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Un servizio di EWTN News

Diplomazia pontificia, la geopolitica della Santa Sede

Il Cardinale Parolin all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Non solo l’Ucraina, o gli scontati Palestina e Libano. La Santa Sede guarda con attenzione agli scenari in tutto il mondo, dalle persecuzioni della Chiesa in Nicaragua passando per la situazione in Yemen e Libia, senza mancare di denunciare la promozione di nuovi diritti.

Il discorso del Cardinale Parolin in apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite definisce quali sono gli scenari su cui la Santa Sede è attualmente più concentrata, e serve per comprendere quali saranno i suoi punti chiave. A questo, si deve aggiungere una relazione dell’arcivescovo Gallagher al V Forum del Gran Sasso, che punta il dito contro sovranismi e nazionalismi.

Tra le notizie, l’arrivo del presidente Macron in Vaticano il prossimo 24 ottobre.

                                    FOCUS MULTILATERALE

Il Cardinale Parolin all’ONU di New York, apertura della 77esima sessione dell’Assemblea Generale

Come capo delegazione della Santa Sede, il Cardinale Parolin ha parlato il 24 settembre all’apertura della 77esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, pronunciando un discorso intitolato: “Un momento spartiacque: soluzioni trasformative per connettere le sfide”.

Il Cardinale Parolin ha detto che lo scorso anno, quando si era unito all’assemblea in maniera virtuale, aveva parto della “oscure nubi che vagavano sull’umanità”, e che un anno dopo si può dire che alcune nubi sono state dissoltte, mentre altre, ancora più scure sono arrivate.

“I conflitti armati – ha detto il Segretario di Stato vaticano – colpiscono il nostro mondo con una estensione che non si è vista dal 1945, con circa 2 miliardi di persone che vivono in zone di conflitto e ancora più milioni sfollati con la forza”.

A questo si aggiunge la paura di una nuova escalation nucleare, mentre il mondo continua ad affrontare le sfide del cambiamento climatico, la migrazione mista e l’attuale pandemia da COVID 19, e mentre l’insicurezza alimentare e la scarsità dell’acqua ora colpiscono grandi porzioni della popolazione globale”.

È davvero “un momento spartiacque”, in cui si deve puntare di nuovo sul multilaterale per restaurare uno stile diplomatico.

Il Cardinale Parolin ha ricordato che Paolo VI, quando visitò le Nazioni Unite nel loro 20esimo anniversario, lanciò il grido: “mai più la guerra”. Eppure, in questi ultimi anni la capacità delle Nazioni Unite di fermare le guerre è stato fortemente messo in discussione in questi ultimi anni dai conflitti che continuano a scoppiare. Eppure “la Santa Sede crede fermamente nel multilateralismo e nel ruolo non sostituibile delle Nazioni Unite”.

Il Cardinale ha apprezzato lo sforzo dell’Assemblea di “rivitalizzare alcuni aspetti del proprio lavoro”, un processo che si tiene di fronte ad una “crisi di credibilità, che viene fuori non solo dalla sua apparente impotenza in tempi di crisi, ma anche dalla promozione dell’agenda in molti fora internazionali”.

La Santa Sede non può che rincrescersi del fatto che le decisioni chiave sono ormai spesso fatte alle Nazioni Unite al di fuori di un genuino processo di negoziazione, che si trova in contrasto con “la vera natura della diplomazia multilaterale”.

Per questo, il processo di revitalizzazione non può che restaurarsi sui fondamenti degli “obiettivi comuni” della Carta delle Nazioni Unite, vale a dire “pace e sicurezza, diritti umani e sviluppo”.

Il Cardinale Parolin ha denunciato con forza che “la cooperazione internazionale è messa a rischio dalla flagrante imposizione di politiche contestate che non hanno consenso, specialmente nell’area dei diritti umani”, e il riferimento non può che essere, per esempio, agli aggettivi pro-gender inseriti in tutti i possibili contesti, usati per “ridisegnare il mondo e la persona umana ad immagine e idee di autonomia radicale”.

E invece i diritti umani “non sono nicchia”, non sono “determinati dai media reazionari di mass media e culture”, ma sono piuttosto “fermamente radicati nei valori universali, come il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, coscienza, religione, opinione ed espressione”, mentre l’istituzione della famiglia “deve essere protetta”.

Il Cardinale Parolin ha anche notato che i membri del Consiglio di Sicurezza, e in particolare i membri permanenti, hanno “una responsabilità cruciale per il mantenimento della pace e dell’ordine nel mondo”.

Oggi, ha notato il Cardinale Parolin, il futuro resta “elusivo per gran pare della famiglia umana”, continua la violenza ovunque, e la devastazione della guerra non colpisce solo direttamente le persine che vivono nelle zone esposte alla guerra, ma hanno anche “impatto indiretto su un numero incalcolabile di persone lontane dal fronte”.

