Città del Vaticano , 02 July, 2021 / 2:00 PM
Doveva essere un convegno sui vaccini in generale, è diventata una Tavola Rotonda (online, a causa della pandemia) sulle vaccinazioni. Un tema centrale, in era di pandemia, cui si arriva con due conclusioni: che l’accessibilità alle vaccinazioni deve essere garantita a tutti, e che la riluttanza vaccinale vada affrontata guardando ai problemi strutturali, con un programma che non riguardi solo i vaccini, ma anche le strutture che garantiscano igiene e prevenzione.
Lo si legge nel comunicato finale dell’incontro, quando viene sottolineato che “qualche riluttanza nelle comunità svantaggiate ha origine nelle ineguaglianze storiche, perdite di fiducia nella ricerca medica, esperienze negativi con la struttura sanitaria e sospetto riguardo il comportamento orientato al profitto delle comunità farmaceutiche”. Ma ancora peggio, viene notato, è quando la esitazione vaccinale “deriva da miti infondati e fuorvianti, inclusa la disinformazione riguardo gli effetti collaterali, amplificati dai social media e da altri mezzi di comunicazione avanzata”.
Su questi due temi si è concentrato il webinar di un giorno, organizzato da Pontificia Accademia per la Vita, Associazione Medica Tedesca e Associazione Medica Mondiale - in attesa di fare finalmente quell’incontro sui vaccini atteso già per il 2020, che affronterà anche lo spinoso tema dei brevetti. Perché – spiega l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita – “i vaccini dovrebbero essere disponibili per tutti e ovunque, senza restrizioni dovute ad aspetti economici, anche nei Paesi a basso reddito”, e per farlo “occorrono scelte e azioni precise”, considerando che ci vuole conoscenza, studio e capacità tecnologiche per produrre e somministrare i vaccini.
“Occorre dunque riconoscere l’efficacia dei brevetti, non assolutizzarli”, dice l’arcivescovo Paglia.
Il quale poi si rivolge al “esitazione vaccinale, perché “in realtà i vaccini portano su di sé e fenomeno variegato” dalla rappresentano una storia che è segnata da ingiustizie e prepotenze. È un gesto delicato chiedere la fiducia di chi esita, soprattutto nei Paesi che hanno subito prevaricazioni da parte di Paesi in posizione di forza, da cui di fatto i vaccini provengono”. Aggiunge poi che la Pontificia Accademia “non ha mai parlato d obbligo vaccinale, ma di responsabilità. Considerando che la responsabilità è molto grande. Ormai non possiamo più pensare in termini di scelte interviduale”.
L’arcivescovo Paglia nota che il COVID non può assorbire tutte le attenzioni, che “malaria e tubercolosi mietono molte più vittime in Africa di quante ne causi il Covid-19” e che “ancora prima, la mancanza di misure igieniche di base e di acqua potabile è una grave minaccia per la salute e la sopravvivenza”. E per questo ci si deve interrogare sull’agenda “circa la ricerca e gli investimenti che facciamo sulla produzione e la distribuzione dei vaccini. È importante che gli interventi ora intrapresi per rispondere all’emergenza del Covid-19 tenga comunque presente le future esigenze, considerando non solo il breve periodo, ma anche il piano strutturale”.
Il dottor Ramin Parsa Parsi, della Associazione Medica Tedesca, sottolinea che la sfida è assicurare “un accesso globale equo ai vaccini, un prerequisito per una campagna vaccinale di successo”. C’è anche bisogno di “affrontare l’esitazione vaccinale” dando un chiaro messaggio sui vaccini, ma anche “costruendo fiducia, accrescendo trasparenza e affrontando i fallimenti di comunicazione”, cosa per cui servono “voci di fiducia nelle comunità”.
In pariticolare, il dottor Parsa Parsi sottolinea che “non c’è ancora una adeguata produzione di vaccini disponiibile, e – anche se la produzione fosse aumentata – non sarebbe abbastanza per rispondere alle richieste di tutte le regioni del mondo in modo ragionevole. Alla fina, i vaccini devono essere prodotti a livello locale”.
Il professor Frank Ulrich Montgomery, dell’Associazione Medica Mondiale, sottolinea che ci sono 10 nazioni al mondo che hanno distribuito l’80 per cento dei 3 miliardi di dosi disponibili”, mentre in futuro si prevede di produrre “coltivazioni di vaccini” ni nazioni a basso o medio reddito per renderne hubs per la cooperazione e l’equità.
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