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Papa Francesco in Canada, “discernere tra secolarizzazione e secolarismo”

Papa Francesco durante i Vespri con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi e i seminaristi del Canada, Notre Dame de Quebec, 28 luglio 2022

Per Papa Francesco, la Chiesa deve liberarsi della negatività, per esprimere la gioia del Vangelo, e così portare avanti la fede in un mondo in cui Dio è stato messo fuori dall’orizzonte. E i pastori devono prendersi cura del loro gregge “con dedizione e tenerezza”, come fece Saint François de Laval, primo vescovo di Quebec, che fondò la cattedrale e aprì il seminario occupandosi per tutta la vita della formazione dei sacerdoti. Ma, soprattutto, devono imparare a discernere tra secolarizzazione e secolarismo e tornare al primo annuncio.

Quasi al termine del suo viaggio in Canada, Papa Francesco incontra, come tradizione, vescovi, sacerdoti, seminaristi, religiosi del Canada. Lo fa a fine giornata, per la preghiera dei Vespri, e come sempre in una omelia tratteggia le caratteristiche che crede debbano essere sostanziali per la Chiesa di domani.

Che è, per i pastori, donarsi “con la stessa generosità di Cristo”, prendendosi cura del gregge “volentieri, non per forza”, vale a dire “non come un dovere, non come stipendiati religiosi o funzionari del sacro, ma con cuore di pastori, con entusiasmo”.

Un obiettivo che si raggiunge solo guardando a “lui buon pastore prima che a noi stessi”, uno sguardo che fa scoprire di “essere custoditi con tenerezza”, e da cui scaturisce “la gioia della fede”, sorta “non dal vedere ciò che noi siamo capaci di fare, ma dal sapere che Dio è vicino, che ci ha amati per primo e ci accompagna ogni giorno”.

Papa Francesco sottolinea che la gioia cristiana non è “una gioia a buon mercato”, non è “legata a ricchezze e sicurezze, nemmeno alla persuasione che nella vita ci andrà sempre bene, senza croci e problemi”, ma è piuttosto “unita a un’esperienza di pace che rimane nel cuore anche quando siamo bersagliati da prove e afflizioni, perché sappiamo di non essere soli ma accompagnati da un Dio che non è indifferente alla nostra sorte”.

Il Papa chiede allora “come va la nostra gioia”, una domanda che porta anche a “riflettere su ciò che, nella realtà del nostro tempo, minaccia la gioia della fede e rischia di oscurarla, mettendo seriamente in crisi l’esperienza cristiana”, a partire dalla “secolarizzazione, che da tempo ha ormai trasformato lo stile di vita delle donne e degli uomini di oggi, lasciando Dio quasi sullo sfondo”.

Dio, continua Papa Francesco, sembra “scomparso dall’orizzonte, la sua Parola non pare più una bussola di orientamento per la vita, per le scelte fondamentali, per le relazioni umane e sociali”.

Ma no, non si deve diventare “vittime del pessimismo e del risentimento” di fronte alla cultura che ci osserva. Non si deve, chiosa Papa Francesco, prendere lo sguardo negativo che “nasce spesso da una fede che, sentendosi attaccata, si concepisce come una specie di ‘armatura’ per difendersi dal mondo”, rischiando di “rivestirsi di uno spirito da Crociata”.

Questo, dice Francesco, “non è cristiano”, anche perché “il Signore, che detesta la mondanità, ha uno sguardo buono sul mondo”, anzi “se ci fermiamo a uno sguardo negativo, finiremo per negare l’incarnazione, perché fuggiremo la realtà, anziché incarnarci in essa. Ci chiuderemo in noi stessi, piangeremo sulle nostre perdite, ci lamenteremo continuamente e cadremo nella tristezza e nel pessimismo, che non vengono mai da Dio”.

Papa Francesco, invece, chiede ai sacerdoti di “avere uno sguardo simile a Dio, che sa distinguere il bene ed è ostinato nel cercarlo”.

Papa Francesco riprende il pensiero sulla secolarizzazione di Paolo VI, che la riteneva parte di uno sforzo legittimo di comprendere il mondo, e che la distingueva dal secolarismo, che invece separa totalmente dal legame con il creatore, tanto che – scriveva Papa Montini – “Dio diventa superfluo e ingombrante e si generano nuove forme di ateismo subdole e svariate”.

