Nur-Sultan, 13 September, 2022 / 3:52 PM
È un discorso che prende le mosse intorno alla dombra, il particolare strumento a corde kazako, quello con cui Papa Francesco comincia i suoi tre giorni di viaggio in Kazakhstan. Un discorso che chiede alla diplomazia di aprirsi al dialogo e all’incontro, secondo quella cultura dell’incontro che Papa Francesco ha sempre voluto caratterizzasse il suo pontificato.
Papa Francesco è arrivato in Kazakhstan, e ha subito il primo incontro ufficiale, quello tradizionalmente rivolto ad autorità e società civile del Paese. Scopo del suo viaggio è la partecipazione all’Incontro Mondiale dei Leader delle Religioni e Tradizioni, un appuntamento triennale che si tiene in Kazakhstan dal 2003. Ci sarebbe dovuto esser anche il Patriarca di Mosca Kirill, che alla fine ha deciso di non venire. Ci sarà, invece, il Grande Imam di al Azhar, che Papa Francesco dovrebbe incontrare per la sesta volta.
La dombra, dunque. Papa Francesco la definisce come “simbolo di armonia del Paese”, ma anche “emblema culturale e uno dei simboli più importanti del Kazakhstan”, e “simbolo di continuità nella diversità”, considerando che la dombra era suonata sin dall’antichità.
È un legame con il passato che va coltivato, considerando che il Kazakhstan “reca impressa una gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza”, che contano anche “campi di prigionia e deportazioni di massa”. Eppure, nota Papa Francesco, “i kazaki non si sono lasciati imprigionare da questi soprusi: dalla memoria della reclusione è fiorita la cura per l’inclusione”.
E così, in una terra di grandi spostamenti di popoli, il “ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppop etnico, sociale, religioso”.
Come la dombra che si suona pizzicando due corde, anche il Kazakhstan, dice Papa Francesco, è “caratterizzato dalla capacità di procedere creando armonia tra ‘due corde parallele’: temperature tanto rigide in inverno quanto elevate in estate; tradizione e progresso, ben simboleggiate dall’incontro di città storiche con altre moderne, come questa capitale”. Ma soprattutto, le due anime asiatica ed europea, che fanno del Kazakhstan un ponte ideale tra le culture.
Papa Francesco ricorda che un proverbio locale sottolinea che “la fonte del successo è l’unità”, ed è un proverbio importante in una nazione che conta circa 150 gruppi etnici e 80 lingue diverse, tutte portatrici di storie e tradizioni culturali diverse, che fanno del Kazakhstan “un laboratorio multi-etnico, multiculturale e multireligioso unico”, rendendolo “un Paese dell’incontro”.
Per Papa Francesco, l’urgenza è proprio quella di essere Paese dell’incontro, obiettivo cui devono tendere in particolare le religioni. E nasce da qui la sua decisione di partecipare al VII Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali.
Un incontro che avviene in un Paese laico, che prevede la “libertà religiosa e di credo”, laddove la laicità deve essere quella che riconosce “il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode, rappresenta una condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose”.
Per Papa Francesco, le religioni “mentre svolgono il ruolo insostituibile di ricercare e testimoniare l’Assoluto, necessitano della libertà di esprimersi. E dunque la libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile”.
Papa Francesco apprezza anche che la Costituzione ha abolito la pena di morte “in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano”, ma oltre a quello serve “garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme”.
Sempre ispirandosi alla dombra, Papa Francesco sottolinea che le autorità civili sono “prime responsabili della promozione del bene comune”, e che questo si attua attraverso la democrazia, motivo per cui plaude al fatto che “è stato avviato, soprattutto negli ultimi mesi, un processo di democratizzazione volto a rafforzare le competenze del Parlamento e delle Autorità locali e, più in generale, una maggiore distribuzione del potere”.
Papa Francesco sottolinea che “ovunque occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo”, perché “una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli”, ma anche “di misure di contrasto alla corruzione”.
Per Papa Francesco, è “questo stile politico realmente democratico è la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi e populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli”, cosa che si affianca anche “alla necessità di una certa sicurezza economica, che qui all’inizio dell’anno è stata invocata in regioni dove, nonostante le risorse energetiche siano cospicue, si avvertono varie difficoltà”.
Papa Francesco denuncia che questa è una sfida che riguarda “non solo il Kazakhstan, ma il mondo intero, il cui sviluppo integrale è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale”. E richiama anche il settore privato, oltre allo Stato, a “trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore”.
L’auspicio di Papa Francesco è che il Kazakhstan “continui ad essere sinonimo di armonia e di pace”, rimanendo uno snodo geopolitico che ha “un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità”, compito che gli diede Giovanni Paolo II quando andò in viaggio nel Paese nel 2021, appena dopo l’11 settembre.
E da qui, il Papa guarda alla situazione internazionale. Dice il Papa: “È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali”.
Sottolinea che “è l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti”. Afferma che “abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo ‘spirito di Helsinki’, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni”.
Per questo, ci vuole “comprensione, pazienza e dialogo con tutti”. Papa Francesco esprime “vivo apprezzamento per la rinuncia agli armamenti nucleari che questo Paese ha intrapreso con decisione; così come per lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, che l’Esposizione internazionale di cinque anni fa ha messo in risalto”.
Questi gesti, “insieme all’attenzione per il dialogo interreligioso, sono semi concreti di speranza piantati nel comune terreno dell’umanità, che sta a noi coltivare per le generazioni a venire; per i giovani, ai cui desideri occorre guardare per intraprendere le scelte di oggi e di domani”.
Il Papa assicura che l’impegno dei cattolici nel percorso del Paese, sottolineando che questi “desiderano continuare a testimoniare lo spirito di apertura e rispettoso dialogo che distingue questa terra”.
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