Il Cardinale Parolin ha ricordato che l’8 per cento della popolazione del mondo manca di cibo, che ci sono 828 milioni di persone affamate, e il tutto mentre “le spese per le armi oggi hanno raggiunto livelli osceni” e servono solo a far crescere l’insicurezza alimentare e a restringere l’accesso alla sanità che è già in crisi a seguito del COVID 19.

Il Segretario di Stato ha messo in luce come la guerra in Ucraina abbia “esacerbato tendenza globali già preoccupanti”, e che oggi si vive anche, a causa della guerra, la mancanza di grano e olio per cuocere, mentre si è stati vulnerabili a causa di politiche energetiche di corte vedute.

Il conflitto in Ucraina si presenta con il pericolo di una devastazione nucleare, sia per le armi, sia per i danni che potrebbero essere stati causati alla centrale nucleare di Zhaporizhia. “Per evitare un disastro globale, è necessario ci sia un impegno serio a trovare una soluzione pacifica al conflitto”, ha detto il Cardinale.

Il quale ha poi ricordato che l’Europa sta vivendo anche la più larga crisi di rifugiati dal Secondo dopoguerra, e questo mentre “la cornice di leggi internazionali e accordi che forniscono protezione ai rifugiati e difendono i diritti umani dei migranti” è sotto stress, perché i flussi misti sono “notoriamente difficili da gestire”.

Il capo della diplomazia della Santa Sede ha fatto anche una disamina della situazione internazionale. Al primo posto, la situazione in Palestina. La Santa Sede ha denunciato anche l’uccisione del giornalista Shireen Abu Akleh durante in conflitto a fuoco tra esercito israeliano e palestinesi lo scorso 11 maggio.

Quindi, il Cardinale Parolin guarda al Libano, che spera ancora di ricevere il Papa; menziona il conflitto in Yemen, dove le parti sembra aver raggiunto una tregua; spero che si ripristini il negoziato di Vienna per concludere l’accordo con L’Iran sulla gestione del nucleare; guarda con preoccupazione alla Libia, al deterioramento dei diritti umani nel Sahel, della violenza in Africa occidentale e non solo.

(La storia continua sotto)

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La Santa Sede, infatti, “segue con preoccupazione le situazioni di violenza e i conflitti armati ad est della Repubblica Democratica del Congo”, non dimentica la situazione tesa in alcune parti di Etiopia, mette tra le nazioni più sotto la lente di ingrandimento il Sudan, il Ciad, il Mali, il Burkina Faso e la Guinea, nota le “precarie condizioni umanitarie in Sud Sudan”.

Si guarda poi all’America Latina, alla “delicata situazione in Nicaragua, ma anche ai continui episodi di violenza ad Haiti”. E non si dimentica la situazione al confine tra Armenia e Azerbaijan, laddove quest’ultimo ha lanciato nuovi attacchi”.

Il Cardinale Parolin affronta poi il tema dell’emergenza climatica, ricorda che la Santa Sede ha “recentemente depositato gli strumenti di accessione sia alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, sia sull’Accordo di Parigi.

Un altro grande tema è quello dell’ambiente digitale, ma servono soprattutto approcci unificati, nota il Cardinale Parolin. E per questo, la ricerca di una soluzione in questo “momento spartiacque”, è quella di “riaffermare l’inalienabile dignità che ci unisce”.

Il Cardinale Parolin all’ONU, “lavorare per l’eliminazione totale delle armi nucleari”

Nel mezzo della crisi in Ucraina, con lo spettro di una guerra nucleare agitato i maniera nemmeno troppo velata dal presidente russo Vladimir Putin, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, interviene ad un incontro di Alto Livello per Commemorare la Giornata Internazionale per la Totale Eliminazione delle Armi Nucleari, in un discorso che rivela anche la linea diplomatica della Santa Sede.

Da tempo, sul tema del nucleare, la Santa Sede ha avuto un approccio chiaro: sì al nucleare pacifico, come dimostra anche l’adesione come Stato membro al’AIEA; no alle armi nucleari, come parte più generale di un impegno per l’utopia del disarmo integrale.

Il 26 settembre, intervenendo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Cardinale Parolin ha sottolineato che “la minaccia ripugnante dell’uso di armi nucleare” che ha accompagnato il conflitto in ucraina “illustra quanto il mondo sia arrivato vicino all’abisso di una guerra nucleare”. Una “minaccia incombente”, che mette a rischio la sicurezza internazionale.

Il Segretario di Stato vaticano ha espresso “profondo rincrescimento per la mancanza di un documento consensuale alla Decima Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione”, e notato che la Santa Sede “ha notato con preoccupazione, che, anche nella bozza adottata”, mancano significativi “nuovi impegni per il disarmo”, cosa che “non ci avrebbe comunque portato più vicini a un mondo libero da armi nucleari”.

