Manresa, 23 November, 2022 / 10:00 AM
"Attraverso le crisi, Dio ci dice che non siamo i signori della Storia, con le lettere maiuscole, nemmeno delle nostre stesse storie, e anche se siamo liberi di corrispondere o meno agli appelli della sua grazia, è sempre il suo disegno d'amore che fa girare il mondo".
Papa Francesco lo ha scritto nella lettera inviata per manifestare la sua vicinanza all'evento per commemorare i 500 anni della presenza di Sant'Ignazio di Loyola in Catalogna. L'evento è stato presieduto dal presidente della Generalitat Pere Aragonès e dal cardinale Joan Josep Omella che ha letto il testo del Papa.
Si sono celebrati i "500 anni dall'arrivo di un povero soldato in un luogo sperduto della geografia della Spagna, quando era in viaggio verso la Terra Santa. Il nostro protagonista- scrive il Papa- dopo aver servito il re e le sue convinzioni fino allo spargimento del suo sangue, è stato ferito nel corpo e nello spirito, si era spogliato di tutto e aveva lo scopo di seguire Cristo in povertà e umiltà. In quel momento non gli importava di stare in ospizi per i poveri o di doversi ritirare in una grotta a pregare, tanto meno che questo significava essere «stimato vanitoso e pazzo» (E.E. 167). Eppure, paradossi del destino, cinque secoli dopo, le autorità civili e religiose di quella regione, insieme al Superiore generale dell'istituto religioso da lui fondato, la Compagnia di Gesù, si riuniscono istituzionalmente per celebrare questo evento. Voglio unirmi anche a questo atto, per il quale ho voluto che mi rappresentaste, pregandovi di portare il mio saluto a tutte le autorità presenti, sia civili che ecclesiastiche, e in esse al Popolo fedele di Dio, che ricorda Sant'Ignazio di Loyola con devozione e affetto, e agli uomini di buona volontà che lo stimano per essere un uomo integro e coerente nelle sue convinzioni. Allo stesso modo, ai membri della Compagnia di Gesù, che, come me, lo venerano come fondatore.
È significativo in questo momento pensare che, per portarlo lì, Dio abbia usato una guerra e una pestilenza. La guerra che lo tolse dall'assedio di Pamplona e fu l'innesco della sua conversione, e la peste che gli impedì di raggiungere Barcellona e lo trattenne nella grotta di Manresa. È una grande lezione per noi, poiché non ci mancano guerre e pestilenze per convertirci. Possiamo quindi coglierli come un'opportunità per invertire la rotta fin qui seguita e investire su ciò che conta davvero, qualunque sia il territorio in cui operiamo.
Ed è che, attraverso le crisi, Dio ci dice che non siamo i signori della Storia, con le lettere maiuscole, nemmeno delle nostre stesse storie, e anche se siamo liberi di corrispondere o meno agli appelli della sua grazia, è sempre il suo disegno d'amore che fa girare il mondo. In quella circostanza, Ignacio fu docile a quella chiamata, ma la cosa più importante è che non tenne per sé questa grazia, ma fin dall'inizio la considerò come un dono per gli altri, come una via, un metodo che potesse aiutare altri persone per incontrare Dio, per aprire il proprio cuore e lasciarsi interpellare da Lui.
Da allora i loro esercizi spirituali, come altri itinerari di perfezione, come i dodici gradi di umiltà di san Benedetto, le dimore di santa Teresa, o ancora semplicemente quelle che le beatitudini o doni dello Spirito Santo ci vengono proposte, ci vengono presentate come la scala di Giacobbe che ci porta dalla terra al cielo, e che Gesù promette a coloro che sinceramente la cercano".
Il presidente Aragonès ha spiegato che l'anniversario è “una grande ricorrenza per l'intera comunità cristiana e anche, da un punto di vista più globale, per tutta la Catalogna”. E ha ricordato che “500 anni fa Ignazio di Loyola si è spostato in diversi luoghi della Catalogna, come Montserrat o Barcellona, ma è a Manresa che visse uno degli episodi più importanti della sua vita”. "Questo fatto ha internazionalizzato la città di Manresa", ha sottolineato.
All'evento hanno partecipato, tra gli altri, l'arcivescovo di Tarragona, Joan Planellas, l'arcivescovo di Urgell, Joan-Enric Vives, il vescovo di Vic, Romà Casanova, l'abate di Montserrat Manel Gasch e l'abate di Poblet, Octavi Vila.
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