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Un servizio di EWTN News

I dodici martiri redentoristi di Madrid

Papa Francesco sabato scorso ha autorizzato la promulgazione del Decreto che attesta il martirio di dodici religiosi redentoristi uccisi in odium fidei a Madrid durante la Guerra civile spagnola, svoltasi fra il 1936 ed il 1939.

Raccontare la loro storia è aprire una delle pagine più luminose scritte dai figli di Sant'Alfonso Maria de Liguori che con la loro abnegazione e fede hanno difeso i colori della santità nella difesa della verità.

Conosciamo i loro nomi: Padre Vincente Renuncio Toribio (1876-1936), Padre Crescenzio Ortiz Lanco(1881-1936), Padre Angel Martinez Miguelez (1907-1936), Fratel Bernardo Saiz Gutierrez (1896-1936), Fratel Nicasio Perez de Palomar Quincoces (1859-1936), Fratel Gregorio Zugasti Fernandez de Esquide (1884-1936), Fratel Anicesto Lizasoain Lizaso (1877-1936), Padre Jose Maria Urrichi Ortiz (1909-1936), Fratel Joaquin Erviti Insausti (1902-1936), Padre Antonio Giron Gonzales (1871-1936), Padre Donato Jimenez Viviano(1873-1936), Fratel Rafael Perea Pinedo (1903-1936).

In date diverse questi figli del grande teologo e missionario hanno subito il martirio. In quegli anni la situazione politica e sociale nella penisola iberica è delicata.

La Rivoluzione ed un crescente anticlericalismo hanno seminato un'ondata di violenza e terrore senza limiti. Ovunque si vedono chiese e statue sacre profanate e religiosi che vengono messi a morte.

In quel contesto storico i Missionari Redentoristi presenti nella capitale spagnola danno un segno preciso nel voler rimanere fedeli al vangelo ed alla Chiesa.

La loro storia, appresa di testimoni dell'epoca, è stata raccontata per l'adamantina e coraggiosa testimonianza prodotta nel Popolo di Dio.

I fatti: nel 1936 la comunità redentorista di Madrid era composta da sei sacerdoti e sei fratelli. Rimasti fedeli alla missione professata ed al proprio credo testimoniano il vangelo con le parola, ma di più con la coerenza e la fedeltà di una vita spesa per l'avvento di quel Regno, presente nel cuore dell'uomo.

Avevano letto, probabilmente durante l'anno di noviziato, molte opere scritte dal loro fondatore Sant'Alfonso Maria de Liguori  il quale insegna ad amare Dio sopra e davanti a se stessi.

Tra le tante pagine i loro occhi si saranno posati sull'Apparecchio alla morte (1758), testo in cui il santo insegna come conoscere il fine della vita, ma di più ad amare Dio. Nell'opera si legge: ”E come mai può temere la morte chi spera dopo la morte d'esser coronato re del paradiso? "Non vereamur occidi" (dicea S. Cipriano), "quos constat quando occidimur coronari". Come può temere di morire chi sa che morendo in grazia, il suo corpo diventerà immortale? "Oportet mortale hoc induere immortalitatem" (1 Cor 15,53). Chi ama Dio e desidera di vederlo, stima pena la vita e gaudio la morte. "Patienter vivit, delectabiliter moritur", dice S. Agostino. E S. Tommaso da Villanova dice che la morte, se trova l'uomo dormendo, ella viene come ladro, lo spoglia, l'uccide e lo butta nel pozzo dell'inferno; ma se lo trova vigilante, ella come ambasciatore di Dio lo saluta e gli dice: Il Signore ti aspetta alle nozze, vieni ch'io ti condurrò al regno beato, che desideri: "Te Dominus ad nuptias vocat, veni, ducam te quo desideras" (Punto III).

Nel 1936 padre Vincente Renuncio Toribio e gli altri undici compagni  hanno subito il martirio guardando al di là del contingente quel Redentore amato nella regola professata .

Quella meditazione, forse, avrà accompagnato le difficili ore dei martiri redentoristi di Madrid che, in cambio della vita, hanno dato quella testimonianza che non tramonta e che tuttora li rende fratelli ed esempi per il Popolo di Dio che si affida alla loro intercessione presso il Padre.

 

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