Città del Vaticano , 19 July, 2021 / 2:00 PM
Il 16 ottobre 1943 è il giorno della razzia dei nazisti nel ghetto di Roma. Era un sabato, e all’alba 365 militari nazisti rastrellano 1351 ebrei. È un evento cardine nella storia degli Ebrei romani. Al di là dell’orrore per l’accaduto, e le necessarie proteste diplomatiche, per la Santa Sede poco cambia: Pio XII aveva cominciato l’opera di soccorso degli ebrei prima e durante la razzia, e lo farà anche dopo.
Sono i numeri a raccontarlo. Di Pio XII, una pubblicistica ostile ha preferito rimarcare il “silenzio” che avrebbe avuto nei confronti del nazismo, o la preferenza per il salvataggio non di ebrei, ma di soli ebrei convertiti al cristianesimo. Che tutte queste interpretazioni siano poco veritiere, lo dicono i numeri. Il diacono Dominiek Oversteyns, della Famiglia Spirituale L’Opera, ha raccolto dati dalle fonti private. Ha incrociato i numeri ufficiali con quelli delle varie ricerche, ottenendo anche dati attraverso l’estrapolazione matematica, che permette almeno di avere una idea del numero esatto di persone coinvolte. Sono dati che permettono di sfatare la “leggenda nera” non solo del silenzio, ma anche dell’inazione di Pio XII.
Il rastrellamento del 16 ottobre ha luogo fino a circa le 14. Dei 1351 ebrei, 61 ne vengono liberati prima che vengano rinchiusi nel collegio militare. Dei 1290 rastrellati e detenuti nel collegio militare furono liberati nel pomeriggio del 16 ottobre 258 ebrei. Prima della partenza del treno per Auschwitz dalla Stazione Tiburtina, altri due ebrei vengono liberati.
Pio XII e i suoi collaboratori – sono fonti primarie a dirlo in maniera innegabile – sono corresponsabili per la liberazione di 249 ebrei romani in quel giorno, cioè circa un quinto di quanti sono stati rastrellati. È un dato, poco conosciuto.
Infatti la mattina presto del giorno della razzia – documenta il diacono Oversteyns – Pio XII fa diversi interventi, impegnandosi a fermare e liberare gli ebrei prima della loro deportazione.
Gli interventi consistettero nella ricerca di contatto con l’ambasciatore tedesco Ernst von Weizsäcker per convincerlo a chiamare Berlino e fermare il rastrellamento. L’ambasciatore non agì. Allora Pio XII, tramite padre Pancrazio Pfeiffer, contattò il generale Reiner Stahel, capo dell’esercito tedesco a Roma in quel tempo, il quale telefonò direttamente a Himmler e lo convinse a fermare il rastrellamento alle 12.00, mentre il comandante SS Dannecker ricevette istruzione da Berlino di liberare tutti gli ebrei di matrimonio misto o in servizio presso gli ariani.
Il diacono Oversteyns ha anche applicato un modello matematico di simulazione alla dinamica degli arresti. In questo modo, ha potuto definire che la razzia nella zona del centro di Roma terminava tra le 11 e le 11.20, mentre nella zona della periferia di Roma questa finisce intorno alle 13 e le 13.20. Questo significa che la razzia al centro era già finita mentre il generale Stahel faceva avere l’ordine di Himmler che tutto fosse terminato entro le 12, mentre stava ancora finendo nelle zone periferiche, e le ultime squadre rientravano tra le 13 e le 13.20. Questo spiega come mai Herbert Kappler scriveva nel suo rapporto ufficiale che la razzia era terminata alle ore 14. Ma spiega anche – prosegue il diacono Oversteyns – perché alcuni nazisti sottolineano di non aver ricevuto ordine di terminare la razzia. Né significa che Himmler non avesse dato l’ordine di terminare la razzia. Lo prova il fatto che Himmler avesse contestualmente dato ordine di liberare gli ebrei romani di matrimonio o in servizio presso degli ariani romani. Fu fatto per evitare una sommossa a Roma, come era successo a Napoli. E ha solo senso quando è terminata la razzia! Ecco la relazione tra i due ordini che Himmler aveva dato alle ore 12.
Dei 1.030 ebrei deportati il 18 ottobre alle 14 ad Auschwitz, solo in 16 ritorneranno dopo la fine della guerra. Spiega il diacono Oversteyns che è statisticamente provato che se i due capi della comunità ebraica di Roma, Dante Almansi e Ugo Foà avessero seguito il consiglio del rabbino capo Zolli del 10 settembre 1943 di ordinare alla comunità ebraica di rifugiarsi altrove già all'inizio dell'occupazione di Roma, almeno 300 dei 1.030 ebrei romani arrestati e deportati il 18 ottobre 1943 non sarebbero stati certamente arrestati. Statisticamente, perché conosciamo il comportamento degli ebrei romani prima della razzia del 16 ottobre 1943. "Il silenzio deplorevole di questi due capi è costata la morte evitabile di 300 ebrei romani", conclude Oversteyns.
