Roma, 18 November, 2022 / 10:00 AM
La missione doveva rimanere segreta, almeno fino al suo arrivo. Perché le missioni nei Paesi dell’Est erano soggetti ai protettorati stranieri, in una alleanza tra “trono e altare” che in realtà era solo una limitazione per la Chiesa cattolica. Fu Benedetto XV a spezzare questa strana alleanza, nel 1918, con la lettera apostolica Maximum Illud. E, sulla scorta di quella lettera e di quel rinnovato spirito missionario, il vescovo friulano Celso Costantini era partito per la Cina, per essere il primo delegato apostolico a Pechino. Sbarcò a Hong Kong l’8 novembre 1922, cento anni fa.
L’Agenzia Fides, organo della Congregazione dell’Evangelizzazione dei Popoli, ne ha celebrato il centenario con un video che ricordava proprio l’importanza della giornata dell’arrivo ad Hong Kong, che cambiò, di fatto, il modo di fare missione della Chiesa.
Costantini, nei suoi memoriali, scrisse che “di fronte specialmente ai Cinesi ho creduto opportuno di non dover accreditare in alcun modo il sospetto che la religione cattolica apparisca come messa sotto tutela e, peggio ancora, come strumento politico al servizio delle nazioni europee”.
E ancora: “Volli, fin dai miei primi atti, rivendicare la mia libertà d’azione nell’ambito degli interessi religiosi, rifiutando di essere accompagnato presso le Autorità civili locali dai Rappresentanti di Nazioni estere. Avrei fatto la figura di essere in Cina in subordine a quei Rappresentanti”.
Il Cardinale Celso Costantini (1876 – 1958) rimase come delegato apostolico in Cina fino al 1933, avviando il processo di “decolonizzazione ecclesiale.
Era il tempo in cui terminava il commercio dell’oppio e si risvegliava un certo colonialismo europeo, e i missionari cristiani erano sospettati di essere agenti stranieri. La ribellione dei Boxer (1899-1901) portò all’uccisione di migliaia di cristiani, soprattutto cattolici cinesi.
E poi c’erano i problemi interni. La Francia considerava le missioni cattoliche in Cina sotto la sua diretta protezione, e questo nonostante la sua recente costituzione separasse in maniera molto rigida Chiesa e Stato, tanto che Pio XI nel 1926 dovette inviare alla Chiesa in Cina la lettera Ab Ipsia, in cui enfatizzò che i missionari non servono gli interessi di una nazione straniera, e annunciò che presto sarebbero stati ordinati vescovi locali.
Così successe. Due anni dopo il primo Concilio Nazionale della Chiesa Cattolica in Cina, celebrato a Shanghai nel 1924, Pio XI ordinò in San Pietro, il 28 ottobre 1926, i primi sei vescovi cinesi dell’epoca moderna. Nel 1927, Costantini promosse la fondazione del primo istituto clericale cinese, la Congregatio Discipulorum Domini, e poco anche la prima università cattolica cinese, la Fu Ren, che oggi ha sede a Taiwan.
Il Cardinale Costantini tornò in Italia nel 1933, fu nominato segretario della Congregazione di Propaganda Fide, supportò la trduzione del Messale in Cinese. E il suo lavoro ebbe ulteriori frutti nel 1941 e 1942, quando due decreti dell’allora Sant’Uffizio approvarono l’uso del linguaggio locale per celebrare i sacramenti in Nuova Guinea, Giappone, Indocina, India ed Africa. Nel 1946 la Santa Sede stabilì la gerarchia ordinaria ecclesiale in Cina, e nel 1949 il Santo uffizio approvò l’uso del cinese per la celebrazione della Messa.
Sempre nel 1946, la delegazione apostolica di Pechino fu elevata al rango di nunziatura, e Pio XII instaurò la gerarchia episcopale cinese. Erano i risultati del lavoro di Costantini, tornato a Roma nel 1933 e diventato nel 1935 segretario della Congregazione di Propaganda Fide.
Mantenne l’incarico fino al 1953, anno in cui Pio XII lo creò cardinale. Nel 2016, è stata avviata la sua causa di beatificazione.
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