buddhista cristiano. Il colloquio si terrà presso la Maha Chulalongkorn Raja Vidhyalaya University, un'università buddista Theravada. Tra i coordinatori dell’evento c’è anche la Maha Makut Buddhist University, associata alla tradizione Mahayana, per cui le due scuole di pensiero buddista più importanti saranno entrambe rappresentate.
La visita del Papa in Mongolia arriva insomma al culmine di quasi 60 anni di miglioramenti nel dialogo tra cattolici e buddisti.
Tuttavia, proprio per non rovinare questo dialogo, non ci dovrebbero essere temi politici. L’incontro ecumenico e interreligioso del 4 settembre dovrebbe vedere presenti solo i partner del dialogo, evitando situazioni ad alto potenziale diplomatico. E, in effetti, il Papa non ha mai incontrato il Dalai Lama, nemmeno in forma privata.
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