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Un servizio di EWTN News

Linguaggi pontifici, quale è il loro significato e perché sono importanti ancora oggi

Veduta del Palazzo Apostolico Vaticano

Uno dei modi in cui una istituzione racconta se stessa è il cerimoniale. Perché i gesti, le precedenze accordate, i movimenti del cerimoniale sono un linguaggio strutturato, preciso, simbolico e per questo completo. Dietro il cerimoniale c’è una storia, che è ineludibile, e una ratio, che va compresa. Se questo ragionamento vale per tutte le istituzioni, vale ancora di più per la Santa Sede. Perché la Santa Sede esprime una realtà peculiare dotata di sovranità, personalità giuridica internazionale, ma caratterizzata da una missione universale morale e religiosa. E allora tutto, ogni dettaglio, deve essere al servizio della dimensione religiosa, e deve risaltare l’immagine del Sommo Pontefice, che è il vicario di Cristo in Terra.

Monsignor Stefano Sanchirico, attualmente officiale dell’Archivio Apostolico Vaticano, è stato prima cerimoniere pontificio e poi per anni alla Prefettura della Casa Pontificia svolgendo il servizio di prelato d’anticamera. In questi servizi si è potuto occupare delle cerimonie pontificie e della quotidiana attività dell’anticamera del Papa nella quale una parte significativa hanno le visite e le udienze visite a capi di stato e dignitari, stando bene attento che ogni cosa, anche le eccezioni dettate dalle necessità continuassero a raccontare, con il linguaggio particolare del cerimoniale, una istituzione universale come la Chiesa Cattolica.

Monsignor Sanchirico spiega l’importanza del cerimoniale citando un autore che gli sta a cuore, l’imperatore Costantino Porfirogenito, che nel X secolo aveva redatto il Cerimoniale dell’Impero Bizantino.

“A noi sta molto a cuore – scriveva questi - come opera che è degna di un’attenta e paziente applicazione – quella del cerimoniale – specie nel considerare che il suo argomento, per chi attende alla pubblica salute, costituisce oggetto di singolare interesse, giacché solo in virtù di un ordine lodevole il potere imperiale apparirà più maestoso, configurandosi più grande il suo prestigio, così da suscitare

l’ammirazione dei popoli stranieri e dei sudditi, e pertanto il consenso”.

Cosa significa? Che il cerimoniale vuole rappresentare “una società ordinata che si esprimeva attraverso una ritualità definita e un protocollo rigoroso”, spiega monsignor Sanchirico. In fondo, persino il segretario di Stato USA Henry Kissinger sottolineava che l’Impero Bizantino è sopravvissuto almeno cinquecento anni in più rispetto alla sua effettiva capacità politica, militare, economica ciò era dovuto proprio al suo cerimoniale alla sua cultura.

Non c’è esagerazione in questo, e non può esserci esagerazione in un uomo pragmatico come Kissinger. Il punto è che il cerimoniale non è una somma di gesti vuoti, ma è piuttosto una lingua complessa, che include gesti, movimenti e persino ambienti. Si adatta, è vero, al tempo e alle situazione, ma sempre mantenendo il suo scopo principale, che è quello appunto di dare sostanza ad un incontro. Nessun incontro ufficiale è un banale incontro tra amici. Non può esserlo quello con un Papa, che è il vicario di Cristo in terra.

Per questo, è necessario comprendere perché lo svolgimento delle visite al Papa è gestito dalla Prefettura della Casa Pontificia, e non da un qualunque ufficio del protocollo. Quale è il lavoro della Segreteria di Stato. Ma, prima ancora, come nasce il cerimoniale papale, e come si evolve. Per arrivare infine a comprendere la natura stessa dei documenti papali. Perché, ancora oggi, ci si orienta a fatica tra brevi e motu propri, tra note verbale, fogli, offici, chirografi e altri tipi di comunicazione più o meno importante.

Comprendere il protocollo significa, alla fine, comprendere la Santa Sede e la ragione della sua esistenza. Una esistenza che va ben al di là delle utilità pratiche cui la Santa Sede si vorrebbe spesso ridurre.

 

(1 – continua)

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