Il Cardinale Parolin ha anche notato che il regime del disarmo ha comunque una direzione, e che questa è fornita, ad esempio, dalla Dichiarazione e dal Piano di Azione degli Stati Parte del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari.

La Santa Sede, insomma, chiede l’impegno degli Stati a ratificare le convenzioni non ancora in forza, e a portare avanti l’impegno per una “totale eliminazione delle armi nucleari”, con una risposta collettiva e concertata.

La Santa sede all’OSCE, le Conferenze sulla dimensione Umana

La rappresentanza della Santa Sede all’OSCE ha partecipato alla Conferenza sulla Dimensione Umana di Varsavia.

Il 29 settembre, monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede all’OSCE, ha affrontato il tema dell’intolleranza e discriminazione, che “sta crescendo”, in un numero che “allarma la Santa Sede”, in particolare il crescente numero di attacchi a sinagoghe, moschee, chiese, altri luoghi di culto, cimiteri e siti religiosi”.

Sono fenomeni che “fanno crescere un senso di insicurezza, hanno un impatto negativo sulle vite quotidiane dei cristiani e dei membri di altre religiose”, a cui va risposto cominciando a riconoscere che queste “sono sfide di preoccupazione comune”.

La Santa Sede all’OSCE, il diritto alla vita

Il 28 settembre, la Conferenza della Dimensione Umana di Varsavia si è concentrata sul tema delle libertà fondamentali.

Monsignor Urbanczyk ha sottolineato che il suo dovere distintivo è quello di “insistere sulla centralità della libertà di pensiero, coscienza, religione o credo”, e messo in luce che oggi “il non derogabile diritto umano a vivere e agire secondo quello che dice la propria coscienza” è “messo alla prova in differenti modi”, a partire dalla falsa idea che le religioni siano “un fattore negativo, anziché positivo nella società”.

Da qui, vengono le limitazioni alla libertà religiosa, inclusi i riti o il modo di vestire, nonché le limitazioni al diritto dei genitori di assicurare l’educazione religiosa e morale”.

La Santa Sede ha anche denunciato che le violazioni dell’autonomia delle comunità religiose “possono anche provenire da alcune leggi anti-discriminazione, che possono limitare il loro diritto di assumere e mantenere le persone secondo le vedute e gli interessi delle comunità”.

Monsignor Urbanczyk ha messo anche in luce come vengano adottati strumenti anti-discriminatori per discriminare, e che si arriva anche a considerare l’odio di fede alla pari dell’odio religioso.

La Santa Sede alle Nazioni Unite, affari umanitari e sociali

Il 29 settembre, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato di fronte al Terzo Comitato dell’Assemblea Generale, che si occupa dei temi dei diritti umani e degli affari sociali e umanitari.

Il nunzio ha sottolineato che “la dimensione sociale dello sviluppo è al centro di uno sviluppo integrale basato sulla persona umana”, e che questo approccio è “radicato in una uguale dignità e valore intrinseco di ogni essere umano”, e non può avere luogo senza “misure di sradicamento della povertà, programmi di protezione sociale che proteggono la famiglia come fondamentale unità della società, ed educazione di qualità per tutti”.

L’arcivescovo Caccia ha anche messo in guardia dalla “tentazione di ridurre il valore degli esseri umani alla loro capacità di produrre”.

Gallagher al V Forum del Gran Sasso, attenzione ai sovranismi

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è intervenuto al V Forum del Gran Sasso, sul tema “Un nuovo Rinascimento per l’Europa: il ruolo della ricerca e della formazione”.

Nel suo intervento, il “ministro degli Esteri” vaticano ha sottolineato il ruolo “sempre più periferico e marginale dell’Europa”, che sembrano tenere lontana l’idea di un Rinascimento europeo, anche alla luce di quello che sta succedendo in Ucraina, nonché delle conseguenze della pandemia”.

Per Gallagher, non c’è vero rinascimento se non c’è la persona umana al centro. Intano, la crisi ucraina ha messo in luce “la debolezza del multilateralismo e del diritto internazionale sul quale si fonda e che ha consentito, pur con difficoltà e tra alterne vicende, la stabilità e la pace nel mondo e, specialmente, in Europa”.

Per arrivare alla pace, si deve prima di tutto “ristabilire la giustizia e riaffermare il diritto”, fondandola sulla verità, senza imporla”.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Europa ha vissuto un lungo periodo di pace, ma “il conflitto in Ucraina e la crescente tentazione dei sovranismi” mettono “in discussione l'equilibrio fin qui raggiunto” e mostrano “come una vera e durevole pace, premessa indispensabile per un nuovo rinascimento europeo, non può ridursi a mera assenza di guerra, determinata da equilibri di potere o a convenienza economica”. La pace, così come un nuovo rinascimento, richiedono “ricerca e formazione”, pur di fronte alla “generale assenza di prospettiva” che genera, soprattutto nei giovani un senso di sfiducia”.

