L’anno solare della diplomazia pontificia si è chiuso il 30 dicembre, con la presentazione delle lettere credenziali dell’ambasciatore dell’Oman presso la Santa Sede. Con l’Oman, la Santa Sede ha allargato la sua rete diplomatica, che ora consta di piene relazioni con 184 Stati. Inoltre, durante l’anno, la Santa Sede ha definito anche lo statuto, e la conseguente nomina, di un rappresentante residente della Santa Sede in Vietnam, il penultimo passo prima dell’apertura delle piene relazioni diplomatiche.
È l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII la linea guida del consueto discorso di inizio anno al corpo diplomatico. L’enciclica di Papa Roncalli compie 60 anni. E se 60 anni fa, sottolinea Papa Francesco, ci si trovava di fronte alla minaccia nucleare, con la crisi dei missili a Cuba e con l’idea di una terza guerra mondiale, oggi ci troviamo in una “terza guerra mondiale del mondo globalizzato”, con scenari di conflitto in tutto il mondo. E allora la Pacem In Terris, con i suoi quattro pilastri, diventa una linea guida necessaria, che il Papa segue tratteggiando una pace nella verità, nella giustizia, nella libertà, nella solidarietà.
Papa Francesco lo sottolinea con forza: “Si va elaborando un pensiero unico costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca”. Sono parole che arrivano al culmine di una denuncia netta del fatto che le agende delle organizzazioni multilaterali, sempre più spesso, sono “dettate da un pensiero che rinnega i fondamentali naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli”. È l’attacco alla colonizzazione ideologica che “non lascia spazio alle libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche”.