Amsterdam, 10 March, 2023 / 6:00 PM
Giuseppe Ungaretti, tra le sue varie passioni, coltivava quella per Jan Vermeer, dedicandogli pagine straordinarie. E sosteneva che, dinanzi alla “obiezione” che la sua pittura era concentrata in spazi angusti e in situazioni banali, quotidiane, se insomma la pittura di Vermeer è tutta un “qui”, “mi pare che quel ‘qui’ sia una vastità”.
Da questa riflessioni possiamo partire per affrontare una questione interessante su Vermeer, la sua pittura e il suo rapporto con il cattolicesimo. Il tutto legato a due occasioni temporali: l’apertura della straordinaria mostra dedicata al grande artista ad Amsterdam e in coincidenza dell’apertura della storica mostra di Vermeer al Rijksmuseum, esce una nuova biografia pubblicata dal Rijksmuseum rivela, per la prima volta, l’ampia influenza che l’Ordine dei Gesuiti esercitò su Johannes Vermeer che era cresciuto protestante.
La biografia Johannes Vermeer. Faith, Light, and Reflection è stata scritta da Gregor J.M. Weber, Capo del Dipartimento di Belle Arti del Rijksmuseum e uno dei curatori della mostra olandese. Le nuove scoperte esposte nella biografia danno un altro significato, o almeno ampliano la prospettiva, della sua opera.
Le origini di Vermeer sono protestanti: Johannes viene battezzato nella Nieuwe Kerk di Delft, la chiesa dove è sepolto Guglielmo il Taciturno. Il suo matrimonio con Caterina Bolnes lo porta dalla parte cattolica, e Gregor Weber mostra le ragioni di un’appartenenza cattolica di cui il nome dei figli è la prima testimonianza: uno sarà battezzato con il nome di Ignatio, come il fondatore della Compagnia, e gli altri con nomi di santi cattolici: Francesco, Gertrude, Cornelia, Elisabetta, Beatrice. Pensiamo al quadro dedicato a Santa Prassede, che secondo la leggenda fu perseguitata e uccisa perché seppelliva martiri cristiani; così come, accanto a quest’opera, nella mostra, è esposto il grande dipinto di Gesù nella casa di Marta e Maria, due tele del 1655, in uno stile che deve qualche ispirazione al Rinascimento italiano. Il che fa domandare quali viaggi possa aver fatto il giovane Vermeer, magari anche in Italia e Francia, prima di concentrare tutta l’esistenza successiva a Delft a dipingere e commerciare opere d’arte (il padre gli aveva lasciato questa attività già avviata).
Il passo successivo è sulla scia di una vera metafisica della luce e del silenzio. Negli anni sessanta del Seicento , a parte l’opera L’Allegoria di fede, i quadri di soggetto esplicitamente religioso sono praticamente scomparsi e sono subentrati interni raffigurati con perizia e attenzione ai dettagli, che poi si rivelano carichi di simboli che alludono ad un “altrove”. I suoi clienti sono quasi tutti borghesi, laici. Forse l’artista non vuole entrare in conflitto con la maggioranza dei potenziali acquirenti, ricchi e protestanti. E’ noto come la presenza dei cattolici sia stata a lungo oggetto di vere persecuzioni, e comunque mal tollerata. I gesuiti, dunque, e la riflessione sulla questione si nascondono, in un certo senso, quasi in uno spazio messo in ombra, rispetto alla luce sospesa, a volte rappresa, a volte dilatata, che percorre i suoi quadri.
È molto probabile che Vermeer sia entrato in contatto per la prima volta con i gesuiti in relazione all’uso della camera oscura. Weber, tra l’altro, ha trovato un disegno del sacerdote Isaac van der Mye, anch’egli artista esperto, che riflette chiaramente le caratteristiche di una camera oscura. Nei dipinti di Vermeer si possono trovare anche effetti di luce particolari legati all’uso dello strumento. Del resto, la luce e l’ottica erano tra gli obiettivi principali della letteratura devozionale gesuita: l’ordine considerava la camera oscura come uno strumento per l’osservazione della luce divina del Creatore. Si cita come esempio un sermone che commenta in maniera dettagliata gli aspetti artistici e morali dell’uso della camera oscura.
Altro elemento “fisico” da tenere presente. La casa della famiglia Vermeer si trova su Oude Langendijk nel quartiere Papenhoek di Delft, l’edificio accanto è una missione gesuita con una chiesa nascosta, ma abbastanza ampia, e con una scuola femminile dove le figlie di Vermeer vengono battezzate ed educate. Del resto tutti i figli sono cresciuti nella fede cattolica. Si può presumere che Vermeer e la sua famiglia abbiano frequentato spesso la missione.
L’ambientazione dell’Allegoria della Fede Cattolica di Vermeer è quella di una stanza normale, borghese, comoda e agiata, che a prima vista ‘ simile a tante altre dipinti in questo periodo storico, e non solo da Vermeer, ma che mostra un dipinto della crocifissione sul muro. Dal soffitto pende una sfera di vetro riflettente, che si può legare, come viene fatto nel libro citato, alla letteratura devozionale gesuita.
Oltre all’Allegoria vari dipinti di Vermeer mostrano temi gesuiti in scene di vita quotidiana. In Donna con la bilancia, ad esempio, appesa ad un parete appare una versione del Giudizio Universale…
L’inventario delle proprietà, dopo la morte di Vermeer, rivela che nel chiuso delle mura domestiche Jan si sforza di condurre uno stile di vita cattolico. Sulla parete di una stanza si trova un grande quadro raffigurante la crocifissione di Cristo, accanto ad uno di santa Veronica con il panno che usò per asciugare il sudore e il sangue dal volto di Cristo.
Si torna alle parole di Ungaretti, a quel “tutto qui” che invece si spalanca ad una vastità, all’immensità che introduce al Mistero. Un “cercatore di luce”, che ha trovato la luce, spiega sempre Ungaretti. Leggiamo quello che ha scritto sulla Merlettaia, mettendo in evidenza un’altra qualità fondamentale della pittura di Vermeer, ossia la presenza-assenza del silenzio: “La Merlettaia è china sul suo lavoro. È sguardo che si concentra, è assenza da tutto il rimanente che non sia quel lavoro, quel moto di dita che i fili annodano in trame leggiadre? Dita e sguardo non cesseranno mai di muoversi, di quel loro moto che si muove fermo per sempre. L’idea dell’infinità, d’una familiarità con il silenzio, solita, indissolubile e infrangibile; l’idea d’un’esistenza immutabilmente, felicemente quotidiana, semplicemente semplice; l’idea d’una solitudine tutta sola, e tutto il resto muto; questa è l’idea”.
Nelle sue giovani donne che leggono quietamente, che versano il latte, che spazzano davanti alla soglia di casa, o negli assorti gentiluomini che esplorano i confini geografici del mondo si condensa una luce che apre porte invisibili, come se fossero battenti di una chiesa silenziosa in cui inginocchiarsi e contemplare il Cristo morto in croce per l’uomo, risorto e vincitore del peccato.
Gregor J.M. Weber, Johannes Vermeer. Faith, Light and Reflection, edizioni Rijksmuseum,
168 pp, euro 25
Vermeer, presentazione di Giuseppe Ungaretti, Rizzoli-Skira, pp.173, euro 5,90 |
La mostra VERMEER rimarrà aperta fino al 4 giugno 2023
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