L’arcivescovo ha chiesto dunque di parlare in sede europea di “solidarietà intergenerazionale”, considerando che “nessun futuro si costruisce veramente senza pace, la quale per essere tale deve essere ancorata nella verità, nella giustizia e nella carità”.

                                                FOCUS BILATERALE

Il ministro degli Esteri messicano incontra Parolin

Durante la sua permanenza a New York per l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Il Cardinale Parolin ha incontrato anche Marcelo Ebrard, segretario per le relazioni estere. Ebrard ha comunicato al Segretario di Stato la richiesta del presidente Andrés Manuel Lopez Obrador che il Papa Francesco si faccia mediatore per la pace in Ucraina, portandogli la proposta di pace dello stesso presidente.

La stessa proposta è stata lasciata al ministro degli Esteri russo Lavrov, anche lui all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

                                                FOCUS PAPA FRANCESCO

Macron dal Papa il 24 ottobre

Il presidente francese Emmanuel Macron dovrebbe fare visita a Papa Francesco il prossimo 24 ottobre. È la terza volta che Macron fa visita al Papa, dopo esservi stato a novembre 2021 e a giugno 2018.

Macron sarà a Roma dal 23 ottobre per partecipare all’inaugurazione del raduno annuale della Comunità di Santt’Egidio, e la visita in Vaticano sarà inclusa nel viaggio. Previsto anche un bilaterale con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

Tra i temi di discussione possibili, la guerra in Ucraina, ma anche l’apertura del dibattito sull’eutanasia in Francia.

L'ultimo incontro tra Papa Francesco e Macron risale solo al 26 novembre 2021. I due uomini si erano scambiati a porte chiuse per un'ora. Avrebbero poi discusso molti argomenti come la pandemia, l'ecologia, il Libano, la crisi dei migranti in Polonia, Venezuela o Etiopia.

Nota a margine,: nell’agenda del Papa prevista anche il 10 ottobre una visita del presidente di Montenegro.

                                                FOCUS NUNZIATURE

L’arcivescovo Borgia nominato nunzio in Libano

Il 24 settembre Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Paolo Borgia Nunzio Apostolico in Libano. Il diplomatico italiano, 56 anni, era da tre anni nunzio apostolico in Costa d'Avorio. Succede all’arcivescovo Joseph Spiteri, nominato lui stesso nunzio apostolico in Messico nell'estate del 2022.

In diverse occasioni papa Francesco ha espresso il desiderio di visitare il Libano. Così, al suo ritorno dall'Iraq, durante la conferenza stampa in aereo con i giornalisti, l'8 marzo 2021, il pontefice aveva detto di aver promesso, in una lettera al cardinale Bechara Raï, che sarebbe andato in Libano..

Il nunzio italiano potrebbe quindi avere la delicata missione di preparare un viaggio per il papa in questo Paese, afflitto dall'ottobre 2019 da una crisi economica, sociale e finanziaria senza precedenti, aggravata da una grave impasse politica.

Un viaggio in Libano era previsto a giugno di quest’anno, e sarebbe proseguito con una tappa a Gerusalemme per incontrare il Patriarca di Mosca Kirill. Il viaggio, comunque, non era stato ufficializzato e non ha poi avuto luogo.

L'arcivescovo Chullikat nominato nunzio in Bosnia Erzegovina e Montenegro

L'1 ottobre, l'arcivescovo Francis Assisi Chullikatt è stato nominato nunzio apostolico in Bosnia e Erzegovina e nella Repubblica di Montenegro. Dal 2016, era Nunzio Apostolico in Kazakhstan, Kyrgyzstan e Tadjikistan. Precedentemente, era stato nunzio in Giordania dal 2008 al 2010 e poi Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York dal 2010 al 2014. 

L'ultima attività di Chullikat a Astana è stata l'organizzazione della visita del Papa nel Paese.

Monsignor Grysa nominato nunzio in Madagascar

Il 27 settembre, Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Madagascar e delegato apostolico nelle Isole Comore, con funzioni di delegato apostolico in La Riunione, monsignore Tomasz Grysa, consigliere di nunziatura.

Monsignor Tomasz Grysa è nato a Poznan in Polonia il 16 ottobre 1970. È stato ordinato sacerdote il 25 maggio 1995, incardinandosi nell'arcidiocesi di Poznan. Si è laureato in Diritto canonico. È entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 2001.

Da allora, ha servito nelle nunziature di Federazione Russa, India, Belgio, Messico, Brasile, Missione Permanente presso l’O.N.U. (New York), Israele e la Delegazione Apostolica in Gerusalemme e Palestina.

 

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