Città del Vaticano , 30 January, 2022 / 11:00 AM
Nel messaggio per la Giornata Mondiale per i Malati di Lebbra, la Santa Sede chiede ancora una volta di superare lo stigma per quanti sono affetti dalla malattia, e riafferma il diritto, per quanti sono colpiti dal morbo di Hansen, di “una vita degna libera dalle discriminazioni causate dalla malattia”.
Come ogni anno, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Integrale invia un messaggio per la giornata dedicata ai malati di lebbra, forte anche dello straordinario impegno che da sempre la Chiesa ha messo in campo per aiutare i malati di lebbra. Ci sono 610 lebbrosari nel mondo, secondo i dati dell’Annuario Statistico della Chiesa che si riferiscono al 2019. Sono 192 in Africa, 55 in America (sia del Nord che del Sud), 352 in Asia, 10 in Europa e 1 in Oceania. Lo scorso anno, ci sono stai 127 mila nuovi casi di lebbra riportati nel mondo.
Le cose sono migliorate, la lebbra è trattabile, la terapia a più medicine introdotta negli anni Ottanta del secolo scorso ha mitigato i sintomi e dato speranza per un eventuale debellamento della lebbra.
La Santa Sede nota che “nonostante le scoraggianti sfide fisiche che la lebbrra porta con sé, la altrettanto scoraggiante realtà dello stigma resta un formidabile ostacolo per la totale salute e guarigione”. E cita l’Organizzazione Mondiale della Salute, che stima che 3-4 milioni di persone “vivono con le visibili deformità e menomazioni dovute alla lebbra”.
Il tema della giornata di quest’anno è “Uniti in dignità”. La Santa Sede nota che in molte nazioni dove la lebbra è diffusa, “la gente con lebbra spesso porta un doppio peso”. Da una parte, la malattia. Dall’altra, le conseguenze psicologiche della malattia, dovute all’isolamento che porta anche all’idea di suicidio.
La Santa Sede sottolinea che “lo stigma e la discriminazione colpiscono l’intera persona, e richiedono la piena risposta degli individui e di una comunità integrata e compassionevole”.
Essere uniti in dignità, sottolinea la Santa Sede, “significa essere trasformati, guardare le cose in maniera differente e agire secondo questa visione”. Per quello, nella nostra cura per coloro che sono affetti da lebbra “non dobbiamo mai permettere allo stigma e alla discriminazione di dividerci”, perché “è la nostra comune dignità che ci unisce”.
La Santa Sede ricorda anche che la pandemia del COVID 19 ha reso molto difficile la diagnosi precoce, che è uno dei modi migliori di affrontare la malattia, ma – aggiunge – “nessuna pandemia può cambiare la dignità della persona umana e nemmeno il suo inviolabile valore nella società”.
Per questo – conclude la Santa Sede – “rispondere con successo alla sfida della lebbra è ben dentro le possibilità mediche e tecnologiche”, quindi “quello che ci resta ora è muoverci verso l’unità nella dignità, nella speranza che lo stigma e la discriminazione calino presto”.
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