Non è stato silente, Pio XII, perché durante la guerra ha fatto sentire la sua voce, le sue proteste, le sue preoccupazioni anche attraverso i radiomessaggi, lo strumento più potente dell’epoca con cui indicava una strada. Ma non è stato nemmeno inattivo. E un campo di ricerca forse finora poco esplorato è quello degli interventi che Pio XII ha fatto in favore degli ebrei arrestati a Roma, prima e dopo la razzia del ghetto.
La leggenda nera sul presunto silenzio di Pio XII fa risalire le sue radici a prima del pontificato. A quando, cioè, Eugenio Pacelli era nunzio apostolico in Germania, proprio negli anni dell’ascesa del nazionalsocialismo. E, invece che protestare contro quella che si stava dimostrando come una dittatura in tutta la sua violenza anche antisemita, Pacelli sarebbe rimasto inerte. Anzi, avrebbe persino, quando era divenuto Segretario di Stato vaticano, avallato un Concordato con la Germania, siglato nel 1938, quasi un “lasciapassare” per il nazismo. Ma è davvero così?
Il 16 ottobre 1943 è il giorno della razzia nel ghetto di Roma da parte nei nazisti. Era un sabato, e all’alba 365 militari nazisti rastrellano 1351 ebrei. È un evento cardine nella storia degli Ebrei romani. Al di là dell’orrore per l’accaduto, e le necessarie proteste diplomatiche, per la Santa Sede poco cambia: Pio XII aveva cominciato l’opera di soccorso degli ebrei prima e durante la razzia, e lo farà anche dopo.
Non solo gli aiuti agli Ebrei dopo la razzia al ghetto di Roma del 16 ottobre 1943. Numeri, date, testimonianze dimostrano che Pio XII aveva cominciato ad aiutare gli Ebrei romani già prima del raid nazista, mettendo su una rete di assistenza che non ha pari in nessun altro Paese. Lo dimostra uno studio del diacono Dominiek Oversteyns, della Famiglia Spirituale L’Opera, che lavora esclusivamente su fonti primarie, contribuendo a ridisegnare il quadro della pubblicistica su Pio XII e gli Ebrei.