Città del Vaticano , 10 January, 2022 / 11:14 AM
Papa Francesco lo sottolinea con forza: “Si va elaborando un pensiero unico costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca”. Sono parole che arrivano al culmine di una denuncia netta del fatto che le agende delle organizzazioni multilaterali, sempre più spesso, sono “dettate da un pensiero che rinnega i fondamentali naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli”. È l’attacco alla colonizzazione ideologica che “non lascia spazio alle libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche”.
È forse questo il passaggio più significativo del discorso di inizio anno di Papa Francesco al Corpo Diplomatico. Una sorta di grido di dolore, dopo che il Papa aveva, negli scorsi anni, denunciato l’influenza delle ideologie del Sessantotto, e poi chiesto un nuovo sviluppo dell’impegno multilaterale. Un lamento, che nasce non solo dalla crescente mancanza di fiducia delle persone nelle organizzazioni internazionali, ma anche dalla consapevolezza che ormai i cosiddetti “nuovi diritti” stanno prendendo il posto in agenda di quelli naturali. E non è un caso che, nel suo discorso, Papa Francesco sottolinei che i primi diritti sono “il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale”, e il diritto alla libertà religiosa.
Il discorso di inizio anno racconta, in qualche modo, su cosa si concentrerà la Santa Sede durante l’anno. Siria, Yemen, Ucraina, Caucaso, Sahel, Myanmar sono i territori in conflitto per cui il Papa ha maggiore preoccupazione, con una menzione speciale per il Libano, dove il Papa vorrebbe andare. Colpisce comunque, nel discorso del Papa, l'assenza di scenari imporanti, come Cina e Russia.
I grandi temi restano quello delle migrazioni e del traffico di esseri umani, del cambiamento climatico e soprattutto della risposta alla pandemia.
Si comincia proprio con la risposta al COVID. L’approccio della Santa Sede è sempre stato quello di sostenere la vaccinazione, e il Papa lo fa ancora una volta, chiedendo di continuare “lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione”, utilizzando un metto di “cura della realtà” che chiede di guardare in faccia il problema e riconoscere che “i vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia”.
Il Papa nota anche che “la carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa genera confusione” – di fatto implicitamente approvando le misure sul pass vaccinale – ma chiede anche un “impegno complessivo della comunità internazionale” per garantire eguale accesso ai farmaci, elaborando una risposta “mediante nuovi modelli di solidarietà e strumenti atti a rafforzare le capacità dei Paesi più bisognosi”. Agli Stati, il Papa chiede di “adottare una politica di condivisione disinteressata quale principio-chiave per garantire a tutti l’accesso di strumenti diagnostici, vaccini e farmaci”, mentre l’auspicio è che Organizzazione Mondiale del Commercio e Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale “adeguino i propri strumenti giuridici, affinché le regole monopolistiche non costituiscano ulteriori ostacoli alla produzione e a un accesso organizzato e coerente alle cure a livello mondiale”.
Papa Francesco guarda indietro ai viaggi e agli incontri dell’anno passato, e in particolare si sofferma sulla Giornata di Preghiera sul Libano dell’1 luglio scorso, cui aggiunge un appello diretto direttamente “al caro popolo libanese”, con l’auspicio che “le riforme necessarie e il sostegno della comunità internazionale aiutino il Paese a rimanere saldo nella propria identità di modello di coesistenza pacifica e di fratellanza tra le varie regioni presenti”. Una menzione speciale che dice molto, e che tradisce la volontà del Papa di viaggiare nel Paese, appena sarà possibile.
Tra i viaggi dello scorso anno, il Papa ricorda l’Iraq, l’Ungheria, la Slovacchia, e in particolare l’ultimo a Cipro e in Grecia, soffermandosi in particolare sull’isola di Lesbo. È l’occasione che gli permette di introdurre il primo grande tema del discorso: quelle delle migrazioni.
Papa Francesco sottolinea che non si può rimanere indifferenti ai volti dei migranti, ringrazia “individui e governi” che si adoperano “per garantire accoglienza e protezione ai migranti”, ricorda che “a nessuno può essere chiesto quanto è impossibilitato a fare, ma vi è una netta differenza tra accogliere, seppure limitatamente, e respingere totalmente”, denuncia la “disumanizzazione stessa dei migranti concentrati in hotspot, dove finiscono per essere facile preda della criminalità e dei trafficanti di esseri umani, o per tentare disperati tentativi di fuga che a volte si concludono con la morte”, ringrazia le autorità italiane per il corridoio umanitario che ha permesso di portare alcuni migranti in Italia da Lesbo.
