Manama, 06 November, 2022 / 8:25 AM
E' l'ultimo giorno del Papa nel Bahrein. Francesco incontra i vescovi, i sacerdoti, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali presso la Chiesa del Sacro Cuore a Manama.
Questa chiesa ha una storia importante perchè è la prima chiesa cattolica dell’intera area del Golfo. Fu lo Sceicco Haman Bin Isa Al Khalifa negli anni ‘30 ad offrire un appezzamento di terreno ai cattolici per costruire la chiesa. Nel corso degli anni, con la crescita della comunità cristiana, la chiesa è stata ampliata e sono stati aggiunti: un campanile, nel 1949, e, tra le altre cose, un centro polivalente, nel 1990.
Il Papa viene accolto davanti alla chiesa parrocchiale da tre bambini accompagnati da una religiosa che gli offrono dei fiori. Riceve quindi il benvenuto da parte dell’Amministratore Apostolico del Vicariato dell’Arabia del Nord Mons. Paul Hinder, e dal Parroco, il quale gli porge la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione.
Insieme percorrono la navata centrale fino ad arrivare al presbiterio, mentre il coro intona un canto. Ci sono varie testimonianze, di un operatore pastorale e una suora, poi il Pontefice pronuncia il suo ultimo discorso nel Bahrein e guida la preghiera dell'Angelus domenicale.
"È bello appartenere a una Chiesa formata da storie e volti diversi, che trovano armonia nell’unico volto di Gesù", dice subito Papa Francesco ai religiosi. La stragrande maggioranza dei cristiani nel Paese (pari a circa il 15% della popolazione, il 70% della quale è musulmana) è costituita da cittadini stranieri che vi risiedono per motivi di lavoro. Provengono per lo più da Iraq, Turchia, Siria, Libano, Egitto, Palestina e Giordania, ma anche dallo Sri Lanka, India, e Filippine e da Paesi occidentali. Da notare peraltro che il Bahrein è uno dei pochi Paesi del Golfo ad avere una popolazione cristiana locale: sono circa mille fedeli, in maggioranza cattolici di origine araba giunti in Bahrein tra il 1930 e il 1950.
La Conferenza dei Vescovi Latini per la Regione Araba riunisce i vescovi di rito latino presenti in Israele, Giordania, Palestina, nei Paesi della Penisola Arabica, in Siria, Libano, Cipro, Gibuti e Somalia. È stata istituita il 31 marzo 1967. In base ai suoi Statuti approvati il 23 agosto 1989, la presidenza spetta di diritto al Patriarca latino di Gerusalemme, attualmente Mons. Pier Battista Pizzaballa,Amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini.
Francesco prende spunto dal Vangelo odierno e commenta: "Ricordiamoci sempre questo: la Chiesa nasce dal costato aperto di Cristo, da un bagno di rigenerazione nello Spirito Santo. Non siamo cristiani per nostro merito o solo perché aderiamo ad un credo, ma perché nel Battesimo ci è stata donata l’acqua viva dello Spirito, che ci rende figli amati di Dio e fratelli tra di noi, facendoci creature nuove. Tutto sgorga dalla grazia, tutto viene dallo Spirito Santo". E a questo punto il Pontefice si sofferma su tre grandi doni che lo Spirito Santo "ci consegna e ci chiede di accogliere e di vivere": la gioia, l’unità, la profezia.
"Lo Spirito è sorgente di gioia. L’acqua dolce che il Signore vuole far scorrere nei deserti della nostra umanità, impastata di terra e di fragilità, è la certezza di non essere mai soli nel cammino della vita", dice il Papa. "Facciamo circolare la gioia del Vangelo anche in un’azione pastorale vivace,
specialmente per i giovani, per le famiglie e per le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.La gioia cristiana è contagiosa, perché il Vangelo fa uscire da sé stessi per comunicare la bellezza dell’amore di Dio. Dunque è essenziale che nelle comunità cristiane la gioia non venga meno e sia condivisa", continua Francesco sul primo dono.
Poi, lo Spirito Santo è sorgente di unità. "Le chiacchiere distruggono una comunità. Le divisioni del mondo, e anche le differenze etniche, culturali e rituali, non possono ferire o compromettere l’unità dello Spirito. Al contrario, il suo fuoco brucia i desideri mondani e accende la nostra vita di quell’amore accogliente e compassionevole con cui Gesù ci ama, perché anche noi possiamo amarci così tra di noi", ne è convinto il Papa.
"Cerchiamo di essere custodi e costruttori di unità! Per essere credibili nel dialogo con gli altri, viviamo la fraternità tra di noi", commenta il Pontefice. Infine, lo Spirito è sorgente di profezia. "Anche noi abbiamo questa vocazione profetica: tutti i battezzati hanno ricevuto lo Spirito e sono profeti. Ho apprezzato che Suor Rose abbia parlato del ministero svolto tra le detenute, nelle carceri: una possibilità di cui essere grati. La profezia che edifica e conforta queste persone è condividere con loro il tempo, spezzare la Parola del Signore, pregare con loro", commenta il Papa riferendosi ad una delle testimonianze.
Il Pontefice poi mostra la sua gioia per l’accordo che è stato firmato in Etiopia, e invoca ancora una volta la pace "affinchè si percorra la via del dialogo". "E chiedo a voi di pregare per la martoriata Ucraina e che la guerra finisca", aggiunge il Papa.
Il Papa, dopo aver ringraziato tutti e firmato il Libro d'Onore, visita in forma strettamente privata l’antica Chiesa del Sacro Cuore, accompagnato dai Superiori della Segreteria di Stato, dai Cardinali, dal Nunzio Apostolico e dall’Amministratore Apostolico. Poi si dirige verso Sakhir Air Base di Awali per la cerimonia di congedo.
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