Estrapolando dati da diverse fonti primarie, Oversteyns quantifica in 9.975 gli ebrei presenti a Roma al 4 giugno 1944, di cui circa il 64 per cento sono salvati o aiutati da Pio XII. Di questi, 1.697 furono uccisi: 7 durante l’arresto, 76 fucilati alle Fosse Ardeatine e 1.614 uccisi dopo la deportazione nei campi di concentramento. Da quei campi, sopravvissero solo 117 ebrei.
Come sono sopravvissuti gli altri? In 495 si rifugiarono nei villaggi intorno Roma, e 1324 si nascosero in case di amici a Roma. Ma il numero più grande è quello salvato dalla Santa Sede: in 4.205 trovarono rifugio in 235 conventi romani, e 160 sopravvissero in Vaticano e le sue 26 sedi extraterritoriali.
Non solo conventi. Pio XII nascose 336 ebrei anche nelle parrocchie e negli ospedali diocesani, mentre continuava ad inviare viveri ed aiuti finanziari al DELASEM, l’organizzazione che aiutava gli immigrati ebrei costituitasi nel 1939, che nascondeva a Roma 1.680 ebrei di diverse nazioni, con un falso passaporto francese in 420 case che furono comprate dalla Svizzera e protette dalla nazione elvetica con extraterritorialità inviolabile.
Nel suo lavoro per liberare gli ebrei arrestati durante gli 8 mesi di persecuzioni, Pio XII ebbe anche alcune volte successo, e 36 ebrei furono liberati.
Il sostegno di Pio XII fu incessante. C’erano 8000 ebrei romani tra i 9.975 ebrei presenti a Roma il 4 giugno 1944. Pio XII ne aiutò più della metà, 4.590 ebrei romani.
Dal 18 ottobre 1943 fino al 31 ottobre 1944 troviamo solo 1 ebreo romano arrestato e deportato. Ma questo non significa che in 8 mesi di dominazione nazista su Roma furono deportati pochissimi ebrei. Ne furono deportati ancora 700, arrestati dal 18 ottobre 1943 fino al 4 giugno 1944. Il 50 per cento di loro fu arrestato da nazisti, alcune volte insieme a fascisti.
Guardando invece a “forbici” temporali più brevi, nottiamo che solo dal 18 ottobre 1943 al gennaio 1944 furono arrestati 96 ebrei. Dal 2 febbraio 1944 in poi iniziava la grande persecuzioni nazista contro gli ebrei romani: il 2 febbraio furono arrestati 29 ebrei in circa 5 collegi, il giorno dopo 19 ebrei nella abbazia di San Paolo, che era zona extraterritoriale vaticana, il 21 febbraio fu la seconda razzia nel ghetto con 21 ebrei arrestati e deportati.
A marzo del 1944, la situazione diventa ancora più seria: dal 21 marzo fino al 17 aprile furono giornalmente arrestati e deportarti circa 10 ebrei. E dal 28 aprile fino al 18 maggio giornalmente furono arrestati e deportati 5 ebrei. Gli ebrei non ebbero altra scelta che scappare o entrare in clandestinità.
Le fonti mostrano che c’erano pochi ebrei in Vaticano e nelle sue 26 sedi extraterritoriali. In tutto, 160. Questo perché la strategia di Pio XII era di nascondere gli Ebrei romani in piccoli gruppi nei conventi di Roma.
Anche il fatto che Castel Gandolfo fosse usato per nascondere un grande gruppo di ebrei è falso, perché contrario alla strategia di Pio XII. È soltanto provato che a Castel Gandolfo ci fu un piccolo gruppo di 12 ebrei convertiti al cristianesimo, la cui presenza nel palazzo di Propaganda Fide fu riportata il 25 dicembre 1943. Purtroppo, morirono tutti nel bombardamento del 10 febbraio 1944. Per questo il 4 giugno 1944 non c’erano ebrei presenti a Castelgandolfo.
I fatti provano che il gruppo più debole durante la persecuzione romano furono gli ebrei stranieri qui venuto per iniziativa privata. Dei 245 ebrei stranieri, il 31% (76) fu arrestato e deportato, di cui solo 7 o il 9,2% sopravvisse alla deportazione, mentre degli 8.000 ebrei romani, il 22% (1.655) fu arrestato e deportato di cui solo 110 o il 6,7% sopravvisse alla deportazione. Dei 1.680 ebrei stranieri sotto protezione DELASEM, nessuno (dunque lo 0 per cento) fu arrestato e deportato o ucciso.
La bontà della strategia di Pio XII è stata confermata dai fatti: sono stati uccisi il 16 per cento degli Ebrei presenti in Città del Vaticano e nelle sue 26 sedi territoriali, mentre fu ucciso in conventi romani solo l’1 per cento. Vuole dire che la possibilità per gli ebrei romani di sopravvivere nei conventi romani durante la persecuzione nazista fu 16 volte più alto che nel Vaticano con le sue 26 sedi estraterritoriali.
(2- continua)
(La storia continua sotto)
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