Città del Vaticano , 18 January, 2022 / 2:00 PM
Tre viaggi dal carattere ecumenico, la preparazione di un incontro molto atteso, il lavoro verso due documenti ecumenici su pace e migrazioni, l’attenzione verso la cosiddetta “diplomazia delle religioni” che trova nell’ecumenismo un terreno particolarmente fertile. La Settimana di Preghiera per l’Unità dei cristiani arriva a marcare la fine di un anno denso di avvenimenti, guardando con speranza all’anno che è appena iniziato, e che potrebbe vedere un secondo, molto atteso, incontro di Papa Francesco con il Patriarca di Mosca Kirill.
Tutti gli sguardi sono puntati a questo incontro, che si diceva si sarebbe svolto in Kazakhstan, ma che ora sembra più probabile nell’antica abbazia benedettina di Pannonhalma, in Ungheria, dove il Papa ha già detto che si recherà in viaggio e dove si era già pensato, a metà anni Novanta del secolo scorso, di organizzare un incontro tra Giovanni Paolo II e il Patriarca Alexey.
Sarà intorno a questo incontro che si giocherà buona parte del dialogo ecumenico. L’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, Sviatoslav Shevchuk, non ha mancato di far notare che l’incontro non può non affrontare la questione dell’Ucraina. Una situazione difficile, perché da una parte c’è una crescente preoccupazione della popolazione ucraina per una possibile invasione della Russia – Papa Francesco ha fatto appello per la pace e il dialogo all’Angelus del 12 dicembre, all’Urbi e Orbi di Natale e nel discorso ai membri del Corpo diplomatico del 10 gennaio –, dall’altra c’è una situazione molto tesa dal punto di vista ecumenico.
Questo perché la decisione di Bartolomeo I di autorizzare la Costituzione di una Chiesa autocefala ucraina ha portato alla rottura di Mosca con Costantinopoli, con conseguente ritiro del Patriarcato russo da tutti i tavoli ecumenici presieduti da Costantinopoli.
L’incontro tra Papa Francesco e Kirill aiuterà a superare la situazione? La Santa Sede non ha intenzione di entrare in una questione che è tutta interna all’ortodossia. La stessa Santa Sede ha difficoltà a dialogare con una realtà che sembra sempre più andare verso la divisione, specialmente dopo che il Patriarcato di Mosca ha deciso di stabilire un esarcato in Africa e punta a istituirne anche uno in Turchia, andando proprio a toccare il territorio dove risiede il Patriarca Bartolomeo.
Per la Santa Sede, la strategia sarà quella di continuare collaborazioni fraterne, cercando in questo modo di sviluppare un dialogo sulla base di interessi comuni che, si spera, convergerà finalmente in una celebrazione realmente ecumenica nel 2025, 1700esimo del Concilio di Nicea ed anno in cui, tra l’altro, la Pasqua si celebrerà nello stesso giorno sia seguendo il calendario giuliano che quello gregoriano.
Se il cosiddetto “scisma ortodosso” può rappresentare una pietra di inciampo nel cammino ecumenico, è pur vero che le relazioni durante quest’anno sono proseguite in maniera regolare. Molto forte è stato il dialogo con la Chiesa Apostolica Armena, la cui delegazione è stata in visita da Papa Francesco lo scorso ottobre e con cui c’è un dialogo costante. E in generale la collaborazione ecumenica con le Chiese cattoliche orientali è molto promettente.
I viaggi del Papa del 2021 sono stati tutti anche all’insegna del dialogo ecumenico: in Iraq, a marzo, il Papa ha celebrato con il rito caldeo, in Ungheria uno degli incontri prima della Messa finale del Congresso Eucaristico Internazionale era proprio con il Consiglio Ecumenico delle Chiese locale, in Slovacchia l’incontro con i greco-cattolici a Presov ha rappresentato uno dei momenti chiave del viaggio. E poi, l’ultimo viaggio internazionale dell’anno ha toccato Cipro e Grecia, due Paesi a maggioranza ortodossa. A Cipro, l’ultimo Paese europeo con il muro, la collaborazione ecumenica è centrale negli sforzi della pace, anche attraverso le attività del Religious Track. In Grecia, il Papa ha toccato le ferite che ancora ci sono nel rapporto con gli ortodossi, laddove anche la presenza di una Chiesa cattolica di rito bizantino può costituire a volte una pietra di inciampo.
Lo sforzo ecumenico si concretizza anche in documenti congiunti. Due sono in lavorazione con il Consiglio Mondiale delle Chiese, sulla pace e sulle migrazioni. Il sinodo sulla sinodalità voluto da Papa Francesco guarda anche alle Chiese di Oriente, e non a caso il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, abbia firmato un messaggio ai vescovi insieme al Cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, perché fosse garantita la dimensione ecumenica al Cammino Sinodale.
C’è, poi, tutto lo sguardo ad occidente. Le relazioni con la comunione anglicana sono buone, l’arcivescovo Justin Welby ha visitato il Papa ad ottobre, ed ha anche cofirmato insieme a Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo una dichiarazione congiunta per la cura della Casa Comune. Si attende, da anni, un viaggio ecumenico in Sud Sudan del Papa con il primate anglicano e il Moderatore della Chiesa di Scozia, e la recente visita nel Paese dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, lascia intendere che il viaggio sia allo studio.
Dal punto di vista dei rapporti con i Luterani, da segnalare la pubblicazione, a inizio 2021, della traduzione italiana aggiornata della Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione. Il documento, redatto nel 1999, fu pietra miliare nell’avvicinamento tra cattolici e luterani, che ora hanno anche varie collaborazioni, come quella stipulata durane il viaggio del Papa a Lund tra Caritas Internationalis e il Lutheran World Federation World’s service. Ma il rapporto cattolico – luterano è anche caratterizzato dai cinque impegni per la comunione, stabiliti in un documento congiunto nel 2017.
Per l’anno che viene, detto del possibile incontro con il Patriarca Kirill, detto dell’idea del viaggio in Sud Sudan, ci sarebbero altre iniziative: si parla di un viaggio del Papa in Serbia, dove mai un pontefice è stato, e di un passaggio in Montenegro, entrambe nazioni a maggioranza ortodossa. E si parla anche di un viaggio in Ucraina, con le problematiche ecumeniche che si possono immaginare. Tutto da vedere, ovviamente. Il lavoro del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani è stato quello di fare da ponte e di rendere possibile lo sviluppo del dialogo. C’è, in generale, ottimismo.
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