Città del Vaticano , 24 June, 2022 / 9:00 AM
Il Minnesota dove ebbe luogo la più grande esecuzione di massa di nativi americani. Il Minnesota che è lo Stato USA dove la questione razziale è ancora fortissima. Il Minnesota, dove il 25 maggio 2020 ci fu l’omicidio extragiudiziale di George Floyd ad opera del poliziotto Derek Chauvin, il primo poliziotto USA incriminato per l’omicidio di un uomo di colore. Ma anche il Minnesota dove le Chiese cristiane si interrogano insieme, vanno alle radici di quel razzismo latente, riconoscono e loro responsabilità, e redigono una proposta per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani ispirata dall’acqua e dalla pietra, che comincia con l’inno che cantarono quei 38 nativi americani prima della loro esecuzione di massa.
La Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 2023 ha come tema il passo di Isaia “Imparate a fare il bene; cercate la giustizia”. I testi del sussidio nascono su progetto del Consiglio delle Chiese del Minnesota, proprio a seguito dell’assassinio di George Floyd. Mentre – si legge in una nota del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani – “le comunità cristiane del Minnesota cercavano di rispondere all'angoscia di questi eventi, hanno anche riconosciuto la propria complicità”.
E ancora: “La Chiesa è chiamata ad essere il segno e lo strumento dell'unità che Dio desidera per tutta la sua creazione, ma la divisione tra i cristiani indebolisce la sua efficacia. I cristiani devono pentirsi delle loro divisioni e lavorare insieme per essere fonte di riconciliazione e di unità nel mondo”.
Il brano di Isaia è stato scelto anche perché il profeta parla in un momento particolare della storia di Israele, si legge nel sussidio, in un momento in cui l’alleanza tra trono e altare è simboleggiata anche da una prossimità fisica, e si arrivava a pensare che i ricchi che potevano fare offerte a Dio erano benedetti, mentre i poveri erano considerati maledetti da Dio, e “i poveri erano spesso denigrati per la loro incapacità economica di partecipare pienamente nel culto del tempio”. In questo contesto, “Isaia cerca di svegliare la coscienza del popolo di Giuda sulla realtà della situazione”, e le sue profezie “denunciano le strutture politiche, sociali e religiosi e l’ipocrisia di offrire sacrifici mentre i poveri sono oppressi”, e parla con forza “contro i leader corrotti e in favore degli svantaggiati, radicando la giustizia e il diritto nel solo Dio”.
Da qui, la riflessione che “i cristiani sono stati troppo spesso coinvolti in strutture di peccato come la schiavitù, la colonizzazione, la segregazione e l’apartheid che hanno privato altri della loro dignità sulle basi spurie della razza”. E questo è successo anche tra le Chiese, dove “i cristiani hanno fallito di riconoscere la dignità di tutti i battezzati e hanno rimpicciolito la dignità dei loro fratelli e sorelle in Cristo sulle basi di una supposta differenza razziale”.
L’oppressione, notano i redattori, è “dannosa per tutta l’umanità. Non ci può essere unità senza giustizia. Mentre preghiamo per l’unità cristiana, dobbiamo riconoscere l’oppressione attuale e generazionale, ed essere risoluti nel nostro impegno di pentirci di questi peccati”.
I membri del gruppo di lavoro del sussidio sono “uomini, donne, madri, padri, raccontatori di storie e guaritori”, e rappresentano “diverse esperienza di culto e di espressioni spirituali, sia dei popoli indigeni che di comunità che sono immigrate, volontariamente o forzatamente, con diversi livelli di accesso alle loro storie individuali linguistiche e culturali”.
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