Infine, Papa Francesco afferma “che i migranti stessi sono spesso trasformati in arma di ricatto politico, in una sorta di ‘merce di contrattazione che priva le persone della dignità”, e mette in luce come sia importante che l’Unione Europea “trovi la sua coesione interna nella gestione delle migrazioni”, specialmente di fronte alle nuove ondate arrivata da Siria e Afghanistan, ma – sottolinea il Papa – non vanno dimenticate anche le ondate migratorie sul continente americano, tra Messico e Stati Uniti, o persino quello degli haitiani in fuga.
Migrazioni, pandemia, cambiamento climatico mostrano “che nessuno si può salvare da sé”, e per questo Papa Francesco ribadisce il suo appello a “recuperare il senso della nostra comune identità di unica famiglia umana”, per non cadere in un “isolamento segnato da preclusioni e chiusure reciproche che di fatto mettono ulteriormente in pericolo il multilateralismo, ovvero quello stile diplomatico che ha caratterizzato i rapporti internazionali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.
Papa Francesco ammette che il multilateralismo attraversa da tempo una “crisi di fiducia”, e una delle cause la individua proprio nei cambiamenti di agenda – che tra l’altro la Santa Sede non manca mai di denunciare in sede internazionale – che hanno portato all’affermazione dei cosiddetti diritti umani di terza o quarta generazione.
Per il Papa, è necessario che la diplomazia multilaterale sia “veramente inclusiva, non cancellando ma valorizzando le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli”, perché solo coì “essa riacquisterà credibilità ed efficacia per affrontare le prossime sfide, che richiedono all’umanità di ritrovarsi insieme come una grande famiglia, la quale, pur partendo da punti di vista differenti, dev’essere in grado di trovare soluzioni comuni per il bene di tutti”.
Affrontando il tema della cura della casa comune, Papa Francesco ribadisce lo scetticismo nei confronti dei passi avanti compiuti alla COP26 di Glasgow. Passi “che vanno nella giusta direzione, anche se piuttosto deboli”.
Infine, Papa Francesco reitera che “dialogo e fraternità” sono due mezzi essenziali “per superare le crisi del momento presente”, e afferma che “tutta la comunità internazionale deve interrogarsi sull’urgenza di trovare soluzioni a scontri interminabili, che talvolta assumono il volto di vere e proprie guerre per procura (proxy wars)”.
Prima nella lista dei Paesi in conflitto è la Siria, dove “sono necessarie riforme politiche e costituzionali, affinché il Paese rinasca, ma è necessario pure che le sanzioni applicate non colpiscano direttamente la vita quotidiana, offrendo uno spiraglio di speranza alla popolazione, sempre più stretta nella morsa della povertà”.
Quindi, lo Yemen, dove c’è “una tragedia umana che si sta consumando da anni in silenzio, lontano dai riflettori mediatici e con una certa indifferenza della comunità internazionale, continuando a provocare numerose vittime civili, in particolare donne e bambini”.
Papa Francesco nota anche che “nell’anno passato, non si sono fatti passi in avanti nel processo di pace tra Israele e Palestina”, e esprime il desiderio che israeliani e palestinesi ricostruiscano “la fiducia tra di loro e riprendere a parlarsi direttamente per arrivare a vivere in due Stati fianco a fianco, in pace e sicurezza, senza odio e risentimento, ma guariti dal perdono reciproco”.
Il Papa poi guarda all’Africa, alle tensioni istituzionali in Libia, al terrorismo internazionale che opera nel Sahel, ai conflitti interni in Sudan, Sud Sudan e Etiopia; sottolinea poi che “le profonde disuguaglianze, le ingiustizie e la corruzione endemica, nonché le varie forme di povertà che offendono la dignità delle persone, continuano ad alimentare conflitti sociali anche nel continente americano, dove le polarizzazioni sempre più forti non aiutano a risolvere i veri e urgenti problemi dei cittadini, soprattutto dei più poveri e vulnerabili”, parole in cui si possono leggere sottotraccia situazioni difficilissime come quella del Nicaragua.
E ancora, Papa Francesco chiede “soluzioni accettabili e durature in Ucraina e nel Caucaso meridionale” (vale a dire, in Nagorno Karabakh), ma anche di evitare “l’aprirsi di nuove crisi nei Balcani, in primo luogo in Bosnia ed Erzegovina”.
