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Letture, quando la Pasqua diventa letteratura

"Per quanto avessero ricacciato sotto le pietre la terra, affinché nulla ci crescesse sopra, e rinettassero qualsiasi erba ne spuntasse fuori, e affumicassero tutto di carbone e di petrolio, e mozzassero gli alberi, e allontanassero tutte le bestie e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città".

La natura si ostina a non morire, anzi accetta di  morire, ma per poi rinascere. Per Lev Tolstoj questo miracolo è evidente in ogni piccolo anfratto di terra, anche le cuore più tetro delle città, di Mosca o di San Pietroburgo. E nel suo romanzo  Resurrezione tutto ciò è evidente fin dal titolo. Resurrezione nella vita, nell’anima, nella esistenza di Cristo. Non si tratta di un romanzo facile, cosa che del resto vale per tutta la produzione dell’autore, ma queste sono pagine molto intense, che colpiscono internamente e che dunque possiamo consigliare di leggere in questi giorni festivi. Si raccontano le vicende  del principe Nehljudov, il quale, trovatosi fra i giurati di un processo per omicidio, riconosce in una delle imputate Ekaterina Màslova, la giovane serva delle sue zie che lui, proprio in una notte di Pasqua di tanti anni prima, aveva sedotto e poi abbandonato.

Molto toccante la descrizione dei riti pasquali ortodossi, le lunghe celebrazioni nel cuore dlela notte e alle prime luci dell’alba, la suggestione ma anche il tormento interiore di un’anima che vuole vivere la fede non come un “dovere” o un’imposizione sociale, ma come autentica esperienza di profondità. Tutto questo condensato nell’ultimo romanzo del grande scrittore, tratto da un caso giudiziario realmente accaduto.

Il principe, dunque, proprio in occasione del processo, viene a sapere che  la giovane donna aveva avuto un figlio da quella fugace relazione, poi dato in adozione e che era diventata una prostituta. Per espiare le sue colpe il protagonista cerca in tutti i modi di aiutarla, arrivando anche a volerla sposare. Torna continuamente il leit motive della Pasqua  associata alla redenzione dei peccati e all’inizio di una vita nuova.

Lasciando le sterminate vastità russe e i tormenti tolstoiani, alla ricerca di una ideale Pasqua letteraria, potremmo fare un salto nell’Inghilterra previttoriana, al tempo della grande Jane Austen. Un romanzo completamente diverso, nel tono, nello stile, “Orgoglio e pregiudizio”, che ha ammaliato con la sua levità, ironia sottile e scrittura perfetta intere generazioni di lettoi e continua a farlo. Cosa c’entrano le vicende sentimentali di Elisabeth e del suo innamorato, suo malgrado, mister Darcy? Potrebbe essere sfuggito anche ai più appassionati lettori  che nel capitolo 31 l’ambientazione è proprio il periodo di Pasqua e che questa segna un punto di svolta dell’intero romanzo. Elizabeth si trova nel Kent e Darcy le fa la proposta di matrimonio che lei in quel momento rifiuta sconvolta. Da questo momento tutti gli avvenimenti successivi tenderanno ad avvicinarli. La Pasqua, dunque,  si trasforma immediatamente in simbolo di rinnovamento.

Altro salto temporale e letterario, ovviamente. Ecco Alessandro Manzoni, in veste di poeta. Dagli Inni Sacri una solenne e insieme intima rappresentazione della Risurrezione, che comincia con questi versi: "E' risorto: il capo santo/ più non posa nel sudario/ è risorto: dall'un canto/ dell' avello solitario/sta il coperchio rovesciato:/ come un forte inebbriato, il Signor si risvegliò".Una Pasqua, quella descritta da Manzoni, segnata dalla vittoria della vita sulla morte, nel Mistero che sconvolge i discepoli, nel cui riconoscimento comincia la storia nuova dell’umanità, la storia del cristianesimo. Ci sono le donne, prime a conoscere la grandezza di quello che si è compiuto lì, nel sepolcro vuoto. E c’è quel “giovanetto” sconosciuto che pare vestito “di neve” che rende chiaro l’annuncio: quello che cercate non è qui, è risorto.

Il Gesù che descrive Giovanni Pascoli nella poesia 'Gesù', una lirica religiosa da riscoprire proprio in questi giorni, contenuta nella raccolta Piccolo Vangelo, in cui Pascoli immaginava il percorso di Gesù impegnato nella ricerca della propria origine divina. La raccolta  pubblicata postuma assieme alle Poesie Varie nel 1912. "Gesù rivedeva, /oltre il Giordano,/ campagne sotto il mietitor rimorte;/ il suo giorno non molto era lontano". Questo è il ritratto di un Gesù assorto, nel pensiero imminente del destino che lo attende. Tutto deve ancora compiersi, ma lui già conosce quel che accadrà: le sofferenze atroci, la morte, l’abbandono. Quel che lo circonda gli appare sotto le spoglie della fine, del tormento, ma Lui sa che accetterà tutto. Questo è un Gesù molto umano, poco divino, alle prese con il dolore, l’ineluttabilità. Straordinario l’espediente narrativo che mette in scena il  poeta. Lo immagina, dunque, assorto nella contemplazione del paesaggio intorno al Giordano, mentre da lontano luccicano le mura di Gerusalemme. E mentre si trova seduta in riva al fiume alcuni bambini si fermano a giocare con lui. Gli apostoli vorrebbero allontanarli, Pietro pensa che gli rovineranno le vesti, Giuda dice al Signore: lo sai che tra questi ragazzini c’è il figlio di un ladro, Barabba, che è condannato a morire in croce. Ecco cosa risponde  Gesù: "alzando gli occhi/ “No”, mormorò con l’ombra nella voce/ e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi". Una conclusione di grande impatto, di grande commozione, con quel No che dice tutto, dice tutto quel che Gesù sa che accadrà e quel gesto di tenerezza verso quel bimbo innocente e inconsapevole.

 

Lev Tolstoj, Resurrezione, Garzanti editore, pp.544, euro 11

Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio, Einaudi editore, pp.419, euro 12

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