Città del Vaticano , 10 February, 2023 / 11:00 AM
A poche ore dal terremoto che ha colpito Turchia e Siria con un bilancio provvisorio - che lievita esponenzialmente di ora in ora - la confederazione della Caritas (che conta 162 organizzazioni membro in oltre 200 paesi) riordina i ranghi per capire quali siamo le necessità più urgenti delle persone colpite dal sisma e come soddisfarle in tempi rapiti.
Intanto, l’adrenalina per lo scampato pericolo e il sollievo di “poterla raccontare” sono ancora tutti da smaltire, come racconta Giulia Longo, responsabile di Programma di Caritas Turchia: «Grazie a Dio, per un miracolo io e il presidente, il vescovo Paolo Bizzeti, non ci trovavamo in Turchia. Però non abbiamo più una casa là e non abbiamo più un ufficio a Iskenderun e Gaziantep. Il nostro staff sta bene. Abbiamo però perso molti volontari, molti beneficiari e i loro parenti». La Diocesi di Anatolia è stata fortemente colpita dal terremoto e la cattedrale di Iskenderun è completamente crollata, gli uffici di Caritas Anatolia sono gravemente danneggiati.
La macchina degli aiuti deve mettersi in moto con molta discrezione, in un Paese che non riconosce la Chiesa Cattolica e le sue organizzazioni. «In questa fase – prosegue Longo - stiamo soprattutto cercando di ascoltare le persone per capire come aiutarle. Abbiamo aperto i nostri centri d’ascolto online per raccogliere i loro bisogni. Abbiamo allestito degli spazi sicuri nei parcheggi». Qui avviene anche la distribuzione di pasti caldi e vestiti.
Caritas Turchia sta estendendo le sue limitate forniture a circa 400 beneficiari e il suo team, così come molti volontari, raggiungerà i siti colpiti entro questa settimana. Caritas Turchia, con il supporto dei Catholic Relief Services (la Caritas americana) e di Caritas Italiana, ha riunito una piccola squadra di emergenza per condurre la valutazione dei bisogni e progettare le prime fasi della risposta.
«Il tempo non sta aiutando, sta nevicando molto. Oggi – aggiunge con una nota di speranza Longo – vorrei andare a Istanbul, dove avremo un briefing con Caritas Italiana e CRS per capire come intervenire al meglio».
La strategia è di intervenire in quei settori lasciati scoperti dalle autorità governative. «Abbiamo bisogno di aiuto nella logistica e di un piccolo team in grado di lavorare in una situazione politica delicata. Gli ospedali non stanno funzionando. Internet ed elettricità vanno a singhiozzo».
Come Caritas Internationalis ricorda durante la Giornata Internazionale di Preghiera e alla presa di coscienza sulla tratta degli esseri umani, grandi movimenti di materiali e risorse significano spesso un incremento della piaga della tratta di essere umani. «Vogliamo essere delicati, ma efficienti – dice Longo - anche se sappiamo che altre grandi organizzazioni stanno già muovendo materiale al confine. Strade e trasporti sono bloccati per ora. Quindi per noi in questo momento tutti generi “in-kind” (aiuti di tipo non economico, in cibo o prodotti igienici, ndr) sono fuori questione».
Il terremoto ha colpito anche la parte settentrionale della Siria, paese già provato da oltre dieci anni di guerra, dove l’80% della popolazione vive in condizione di povertà e 4,1 milioni di persone dipendono dall’aiuto umanitario. Nonostante Caritas Siria lamenti una limitata capacità di azione avendo dovuto concentrare le sue risorse su altri progetti, sta lavorando per approntare ripari ad Aleppo, Hama e Lattakia
«Quello che è accaduto è molto doloroso – commenta Riad Sargi, direttore esecutivo di Caritas Siria - molti siriani sono ancora sotto le macerie. Molti dormono in auto. Il tempo è inclemente, con neve e pioggia. Chiediamo a Dio misericordia. Più di 1.000 edifici sono crollati. Le famiglie non possono tornare nelle loro case perché hanno paura di nuove scosse e che i loro edifici crollino. Circa 5.000 sfollati, soprattutto donne e bambini, hanno trovato rifugio in scuole e capannoni. Anche le Chiese stanno dando ospitalità alle persone. Tutto questo si aggiunge alle sanzioni applicate sulla Siria. Abbiamo bisogno di equipaggiamenti base, come camion e bulldozer, ma anche di medicine e apparecchi medici. Abbiamo bisogno di cibo, coperte e anche di generi non alimentari. Insomma, di tutto».
Le organizzazioni dei paesi confinanti, Caritas Libano e Caritas Giordania, stanno già correndo in aiuto con cibo e 5.000 coperte. Anche Caritas Ungheria sta mandando un aereo di provviste.
«In questo momento – conclude Riad Sargi - più che di materiali di soccorso, abbiamo bisogno di denaro liquido con cui poter acquistare questo materiale. In Siria c’è disponibilità di tutto, ma ci mancano le risorse». Caritas Internationalis ha aperto un conto donazioni a favore di Turchia e Siria.
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