Infine, una sguardo all’Asia, e al Myanmar, “dove le strade che prima erano luogo di incontro sono ora teatro di scontri, che non risparmiano nemmeno i luoghi di preghiera”.
Per il Papa, i conflitti sono anche “agevolati dall’abbondanza di armi a disposizione e dalla mancanza di scrupoli di quanti si adoperano a diffonderle”. Il Papa fa in particolare riferimeno "alla disponibilità e l’utilizzo di armamenti autonomi, che possono avere conseguenze terribili e imprevedibili, mentre dovrebbero essere soggette alla responsabilità della comunità internazionale". E poi, il Papa fa riferimento alla X Conferenza d’Esame del Trattato sulla Non-Proliferazione Nucleare, che si tiene in questi giorni a New York: la Santa Sede ha promosso la non proliferazione in tutti i modi possibili, anche con un incontro in Vaticano nel 2017. Papa Francesco ricorda che “la Santa Sede rimane ferma nel sostenere che le armi nucleari sono strumenti inadeguati e inappropriati a rispondere alle minacce contro la sicurezza nel 21° secolo e che il loro possesso è altamente immorale”, e che “la loro fabbricazione distoglie risorse alle prospettive di uno sviluppo umano integrale e il loro utilizzo, oltre a produrre conseguenze ambientali catastrofiche, minaccia l’esistenza stessa dell’umanità”.
Il Papa si esprime anche in favore dei negoziati circa l’Accordo sul Nucleare con l’Iran, da poco ripresi a Vienna.
Un altro grande tema è quello dell’educazione. Papa Francesco non menziona il Global Compact sull’Educazione da lui lanciato, ma più prosaicamente si riferisce al suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, e poi ricorda che “la Chiesa Cattolica ha sempre riconosciuto e valorizzato il ruolo dell’educazione per la crescita spirituale, morale e sociale delle giovani generazioni”.
(La storia continua sotto)
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Per questo, sottolinea Papa Francesco, è “ancor più per me motivo di dolore constatare come in diversi luoghi educativi – parrocchie e scuole – si siano consumati abusi sui minori, con gravi conseguenze psicologiche e spirituali sulle persone che li hanno subiti. Si tratta di crimini, sui quali vi deve essere la ferma volontà di fare chiarezza, vagliando i singoli casi, per accertare le responsabilità, rendere giustizia alla vittime e impedire che simili atrocità si ripetano in futuro”. Da vedere se si riferisce a situazioni generiche, come quelle dei rapporti sugli abusi in Francia o del prossimo rapporto che sarà pubblicato in Germania, o se invece guarda a casi più particolari, come quello delle scuole residenziali in Canada, tema che dovrebbe anche questo essere oggetto di un viaggio del Papa.
Per Papa Francesco, la società cresce con educazione e lavoro. Per questo, si dice preoccupato del fatto che “la pandemia abbia impedito a molti giovani di accedere alle istituzioni educative”, mentre invece hanno “trovato rifugio in realtà virtuali”, considerazione che lo porta a richiamare “l’urgenza di vigilare affinché tali strumenti non sostituiscano i veri rapporti umani, a livello interpersonale, familiare, sociale e internazionale”.
Il lavoro è invece “fattore indispensabile per costruire e preservare la pace”. Anche qui, la pandemia è stata una prova dura, in quanto “ha posto ancor più in evidenza le disuguaglianze persistenti in diversi ambiti socio-economici”, su temi come l’accesso all’acqua potabile, al cibo, all’istruzione, alle cure mediche.
Crescono le persone in povertà estrema, nota Papa Francesco, mentre la pandemia ha costretto a lasciare il lavoro o persino ad “entrare nell’ambito dell’economia sommersa, privandoli così dei sistemi di protezione sociale previsti in molti Paesi”.
Conclude Papa Francesco: “Non esiste sviluppo economico senza il lavoro, né si può pensare che le moderne tecnologie possano rimpiazzare il valore aggiunto procurato dal lavoro umano. Esso è poi occasione di scoperta della propria dignità, di incontro e di crescita umana, via privilegiata attraverso la quale ciascuno partecipa attivamente al bene comune e dà un contributo concreto all’edificazione della pace”. E ricorda: "Gli anni a venire saranno un tempo di opportunità per sviluppare nuovi servizi e imprese, adattare quelli già esistenti, aumentare l’accesso al lavoro dignitoso e adoperarsi per il rispetto dei diritti umani e di livelli adeguati di retribuzione e protezione sociale".
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