Perché Papa Francesco è andato in Mongolia? È lo stesso Papa a rispondere alla domanda, nella catechesi di oggi, spiegando che “è proprio lì, lontano dai riflettori, che spesso si trovano i segni della presenza di Dio, il quale non guarda alle apparenze, ma al cuore”.
Papa Francesco a tutto campo: il dialogo con la Cina, che va avanti, con una commissione mista per la nomina dei vescovi presieduta dal Cardinale Parolin (ed è uno sguardo anche sull’accordo sino-vaticano) . Il concetto della “mistica del terzo vicino” applicato alla Mongolia, a significare la capacità di un Paese di cercare gli altri non per colonialismo, ma per dialogo. L’elogio del Vietnam, un Paese che ha avuto voglia di impegnarsi nel dialogo. Il chiarimento sulle sue parole su Pietro il Grande e Caterina II ai giovani russi, scambiate per un appoggio all’imperialismo. E poi il Sinodo, il cui protagonista è lo Spirito Santo, e l’accusa all’ideologia, una “acqua distillata che non dà sapore”, e la prossima pubblicazione della “Laudato Si bis”, se così si può chiamare, ovvero l’esortazione apostolica che punta ad aggiornare l’enciclica del 2015.
Quello che resta più impresso del viaggio del Papa in Mongolia è forse il momento in cui entra nella ger di Tsetsege, la donna che ha trovato una piccola statua della Madonna in una discarica. In quel gesto, c’era molto della storia del viaggio: una casa portatile, segno del nomadismo di un popolo, portata proprio nel cortile della Chiesa, dove il Papa ha potuto toccare con mano cosa è la vita nella ger; una Vergine che appare all’improvviso là dove non ce la si aspetterebbe, e non tanto perché sta in una discarica, ma perché quella discarica è in un posto dove ci sono pochissimi cattolici; e una Chiesa che capisce l’importanza simbolica di tutto questo, e porta quella statua nella sua cattedrale.
Il congedo dalla Mongolia avverrà domani, all’alba in Italia, quando Papa Francesco si recherà prima alla “Casa della Misericordia” per inaugurarla e poi salirà sul volo che lo riporterà in Italia. Ma il saluto al Paese è avvenuto oggi, al termine di una Messa molto partecipata, dove il piccolo gregge della Chiesa di Mongolia si è riunito insieme a quello dei Paesi vicini o nell’area, dai 40 fedeli portati dal vescovo Chow di Hong Kong, fino ai russi che hanno fatto persino 4 giorni di viaggio solo per essere qui oggi, passando per kazakhi, uzbeki, tajiki. Una porzione di Asia Centrale che mostra la sua anima cattolica. Un’anima diversa per Paesi diversi, eppure simile nella scelta di abbracciare la fede anche quando si è minoranza, tra mille difficoltà, e in Paesi dove spesso la fede viene messa da parte.
Dalla suggestiva immagine della ger, la tipica tenda del popolo nomade mongolo, alla tradizione della suun dalai ijii, secondo la quale attraverso l’apertura superiore della ger la luce feconda la regina Alungoo. Dall’idea della pax mongolica, da estendere anche ad un’Europa in conflitto, a quella della profondità, che è quella che si percepisce negli spazi larghi delle steppe.
Papa Francesco è arrivato in Mongolia alle 9.48 ora locale, diventando il primo Papa a mettere piede nel Paese. Ma non ci saranno incontri, in questa prima giornata, tutta dedicata, invece, al recupero fisico. Dunque, accoglienza ufficiale all’aeroporto, con picchetto d’onore e assaggio dello yogurt secco, tradizione mongola e nomade, saluto al presidente e poi il trasferimento alla sede della Prefettura Apostolica di Ulaan Bator, accompagnato dal Cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico, e anche da José Mumbiela, vescovo della Santissima Trinità in Almaty e presidente della neonata (ha appena due anni) conferenza episcopale centro-asiatica.
Quando l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è andato in Mongolia lo scorso giugno, ha lavorato anche per definire un “accordo” tra Santa Sede e Mongolia, quello che un tempo si chiamava concordato, e che serve per meglio definire la realtà giuridica della Chiesa in Mongolia. La speranza era di concludere i negoziati in tempo per il viaggio di Papa Francesco nel Paese, in modo da firmarlo in occasione del viaggio. Non si sa se questo avverrà, e probabilmente ci dovrebbe volere un po’ di più. Di fatto, però, è un passo avanti fondamentale nelle relazioni diplomatiche.
Non c’è ancora una lista ufficiale dei partecipanti all’incontro ecumenico e interreligioso che Papa Francesco presiederà all’Hun Center di Ulanbaatar alle 10 del mattino di domenica 3 settembre. Gli occhi, comunque, sono tutti puntati su quell’incontro, che potrebbe avere, alla fine, un impatto diplomatico superiore a ciò che si pensa. E questo perché il buddhismo praticato in maggioranza dalla popolazione mongola non è un buddismo qualunque, ma il buddhismo tibetano.
Ci sarà anche un saluto di Papa Francesco alla donna che ha trovato una piccola statua della Madonna in una discarica a Darhan. È successo una decina di anni fa, nel Nord della Mongolia, in un luogo dove i cattolici sono pochissimi. E infatti non la riconosce. La porta in casa, e poi resta lì. Fino allo scorso anno, quando la storia viene raccontata al Cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanatar, che la porta nella capitale, la intronizza nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, e l’8 dicembre 2022 consacra la Mongolia a Maria proprio davanti alla statua della discarica, coperta con piccoli pezzi di stoffa inviati alla Prefettura Apostolica dai fedeli mongoli e dai missionari. Il Papa ha deciso poi che il titolo di quella piccola statua è “Madre del Cielo”.
Quando Papa Francesco atterrerà in Mongolia, il prossimo 1 settembre, si troverà in un territorio di antica evangelizzazione, dove il cristianesimo arrivò nel VII secolo con i nestoriani e dove il Papa inviò un legato, un francescano, nel XIII secolo, che addirittura precedette l’arrivo di Marco Polo a Kubali Khan. Ma si troverà anche di fronte ad un piccolo gregge di cristiani, stretti tra la grande maggioranza buddhista e l’eredità comunista, in uno Stato che cerca di stabilirsi dai tempi del collasso dell’Impero Sovietico.
La Mongolia è il più grande stato del mondo senza sbocco al mare, e si trova tra due giganti come la Russia e la Cina. È un Paese oggi cruciale a livello geopolitico, osservato speciale dalla Cina anche perché quello che vi si pratica maggioritariamente è il buddhismo tibetano, preoccupato dall’ingombrante vicino russo. È da lì che Papa Francesco potrebbe far partire la nuova offensiva di pace cui pensa, cercando di creare un ponte. Addirittura, si è parlato di un possibile scalo del Papa in Russia per un incontro con il Patriarca Kirill sulla via del ritorno dalla Mongolia.
Il primo giorno è solo di viaggio, il secondo giorno è solo di recupero. Papa Francesco va in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre, ma in realtà le giornate piene di eventi sono quelle del 2 e del 3 settembre, mentre il 4 settembre ci sarà solo un incontro e la cerimonia di congedo. Nell’occasione, Papa Francesco andrà anche ad inaugurare la “Casa della Misericordia”. Motto del viaggio è “Sperare insieme”.
Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha annunciato che Papa Francesco compirà un Viaggio Apostolico in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre 2023.