Città del Vaticano , 13 May, 2023 / 11:00 AM
Le ultime due udienze del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato vaticana non hanno portato sostanziali novità. È stato interrogato il Cardinale Leonardo Sandri, per fatti che risalgono comunque al periodo in cui era sostituto della Segreteria di Stato vaticana, dal 2000 al 2007. È stato interrogato un funzionario di WRM Capinvest, la società di Raffaele Mincione, il broker che ha avuto in gestione il famoso palazzo di Londra. E c’è stato il ritorno di Roberto Lolato, il consulente del promotore di Giustizia vaticano che ha aiutato a raccogliere alcuni dati, e che è stato richiamato perché ci sono nuovi capi di imputazione che ha aiutato ad analizzare.
Ormai, però, non c’è più molto da aggiungere, con gli interrogatori. E lo stesso Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale Vaticano, ha detto che “siamo agli sgoccioli”, rimandando al 25 maggio il termine ultimo per l’eventuale testimonianza di don Mario Curzu, direttore della Caritas di Ozieri, che era stato convocato insieme al fratello del Cardinale Angelo Becciu, presidente della cooperativa SPES. Non è detto che don Curzu testimoni, alla fine, considerando che Antonino Becciu non si è presentato perché parente prossimo del cardinale, mentre per don Curzu possono ancora valere quelle riserve di “elusione delle garanzie” che nascono dal fatto che sono indagati anche dalla Procura di Sassari, e che, non avendo il processo vaticano altro che la figura dell’imputato e del testimone, i contenuti degli interrogatori potrebbero anche essere riversati nel filone di indagine italiano.
C’è da dire che il presidente del Tribunale Pignatone, in una ordinanza, ha rigettato la mancanza di garanzie del sistema vaticano. Ma è anche vero che si deve valutare anche fino a che punto convenga per un testimone presentarsi all’interrogatorio di un processo documentale.
Prima di entrare in qualche dettaglio delle udienze 57 e 58 del processo, vale la pena ricapitolare in cosa consista il processo.
I tre filoni del processo
Tre sono i tronconi del processo. Il primo riguarda l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, di un immobile di lusso a Londra. L’investimento fu affidato prima al broker Raffaele Mincione, poi al broker Gianluigi Torzi, che però tenne per sé le uniche azioni con diritto di voto. Alla fine, per salvare l’investimento, la Segreteria di Stato decise di rilevare l’intero palazzo, cosa che fece pagando a Torzi una buonuscita per la rilevazione delle quote. L’architetto Luciano Capaldo, già collaboratore di Torzi da cui si sarebbe distaccato perché non ne condivideva i metodi, aveva agito per conto della Segreteria di Stato nelle discussioni che hanno portato a rilevare il palazzo. L’avvocato Shantanu Sinha aveva assistito le operazioni per conto dello studio legale Mishcon de Reya, e aveva consigliato alla fine di non adire a vie legali, ma piuttosto a trovare un accordo con Torzi. Da questi ruoli, la rilevanza delle loro testimonianze.
Il cosiddetto filone “Sardegna” del processo vede il Cardinale Angelo Becciu sotto accusa per un presunto peculato che avrebbe avuto luogo quando questi era sostituto della Segreteria di Stato, con l’erogazione di denaro alla Caritas di Ozieri, diretta da don Mario Curzu, che li avrebbe poi dovuti devolvere alla cooperativa Spes, diretta da Antonino Becciu - in realtà, è ancora bloccata sul conto Caritas in attesa di essere impiegata per la costruzione della cittadella.
E poi c’è il filone Cecilia Marogna, la sedicente esperta di intelligence che si offrì di lavorare con la Santa Sede prestando i suoi servizi anche per la liberazione di ostaggi, come suor Cecilia Narvaez, rapita in Mali. Il pagamento di un riscatto è effettivamente avvenuto, ma non per conto di Marogna, accusata di essersi appropriata dei fondi vaticani per uso personale.
Delineare i contorni
Le due udienze sono servite soprattutto ad alcune difese per delineare i contorni e fornire un contesto che permetta di meglio situare le situazioni. Da qui, l’interrogatorio di Gianluigi D’Andria, funzionario della WRM di Raffaele Mincione, che fu coinvolto anche nel passaggio della gestione dell’immobile di Londra dalla società Athena alla società GUTT di Gianluigi Torzi.
Da parte della difesa di Mincione, c’è la volontà di mostrare che non ci fu alcun tipo di truffa ai danni della Segreteria di Stato, che anzi il palazzo di Sloane Avenue era un investimento così valido che perfino lo stesso Mincione, in tre casi differenti, ci investì dei soldi personalmente, e che comunque il compenso pattuito per il passaggio della gestione non solo era congruo, ma era persino al di sotto di quello che sarebbe dovuto essere.