Papa Francesco chiede ai pastori di saper discernere tra secolarizzazione e secolarismo, perché “se cediamo allo sguardo negativo e giudichiamo in modo superficiale, rischiamo di far passare un messaggio sbagliato, come se dietro alla critica sulla secolarizzazione ci fosse da parte nostra la nostalgia di un mondo sacralizzato, di una società di altri tempi nella quale la Chiesa e i suoi ministri avevano più potere e rilevanza sociale”.

Il Papa sottolinea che il problema della secolarizzazione “non dev’essere la minore rilevanza sociale della Chiesa o la perdita di ricchezze materiali o privilegi”, ma piuttosto di riflettere “sui cambiamenti della società”, considerando la secolarizzazione una sfida per la nostra organizzazione pastorale.

Così “lo sguardo che discerne, mentre ci fa vedere le difficoltà che abbiamo nel trasmettere la gioia della fede, ci stimola a ritrovare una nuova passione per l’evangelizzazione, a cercare nuovi linguaggi, a cambiare alcune priorità pastorali, ad andare all’essenziale”.

Papa Francesco sottolinea che oggi c’è bisogno “di annunciare il Vangelo per donare agli uomini e alle donne di oggi la gioia della fede”, e questo si fa soprattutto con la testimonianza, incarnandosi “in uno stile di vita personale ed ecclesiale che possa far riaccendere il desiderio del Signore, infondere speranza, trasmettere fiducia e credibilità”.

Come fare? Prima di tutto facendo conoscere Gesù, tornando al primo annuncio “nei deserti spirituali del nostro tempo, generati dal secolarismo e dall’indifferenza”, perché “occorre trovare vie nuove per annunciare il cuore del Vangelo a quanti non hanno ancora incontrato Cristo”, applicando creatività pastorale.

Secondo, si deve essere credibili, perché “il Vangelo si annuncia in modo efficace quando è la vita a parlare, a rivelare quella libertà che fa liberi gli altri, quella compassione che non chiede nulla in cambio, quella misericordia che senza parole parla di Cristo”.

Papa Francesco ricorda il percorso nuovo della Chiesa in Canada, sconvolta dallo scandalo degli abusi contro i minori, per i quali il Papa chiede perdono, ma anche impegnata in un “cammino di guarigione e riconciliazione con i fratelli e le sorelle indigeni”.

“Mai più – dice Papa Francesco - la comunità cristiana si lasci contaminare dall’idea che esista una superiorità di una cultura rispetto ad altre e che sia legittimo usare mezzi di coercizione nei riguardi degli altri”.

L’esempio è dato ancora dal vescovo de Laval, che “si scagliò contro tutti coloro che degradavano gli indigeni inducendoli a consumare bevande per truffarli”. Non permettiamo, aggiunge Papa Francesco, “che alcuna ideologia alieni e confonda gli stili e le forme di vita dei nostri popoli per cercare di piegarli e di dominarli”.

È una cultura che va sconfitta a partire dai pastori stessi, chiamati ad essere “protagonisti e i costruttori di una Chiesa diversa: umile, mite, misericordiosa, che accompagna i processi, che lavora decisamente e serenamente all’inculturazione, che valorizza ognuno e ogni diversità culturale e religiosa”.

La terza sfida è invece quella della fraternità, perché “la Chiesa sarà credibile testimone del Vangelo quanto più i suoi membri vivranno la comunione, creando occasioni e spazi perché chiunque si avvicini alla fede trovi una comunità ospitale, che sa ascoltare ed entrare in dialogo, che promuove una qualità buona delle relazioni”.

Per Papa Francesco, si tratta “di vivere una comunità cristiana che così diventa scuola di umanità, dove si impara a volersi bene come fratelli e sorelle, disposti a lavorare insieme per il bene comune”, considerando che la Chiesa è chiamata ad incarnare “l’amore senza frontiere di Dio”, per costruire il sogno di Dio per l’umanità di “essere fratelli tutti”.

La strada è “promuovere relazioni di fraternità con tutti, con i fratelli e le sorelle indigeni, con ogni sorella e fratello che incontriamo, perché nel volto di ognuno si riflette la presenza di Dio”.

(La storia continua sotto)

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Queste sfide, Papa Francesco conclude, non si possono portare avanti “solo con la forza dello Spirito, che sempre dobbiamo invocare nella preghiera”, ma anche senza lasciare “entrare in noi lo spirito del secolarismo, pensando di poter creare progetti che funzionano da soli e con le sole forze umane, senza Dio”.

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