Kiev, 05 March, 2022 / 12:30 AM
Si era rivolto agli sfollati, che sono ormai più di un milione, e in molti stanno attraversando il confine, scappando da una guerra che è caduta sulla loro testa. Ora, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, mette in luce di un dramma ecologico umanitario.
Lo fa nel videomessaggio quotidiano del 4 marzo, arrivato a seguito delle notizie dell’incendio alla centrale nucleare di Zaporizhya, per fortuna senza conseguenze. Dopo Chernobyl, dunque, un’altra battaglia si è consumata vicino ad un reattore nucleare, alimentando così il problema ecologico umanitario che è già stato molto presente in questi anni di conflitto, se si considera che le acque nelle aree di conflitto risultavano avvelenate. Nel suo videomessaggio, Sua Beatitudine Shevchuk si rivolge “a tutti coloro che hanno a cuore l'ambiente, che hanno a cuore la coscienza ecologica dell'umanità. Dobbiamo immediatamente fare di tutto per fermare questa guerra. Perché davanti ai nostri occhi si sta compiendo non solo una catastrofe umanitaria, ma la possibilità di infliggere un colpo irreparabile alla creazione di Dio, che non sarà possibile rimediare per lunghi decenni a venire”.
Ma il pensiero dell’arcivescovo maggiore va anche ai milioni di persone lasciare l’Ucraina come profughi, e che Sua Beatitudine aspetta al ritorno a casa, perché “l’Ucraina resiste, l’Ucraina combatte”. Aggiunge: “Qui a Kyiv, avvertiamo chiaramente che il santo patrono della nostra città è l'Arcangelo Michele Arcistratega, che chiamiamo Colui che, come Dio, ha gettato nell'abisso Lucifero, il capo dell'esercito del diavolo che si è ribellato alla verità di Dio. Oggi vediamo che l'Arcistratega Michele sta combattendo per l'Ucraina con l'intero esercito celeste”.
Nel videomessaggio del 5 marzo, Sua Beatitudine rivolge il pensiero alle città del Nord Est, e in particolare a Kharkiv, a Sumy dove ci sono combattimenti per strada, a Chernihiv colpita dalle bombe, dove "inizia una vera catastrofe umanitaria", e poi anche a Mariupil, Volnovakha, Kherson, dove gli abitanti "non possono fuggire" e viene anche "ostacolata la consegna dei viveri".
Sua Beatitudine si rivolge anche alla comunità internazionale: "Non dobbiamo tacere, facciamo tutto affinché i convogli umanitari possano raggiungere quelle città che oggi il nemico crudele ha stretto nella sua morsa". Chiede corridoi umanitari e "percorsi verdi per la vita affinché la popolazione civile possa spostarsi in luoghi più sicuri", e ringrazia i volontari che arrivano anche dalle città pacifiche a dare una mano.
Difficilissima la situazione dei profughi. Eppure le reti Caritas delle nazioni confinanti stanno facendo un lavoro straordinario. In Ungheria, la Caritas locale ha già accolto 140 mila persone arrivate dal piccolo confine che separa i due Paesi. La Polonia ne ha raccolti 700 mila. Caritas Polonia ha allestito cinque tende della speranza, strutture nelle quali migliaia di persone che hanno appena varcato il confine si riposano, si rifocillano e ricevono denaro e schede telefoniche oltre ad altri aiuti materiali. Inoltre, nelle Diocesi di Przemysl e Sandomierz ha aperto rifugi, in ciascuno dei quali trovano accoglienza 100-120 persone. Mentre sta elaborando un Appello di emergenza per i prossimi mesi, si sta occupando anche dei numerosi minori espatriati provenienti dagli orfanotrofi ucraini; per ora ha coordinato l’assistenza dei primi 300, molti dei quali disabili.
La Caritas non ha interrotto nemmeno l’assistenza domiciliare ad anziani e persone fragili rimasti nelle loro case. Caritas Spes (espressione della Chiesa cattolica latina in Ucraina) è attiva lungo i confini; e ha aggiunto ai suoi centri di servizio ordinari – soprattutto nella zona di Leopoli e Zakarpattia – 10 nuovi rifugi (tende riscaldate di emergenza), nei quali ospita, sfama e distribuisce ogni giorno aiuti materiali e medicinali a più di 2.500 sfollati interni, soprattutto madri con bambini. Per migliaia di sfollati lavorano anche 14 cucine, in varie località.
Caritas Romania ha aperto un centro di assistenza a Siret, principale varco di confine con l’Ucraina, e 4 rifugi (per almeno 200 persone) dove i profughi pernottano e trovano assistenza per periodi più o meno prolungati. Organizza inoltre il transito dei rifugiati verso stazioni ferroviarie, in modo da facilitare il loro viaggio. Questo servizio è operativo soprattutto per i tanti rifugiati da Paesi terzi (in particolare Marocco e India) in fuga dall’Ucraina, dove lavoravano, e che a Bucarest vengono messi in contatto con le autorità dei rispettivi paesi per organizzare i rientri.
Attività analoghe vengono condotte anche dalle Caritas di Moldova, Slovacchia e Ungheria.
In tutta Italia, le diocesi si attivano anche per una eventuale ospitalità di rifugiati. La raccolta di fondi si accompagna anche l’organizzazione degli alloggi. Caritas Ambrosiana, per esempio, sta raccogliendo e censendo le disponibilità di alloggi nell’intera Diocesi di Milano per promuovere una rete di accoglienze diffuse, ed è arrivata a collezionare 304 disponibilità, messe a disposizione da 278 famiglie.
Caritas Internationalis ha chiesto con forza l’apertura di corridoi umanitari, e messo in atto programmi di aiuto anche con distribuzione di cibo e altri generi di prima necessità.
A Prato, la Misericordia ha promosso una raccolta umanitaria per l’Ucraina, che include farmaci, vestiario invernale e alimenti a lunga conservazione sono le necessità urgenti per la popolazione in guerra. Ma in particolare servono medicinali e materiali per la medicazione (bende, disinfettanti ecc.) e, richiesta arrivata nelle ultime ore, pannolini per bambini.
La Caritas di Loreto ha lanciato una raccolta fondi, ricordando che Caritas Italiana ha già stanziato 100 mila euro, e suggerendo di donare direttamente al coordinamento centrale.
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