La Segreteria di Stato, da parte sua, cerca di mostrare di non aver avuto tutte le informazioni necessarie, e perlomeno vuole scrollare ogni sospetto di un possibile accordo tra Torzi e Mincione nel passaggio della proprietà ai danni della Segreteria di Stato, mostrando anche una conoscenza tra i due. Conoscenza, alla fine, mai negata, avendo i due l’ufficio vicino a Londra, ma che comunque non prova un interesse, e che anzi potrebbe persino mostrare una diffidenza dello stesso Mincione nei confronti di Torzi.
L’escussione di D’Andria è stata piuttosto tecnica, si è soffermata su diversi passaggi di valutazioni monetarie, ha ribadito alcuni concetti già definiti nelle altre deposizioni precedenti. D’Andria ha detto che c’era un contatto periodico con la Segreteria di Stato, che veniva aggiornata anche sul Net Asset Value dell’immobile. Il punto è se poi le affermazioni del broker verranno messe a contesto. In molti casi, sembra che le accuse non considerino nemmeno le normali prassi di mercato, che – per esempio – includono anche un pagamento per quanti introducono all’affare, da calcolare su una percentuale sulle fees. Poi, si può discutere della moralità o dell’opportunità di alcune scelte, ma altra cosa è dare a queste scelte i contorni di un crimine.
Il Cardinale Sandri
Sostituto della Segreteria di Stato dal 2000 al 2007, il Cardinale Leonardo Sandri ha invece testimoniato sulla procura concessa a Fabrizio Tirabassi, officiale dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana, perché agisse nell’interesse della Segreteria in UBS, banca svizzera in cui c’erano degli investimenti.
La chiamata del cardinale Sandri a testimoniare nasce come conseguenza dei nuovi capi di accusa formulati nei confronti di Tirabassi, messo sotto la lente di ingrandimento per le cosiddette “retrocessioni” che avrebbe ricevuto da UBS in virtù del suo ruolo.
Sandri ha riconosciuto di aver firmato la procura, ha detto che Tirabassi era stato scelto perché considerato uomo di fiducia e uomo vaticano, figlio di officiale vaticano, e che ci si aspettava che avrebbe fatto il meglio per il bene della Santa Sede.
C’è una clausola, nel contratto della procura, che parla di “volume discounts” erogati da UBS, che Sandri ha detto si immaginava fossero “in favore di quello che ha dato la procura, e non per lui stesso”. Di fatto, sarà da definire se Tirabassi abbia avvisato di queste erogazioni. Ma il clima nei suoi confronti non era ostile, anche perché Tirabassi ebbe anche un nullaosta per iscriversi all’Ordine dei Dottori Commercialisti, firmato dall’allora responsabile dell’Ufficio Amministrativo, monsignor Gianfranco Piovano, e siglato dal porporato. “Abbiamo sempre favorito la crescita professionale dei nostri dipendenti”, ha detto il Cardinale Sandri.
La procura non fu poi rinnovata quando a guidare l’ufficio amministrazione della Segreteria di Stato arrivò monsignor Alberto Perlasca, nel 2009. Di quello che successe tra il 2007 e il 2009 parlerà il Cardinale Fernando Filoni, sostituto in quegli anni, nell’udienza del prossimo 25 maggio.
Prossimi appuntamenti
Con il Cardinale Filoni, potrebbe essere ascoltato don Mario Curzu, mentre il 26 maggio saranno interrogati gli ultimi testi in lista, e anche quelli chiesti dalla difesa di Mincione per i nuovi casi di imputazione. C’è anche una coda di udienza il 13 giugno, mentre sono fissate al 22 maggio le ultime richieste per l’istruttoria. Poi, si comincerà a entrare nel vivo del processo, orientandosi verso la conclusione. Nel dibattito tra difese e accuse, riemergeranno probabilmente anche le contraddizioni e le tensioni che si sono verificate durante questo processo. Colpisce che ormai molti dei capi di accusa iniziali sembrino essere messi da parte. E, d’altronde, la “super-testimonianza” di monsignor Alberto Perlasca non viene più ormai nemmeno citata, dopo che venne fuori anche la manipolazione che aveva subito lo stesso monsignore a seguito degli interrogatori Ciferri – Chaouqui. C’è stata poi la testimonianza dell’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato, che ha provveduto a chiarire diverse posizioni, arrivando a spiegare che il Papa era a conoscenza di tutto, e che tutto è stato fatto in concerto con il Santo Padre e per salvare l’investimento. Anzi, si è notata anche una tensione Segreteria di Stato – IOR, considerando che lo IOR rifiutò alla Segreteria di Stato un anticipo che avrebbe permesso di rinegoziare il mutuo in maniera più vantaggiosa.
Insomma, il quadro accusatorio sembra drammaticamente cambiato. Resta defilata la posizione di Cecilia Marogna, i cui legali si sono presentati raramente durante le udienze, tanto che il presidente del Tribunale ha invitato almeno a nominare un sostituto.
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